Principio d’autunno (1910) di Hermann Hesse, poesia che insegna a saper vivere la fine

22 Settembre 2025

Scopri come, in "Principio d’autunno", Hermann Hesse trasforma la fine di tutte le cose in un insegnamento di consapevolezza e accettazione.

Principio d'autunno (1910) di Hermann Hesse, poesia che insegna a saper vivere la fine

Principio d’autunno (Herbstbeginn) di Hermann Hesse è una poesia che offre una riflessione profonda sulla condizione umana. È un viaggio all’interno dell’animo umano che costringe ad un meticoloso confronto con la bellezza struggente delle cose che finiscono e con il dubbio che anche ciò che si pensa essere eterno possa un giorno svanire per sempre.

Come spesso accade nelle poesie di Hermann Hesse, la natura e le stagioni diventano una chiave di lettura per affrontare i grandi temi esistenziali del genere umano. Anche per questa poesia è così, in quanto in sole quattro strofe lo scrittore tedesco riesce a dare una lettura perfetta di ciò che si prova quando inizia la maturità dell’uomo e tutta l’energia giovanile inizia a spegnersi. D’altronde, “non può essere sempre estate!”

Herbstbeginn, questo il titolo originale della poesia fu scritta nel 1910 e fa parte della raccolta di poesie Unterwegs (In viaggio) di Hermann Hesse, pubblicata per la prima volta da Georg Müller Verlag, a Monaco di Baviera, nel 1911.

Leggiamo questa malinconica, ma meravigliosa, poesia di Hermann Hesse per coglierne il messaggio e approfondirne il significato.

Principio d’autunno di Hermann Hesse

L’autunno sparge bianche nebbie,
non può essere sempre estate!
La sera, con il chiarore delle lampade,
mi attira presto dalla frescura dentro casa.

Presto staranno spogli l’albero e il giardino,
allora brillerà soltanto la vite selvatica
attorno alla casa, e presto anche quella svanirà –
non può essere sempre estate.

Ciò che mi dava gioia nel tempo della gioventù
non ha più il suo antico, lieto splendore
e oggi non mi rallegra più –
non può essere sempre estate.

O amore, mirabile ardore,
che attraverso le gioie e le fatiche degli anni
sempre mi ha bruciato nel sangue –
o amore, puoi spegnerti anche tu?

(Traduzione Libreriamo)

 

Herbstbeginn, Hermann Hesse

Der Herbst streut weiße Nebel aus,
Es kann nicht immer Sommer sein!
Der Abend lockt mit Lampenschein
Mich aus der Kühle früh ins Haus.

Bald stehen Baum und Garten leer,
Dann glüht nur noch der wilde Wein
Ums Haus, und bald verglüht auch der,
Es kann nicht immer Sommer sein.

Was mich zur Jugendzeit erfreut,
Es hat den alten frohen Schein
Nicht mehr und freut mich nimmer heut –
Es kann nicht immer Sommer sein.

O Liebe, wundersame Glut,
Die durch der Jahre Lust und Mühn
Mir immer hat gebrannt im Blut –
O Liebe, kannst auch du verglühn?

Tutto passa, anche ciò che sembra eterno. La sana verità di Hermann Hesse

La poesia di Hermann Hesse, Principio d’autunno,  è molto chiaro che non sia soltanto un ritratto stagionale, ma rivela un vero e proprio esercizio di consapevolezza. L’autore tedesco accompagna il lettore in un viaggio che parte dal paesaggio e approda all’anima, mostrando come il ciclo della natura rifletta inesorabilmente il ciclo della vita.

La nebbia, gli alberi spogli, la vite selvatica che arde per un attimo e poi si spegne: ogni immagine diventa metafora della caducità dell’esistenza e della perdita delle certezze. Ma il cuore del testo è il dubbio più radicale, che tocca ciò che crediamo eterno: l’amore.

È proprio questa domanda sospesa che rende la poesia universale, perché costringe a guardare in faccia la fragilità di ciò che più di ogni altra cosa dà senso alle vite umane.

Il paesaggio che cambia

La poesia si apre con un’immagine potente.

L’autunno sparge bianche nebbie,
non può essere sempre estate!
La sera, con il chiarore delle lampade,
mi attira presto dalla frescura dentro casa.

L’autunno non si limita ad arrivare, ma “sparge” le sue nebbie. È un verbo che trasmette un’azione inesorabile, come se una mano invisibile avvolgesse il mondo. La nebbia non solo copre e confonde i contorni, ma segna il passaggio dall’estate luminosa a una stagione più intima e raccolta.

Il refrain «non può essere sempre estate!» cade come una sentenza. Non c’è ribellione, ma la presa d’atto di una verità universale. La sera chiama a rientrare in casa, attratti dalla luce artificiale, un gesto quotidiano che diventa simbolo del passaggio dall’aperto al chiuso, dall’esterno all’interiorità.

La vite selvatica come ultima fiamma

Il giardino si svuota, l’albero perde la sua vitalità.

Presto staranno spogli l’albero e il giardino,
allora brillerà soltanto la vite selvatica
attorno alla casa, e presto anche quella svanirà –
non può essere sempre estate.

La natura è il primo specchio del tempo che scorre. Eppure, c’è ancora un ultimo bagliore, quello della vite selvatica, che arde con i suoi colori rossi e intensi. È un’immagine di resistenza e di passione, una fiammata che illumina la soglia dell’inverno. Ma anche quella è destinata a spegnersi.

L’illusione di un colore che resti, di una bellezza che duri, viene subito infranta. Hermann Hesse ribadisce: «non può essere sempre estate».

Le gioie che non bastano più

Nella terza quartina Hermann Hesse lascia il paesaggio e guarda dentro di sé.

Ciò che mi dava gioia nel tempo della gioventù
non ha più il suo antico, lieto splendore
e oggi non mi rallegra più –
non può essere sempre estate.

Non è più la natura a cambiare, ma l’anima. Le cose che da giovane lo entusiasmavano non hanno più lo stesso effetto, hanno perso il loro splendore. Non si tratta di rifiuto o di disprezzo, ma della constatazione che con l’età cambiano anche i nostri desideri e i nostri modi di gioire.

È la maturità che porta a un bilancio: le stesse esperienze non bastano più a colmare il cuore. Ancora una volta, la frase ricorrente suona come una verità che non ammette eccezioni.

L’amore come ultimo dubbio, che dona speranza

Il culmine della poesia arriva con l’interrogativo più doloroso.

O amore, mirabile ardore,
che attraverso le gioie e le fatiche degli anni
sempre mi ha bruciato nel sangue –
o amore, puoi spegnerti anche tu?

Dopo aver accettato che le stagioni finiscano, che la giovinezza passa, che le gioie cambiano, Hesse si aggrappa all’unica forza che ha dato senso alla sua vita: l’amore.

Lo chiama “mirabile ardore”, una fiamma che lo ha sostenuto nel piacere e nella fatica, nel bene e nel male. Ma se anche l’amore può spegnersi, allora nulla resiste al tempo. È un dubbio che non trova risposta, volutamente lasciato aperto. Ed è proprio questa sospensione che rende la poesia universale, ognuno di noi vi riconosce la propria paura più profonda.

La lezione di Hesse è accettare il limite per riscoprire l’essenziale

La forza di Principio d’autunno sta nel non offrire facili consolazioni o le solite risposte che quando si parla di autunno e di maturità della vita si ripetono. Hesse non promette rinascite immediate, né trasforma l’autunno in una metafora edulcorata della maturità. Al contrario, costringe a guardare negli occhi la realtà più scomoda. Tutto ciò che conosciamo e amiamo è destinato a cambiare, forse anche a spegnersi.

Eppure, proprio in questa presa di coscienza si nasconde un insegnamento prezioso. Sapere che nulla è eterno non significa arrendersi al vuoto, ma imparare a riconoscere la bellezza del presente, dell’attimo per attimo. Guida ad una filosofia di vita che mira a prendere dalla vita tutto ciò che questa sa offrire. La vite selvatica che brucia attorno alla casa non è meno splendida perché presto appassirà: anzi, lo è di più, perché la sua intensità è legata alla sua fragilità.

Hermann Hesse invita ad abitare questa verità senza paura, a non rincorrere un’estate che non può durare, ma a sostare nel presente con consapevolezza. In un tempo come il nostro, che cerca di cancellare i segni del limite e del declino, la poesia dell’autore di Siddharta risuona come un atto di sincerità radicale. È un invito a guardare al ciclo della vita senza illusioni, ma anche senza disperazione, perché proprio nel finito l’essere umano può riconoscere la pienezza dell’esistenza.

Il verso finale di Hermann Hesse, con la sua domanda, lascia libero il campo ad ogni libera interpretazione. Da parte nostra, sembra la richiesta implicita di sedare gli effetti che genera l’amore, per contribuire a rendere la vita più placida, eliminando le conseguenze che questo meraviglioso sentimento può scatenare nella parte più profonda dell’essere umano.

Se si placa l’amore può spegnersi anche parte della sofferenza, soprattutto quando la persona amata finisce di essere accanto.

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