Rivedersi (1916) di Hermann Hesse, l’amore sopravvive al dolore del presente

6 Novembre 2025

Scopri la lezione di "Rivedersi" di Hermann Hesse, poesia che insegna a chi soffre che niente è perduto e la memoria dell’amore supera il dolore.

Rivedersi (1916) di Hermann Hesse, l'amore sopravvive al dolore del presente

Rivedersi di Hermann Hesse è una poesia che dona un momento di luce a tutti coloro che vivono il dolore e la sofferenza dell’anima. Con questa lirica, il poeta tedesco non nega il dolore, ma invita a un gesto rivoluzionario, a spostare il punto di vista.

Hesse spinge chi soffre, chi vive la crisi a guardare oltre il presente, a cercare nell’amore passato, realmente vissuto, la forza per illuminare il “grigiore” e il “buio” dell’esistenza attuale, scoprendo in esso uno splendore che il tempo non può cancellare.

La poesia fa parte della raccolta Poesie d’amore di Hermann Hesse, con la traduzione di A. Ruchat e pubblicata da Mondadori nel 2011.

Leggiamo questa meravigliosa poesia sulla forza dell’amore di Hermann Hesse per scoprirne il potente significato.

Rivedersi di Hermann Hesse

Ti sei forse dimenticata
che un tempo ci tenevamo sottobraccio
e smisurato il piacere passava
dalle tue mani alle mie
dalla mia bocca alla tua e i tuoi capelli biondi
per tutta una fugace primavera
sono stati il felice mantello del mio amore
e questo mondo ora così grigio e annoiato,
privo ormai di tempeste e di follie amorose,
un tempo di suoni e di profumo era impregnato?

Tutto il male che ci facciamo
il tempo lo porta via, il cuore lo cancella;
stanno invece le ore felici
in uno splendore senza fine.

 

Wiedersehen, Hermann Hesse

Hast du das ganz vergessen,
Daß einst dein Arm in meinem hing
Und Wonne unermessen
Von deiner Hand in meine Hand
Von meinem Mund in deinen überging,
Und daß dein blondes Haar
Einst einen flüchtigen Frühling lang
Der selige Mantel meiner Liebe war,
Und daß die Welt einst duftete und klang,
Die jetzt so grau verdrossen liegt,
Von keinem Liebessturm, von keiner Torheit mehr gewiegt?

Was wir einander wehe tun,
Die Zeit verweht’s, das Herz vergißt;
Die seligen Stunden aber ruhn
In einem Glanz, der ohne Ende ist.

Lo splendore dell’amore vissuto è più forte della crisi del presente

Con Rivedersi, Hermann Hesse offre una lezione potente a tutti coloro vivono una crisi interiore o una relazione ormai finita. La poesia afferma il grigiore del presente non ha la forza di cancellare ciò che è stato.  Mentre il dolore del presente è una condizione transitoria, la felicità passata, secondo Hesse, si cristallizza e diventa eterna.

È questa luce interiore, attinta dalla memoria, che permette all’anima di resistere alla crisi, dimostrandosi non solo più duratura, ma intrinsecamente “più forte” della disperazione del momento.

Il contesto in cui è nata Rivedersi

Hermann Hesse scrisse Rivedersi nel 1916 uno degli anni più bui della storia europea e della sua stessa vita. L’Europa è nel mezzo di un massacro insensato, la Prima Guerra Mondiale. Per lo scrittore l’inferno non è solo fuori, ma vive anche dentro l’anima. Suo padre è morto, suo figlio è gravemente malato e il suo matrimonio con Mia Bernoulli sta crollando sotto il peso della malattia mentale di lei.

In un simile inferno interiore, Hesse non scrive per evadere, ma per trasformare il dolore in consapevolezza, la perdita in rivelazione. Rivedersi è quindi il canto di un uomo che scopre nella memoria dell’amore una forma per ritrovare la felicità.

D’altronde, i ricordi, la memoria e il tempo fluisce nel passato e nel futuro, permettendo in tal modo di guardare all’istante, al presente che nel bilancio temporale rappresenta un momento.

Di fronte all’eternità dello “splendore” dell’amore, la sofferenza del presente viene ridimensionata al rango di istante, per quanto doloroso. È così che l’anima trova la forza per resistere: non negando il buio, ma relativizzandolo grazie alla luce incancellabile che ha già vissuto.

Il ricordo come rifugio

La poesia di Hermann Hesse si apre con un richiamo affettuoso e malinconico:

Ti sei forse dimenticata
che un tempo ci tenevamo sottobraccio
e smisurato il piacere passava
dalle tue mani alle mie
dalla mia bocca alla tua…

Il poeta si rivolge a una donna amata, evocando con delicatezza la complicità perduta. È un gesto semplice, tenersi sottobraccio,  ma racchiude il senso di una totale unione, fisica e spirituale. Quel contatto era la forma più pura dell’amore, un’intimità che ora il tempo ha dissolto, ma che la memoria restituisce integra e luminosa.

Hesse continua con un’immagine sublime, come solo lui riesce ad offrire.

…e i tuoi capelli biondi
per tutta una fugace primavera
sono stati il felice mantello del mio amore

Qui offre una delle immagini più dolci e simboliche della sua poesia. I capelli diventano un mantello, un velo di luce che avvolge e protegge. La primavera, “fugace”, rappresenta la stagione dell’amore e della giovinezza, ma anche la sua precarietà. Tutto passa, eppure il ricordo rimane.

Il contrasto tra la luce del passato e il grigiore del presente

L’ultima parte della prima strofa segna un netto cambiamento di tono.

…e questo mondo ora così grigio e annoiato,
privo ormai di tempeste e di follie amorose,
un tempo di suoni e di profumo era impregnato?

Il presente appare svuotato, “grigio e annoiato”, senza più passioni, senza tempeste né follie. È la rappresentazione di un’anima che ha perso il senso, di un mondo interiore che si è fatto opaco.

Eppure, la domanda che chiude la strofa è già una forma di rinascita. Nel ricordare, Hesse riaccende la vita. Quel mondo “di suoni e di profumo” non è perduto per sempre, perché la memoria lo trattiene. È come se il poeta, evocandolo, riuscisse a riportarlo in vita, almeno per un istante.

Il tempo come forza che purifica

La seconda strofa è una meditazione sul tempo e sulla natura del dolore.

Tutto il male che ci facciamo
il tempo lo porta via, il cuore lo cancella;
stanno invece le ore felici
in uno splendore senza fine.

Hermann Hesse rovescia una convinzione comune. Nella memoria umana, si pensa spesso che il dolore lasci cicatrici indelebili, mentre la felicità svanisca. Il poeta afferma l’opposto. È il bene, non il male, a resistere. Il tempo non è nemico, ma alleato. Porta via la sofferenza e lascia intatta la luce delle ore felici.

È una visione profondamente spirituale e insieme psicologica. Il cuore umano, dice Hesse, è dotato di una forza di guarigione che il dolore non può vincere. Ricordare le ore felici non è un atto di fuga, ma di resistenza. È un modo per custodire dentro di sé ciò che è stato vero.

L’amore che non finisce è la luce che tiene in vita la felicità

Nei versi di Hermann Hesse si intravede già la filosofia umanistica che attraverserà tutta l’opera di Hesse. L’amore non è solo un’esperienza sentimentale, ma una via di conoscenza, un momento in cui l’essere umano si avvicina alla verità del proprio cuore.
L’amore vissuto pienamente diventa parte della coscienza, una sorgente di luce interiore che non può più essere cancellata.

Anche quando l’amore finisce, l’esperienza resta e continua a nutrire l’anima. L’uomo che ha amato è un uomo che ha conosciuto, e quella conoscenza diventa la base per una nuova forma di pace. È il preludio di un pensiero che in seguito Hesse svilupperà in Siddharta: solo accettando il dolore e la perdita si arriva alla serenità.

Rivedersi è una poesia breve ma totale. Dentro poche righe racchiude una visione del tempo, dell’amore e della memoria. Hesse trasforma la nostalgia in rivelazione e il dolore in saggezza.
Nel suo messaggio si riflette un’intera filosofia dell’esistenza: la felicità vissuta una volta non muore. Rimane come impronta, come luce che resiste al tempo, come verità che nessun dolore può cancellare.

In questa consapevolezza Hesse trova la pace. E insegna che anche chi soffre può ritrovare, nel ricordo dell’amore, lo splendore senza fine di ciò che è stato vero.

Una lezione per chi soffre oggi e pensa che tutto sia finito

Nelle parole di Hermann Hesse si cela una verità profonda che parla a chi vive il dolore del presente e crede che tutto sia perduto. Rivedersi non è soltanto una poesia d’amore, ma un cammino interiore verso la guarigione, una meditazione sulla capacità della memoria di preservare la luce anche quando il buio sembra dominare.

Hesse mostra come la vita, pur attraversata dalla sofferenza, custodisca in sé una forza segreta di rinnovamento. Il dolore non è eterno, ma appartiene al tempo, mentre ciò che è stato vissuto con amore rimane impresso nell’anima come una forma di eternità. Ogni esperienza autentica, anche se finita, continua a vibrare nel cuore di chi l’ha vissuta, trasformandosi in energia che sostiene e orienta.

La poesia diventa così una guida per chi soffre, perché insegna che la memoria non è una prigione, ma un luogo di resistenza e di rinascita. Ricordare non significa restare fermi nel passato, ma riconoscere che ciò che è stato bello non scompare, anzi, continua a vivere come parte della propria sostanza più profonda.

Nell’universo poetico di Hesse, la felicità non è un bene fragile da rimpiangere, ma un’impronta luminosa che attraversa il tempo. Il presente, con la sua durezza e le sue ferite, rappresenta solo un passaggio. La vita concede all’uomo i ricordi come dono e come cura, perché nel momento in cui tutto sembra finito, la memoria dell’amore diventa la prova che la luce non si spegne mai davvero.

Chi riesce a custodire questa luce interiore scopre che la speranza non è un’illusione, ma la forma più alta della conoscenza. In essa si rivela la saggezza che Hermann Hesse ha voluto donare a chi soffre: nulla è perduto finché si è capaci di ricordare e di amare ancora, perché anche dal dolore può nascere una nuova pace.

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