Tra le poesie di Umberto Saba spicca “All’anima mia”, componimento lirico potentissimo, capace di riassumere in pochi versi la sua visione del mondo attraverso un dialogo interiore, quasi un colloquio che il poeta fa a tu per tu con se stesso: una visione tragica e luminosa al contempo, in cui la miseria diventa conoscenza, e il dolore si trasforma in luce.
Da esperienza infima a materia universale
È una delle prove più alte della poetica di Saba, in cui il dolore personale diventa strumento di conoscenza, e l’esperienza più intima si trasforma in materia universale: lo si capisce già dai primi versi, quando il poeta c’invita — e si invita — a spostare lo sguardo da fuori a dentro per affrontare il timore e apprezzarlo nella sua interezza.
“Tanto ti valga, anima mia, sapere; / sí che il tuo male, null’altro, ti giovi.” (V. 2/3) Riconosciuto ciò, la nostra fragilità diventerà grandezza e nutrimento, consapevolezza.
Una visione che confonde io lettore
Sono parole che potrebbero spiazzare il lettore, e sebbene sia un gesto paradossale, in realtà è coerente con la sua visione: il dolore, lungi dall’essere sterile, diventa occasione di crescita. Saba sa che il male non si può eliminare, perché senza la conoscenza del male non esisterebbe la conoscenza del bene: dunque, si può trasfigurare in conoscenza (V. 19).
“All’anima mia” di Umberto Saba
Dell’inesausta tua miseria godi.
Tanto ti valga, anima mia, sapere;
sí che il tuo male, null’altro, ti giovi.O forse avventurato è chi s’inganna?
né a se stesso scoprirsi ha in suo potere,
né mai la sua sentenza lo condanna?Magnanima sei pure, anima nostra;
ma per quali non tuoi casi t’esalti,
sí che un bacio mentito indi ti prostra.A me la mia miseria è un chiaro giorno
d’estate, quand’ogni aspetto dagli alti
luoghi discopro in ogni suo contorno.Nulla m’è occulto; tutto è sí vicino
dove l’occhio o il pensiero mi conduce.
Triste ma soleggiato è il mio cammino;e tutto in esso, fino l’ombra, è in luce.
Versi importanti
Il poeta si interroga anche se non sia più fortunato chi vive nell’illusione, chi non ha il coraggio o la possibilità di guardarsi dentro fino in fondo (V. 4); ma per lui, che ha fatto della verità nuda la cifra della propria poetica, l’inganno non è una strada percorribile. La condanna della coscienza è ineludibile, e l’unico modo per alleviarla è proprio trasformarla in parola poetica.
“Magnanima sei pure, anima sei pure, anima nostra; / ma per quali non tuoi casi t’esalti, / sí che un bacio mentito indi ti prostra.”
Qui riconosce la grandezza dell’anima, e tuttavia mantiene alta la tensione. L’anima è magnanima, capace di elevarsi, ma allo stesso tempo fragile, pronta a cadere sotto il peso delle disillusioni e dei “baci mentiti” (V. 9). È il dramma dell’uomo moderno, che cerca la verità ma inciampa negli inganni della vita e dei esseri umani.
“A me la mia miseria è un chiaro giorno / d’estate, quand’ogni aspetto dagli alti / luoghi discopro in ogni suo contorno.”
Sopraggiunge la sofferenza, che come abbiamo già detto non è oscurità, ma luce che mette in evidenza ogni dettaglio, e che costringe a vedere, a capire, a comprendere e conoscere: l’anima non è condannata al buio, ma illuminata da una chiarezza dolorosa, come quasi l’anima dei martiri.
Perfino l’ombra, ci dice Saba, è “in luce” (V. 19). È un’immagine potente: l’oscurità stessa non è altro che una sfumatura della verità, e per il poeta tutto si trasforma in occasione di conoscenza.
Abbandoni e malinconia
Umberto Saba, nato a Trieste nel 1883 e segnato fin dall’infanzia dall’abbandono del padre, ha vissuto una madre fragile e distante: per lui, il dolore è stata una presenza costante e ha contribuito a peggiorare il suo stato depressivo, alternato da crisi psicotiche e ricoveri; sono pochi i momenti di grande lucidità, ma a quelli dobbiamo i suoi picchi creativi. Non a caso, “Il Canzoniere” ne rappresenta una parte e tenta di racchiudere la sua vita tutta con quanta più rigorosità possibile.
“All’anima mia” riflette proprio questa tensione: l’accettazione della sofferenza come compagna, la sua trasfigurazione in un “giorno d’estate” che illumina e non annienta. È come se Saba dicesse che il male non si può cancellare, ma si può vivere con dignità e con coscienza, trasformandolo in strumento poetico e umano.
Una poetica della sincerità
Saba si è sempre opposto alle mode letterarie del suo tempo, dalle avanguardie alla retorica dannunziana, preferendo una poesia “onesta”, come lui stesso la definiva. Ne “All’anima mia” questa onestà raggiunge uno dei suoi picchi più autentici: nessun ornamento superfluo, nessuna fuga nell’estetismo, solo la verità dell’animo umano colta nella sua nudità. Una poesia quasi brutale.
Il dialogo con l’anima è, in fondo, il nucleo della sua poetica: la poesia non è evasione, ma incontro con se stessi, con le proprie fragilità e contraddizioni.
Un messaggio ancora attuale
Questa poesia è sì un messaggio di Umberto Saba a se stesso, ma è allo stesso tempo un modo per confrontarsi con una lezione di autenticità. Troppo spesso siamo costretti a nascondere il dolore per “orgoglio”, quel sentimento che ci viene instillato a forza sin da quando siamo bambini, o “superiorità”. Saba ci ricorda che proprio nella sofferenza c’è la possibilità di conoscenza. “Tutto in esso, fino l’ombra, è in luce”: persino ciò che sembra oscuro ha un senso, se abbiamo il coraggio di guardarlo.