Con “Poche volte dentro il tempo”, Mariangela Gualtieri ci invita a rallentare, a prendere esempio dalla natura e dai suoi antichi abitanti per riscoprire il valore della vita e del momento presente. Un inno alla quotidianità, al lasciar andare, all’abitare il mondo con più leggerezza.
“Poche volte dentro il tempo” di Mariangela Gualtieri
Poche volte dentro il tempo
un niente di leggerezza
pilota le gambe al balletto.
È più spesso servile corsa e sgambetto
mentre la felina maestra
così regale al centro del cuscino
non se ne cura di operose faccende
ma sovrana celeste venuta qui vicino
tiene per noi l’eterna lezione
del fare niente. Essere niente.
Avere niente. Così difficile
per noi.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Poche volte dentro il tempo”
Questa breve poesia di Mariangela Gualtieri è tratta dalla sua ultima raccolta, “Ruvido umano”, pubblicata nell’aprile 2024 da Einaudi Poesia dopo quattro anni di lavoro della poetessa.
La raccolta, che si articola in sei sezioni (Ruvido umano, Selvatico sacro, Felice te, Nove marzo 2020 e dintorni, Sermone al mio celeste pollaio e Inno), è una delle più potenti scritte da Mariangela Gualtieri.
Dalla morte al dolore, dagli orrori del mondo alla contemplazione della natura, la poetessa esplora temi esistenziali concentrandosi sul potere della parola, che spesso si staglia isolata nel verso, pronta a esplodere di significato negli occhi di chi legge.
L’esempio della natura
Nella poetica di Mariangela Gualtieri la natura riveste spesso un ruolo centrale. In “Ruvido umano” più che in altre raccolte si avverte l’urgenza di riallacciare i legami con essa e con i suoi abitanti, per una vita più autentica e significativa.
“Poche volte dentro il tempo” è tratta dalla seconda sezione della raccolta, intitolata Selvatico sacro: all’interno di questa sezione è il mondo animale a impartire insegnamenti fondamentali per noi esseri umani, sempre più affaccendati, impegnati in automatismi che ci fanno perdere di vista la bellezza della vita.
Il mondo naturale, e in particolare gli animali, fungono qui da creature mitiche e misteriose, pronte a svelare il senso dell’esistenza a chi su di essi posa uno sguardo attento e aperto.
Nella poesia che abbiamo letto, è il gatto a infondere nei nostri cuori un importante insegnamento. Una lezione che il nostro piccolo amico ci dona. Bisognerebbe guardare con maggiore intensità a ciò che gli animali imparano dalla natura. L’istinto che li guida è dettato dalla magia di qualcosa che è in armonia con il naturale. Ciò che gli uomini sembrano non aver mai imparato.
Un invito necessario
Mariangela Gualtieri, con il suo stile essenziale e incisivo, ci offre in questi versi un’immagine potente della condizione umana, costantemente in affanno e intrappolata in una “servile corsa”.
Il contrasto tra la frenesia dell’uomo e la quieta sovranità del gatto – “felina maestra” che domina il cuscino – diventa una riflessione sul valore del non fare, del semplicemente esistere.
L’animale incarna una saggezza innata, un’arte dell’essere che a noi, sempre inquieti e proiettati verso il possesso e l’azione, appare inaccessibile.
L’invito della poetessa è sottile ma radicale: imparare a sottrarre, a liberarsi dall’ossessione dell’agire e dell’avere per riscoprire un’essenza più autentica e leggera, per quanto difficile possa sembrare.
Mariangela Gualtieri
Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951) è una poetessa e scrittrice italiana.
Laureata in architettura allo IUAV di Venezia, ha scoperto la vocazione poetica dopo il 1983, dopo aver fondato, insieme al regista e amico Cesare Ronconi, l’innovativa compagnia Teatro Valdoca.
L’opera di Mariangela Gualtieri spesso accentua l’inadeguatezza della parola alla comunicazione umana (“per il linguaggio che può simulare la sapienza”) ed il bisogno di ricerca di semplicità nel codice linguistico per poter narrare la bellezza del mondo.
Le sue poesie sono intrise di bellezza, di delicata armonia, di gratitudine nei confronti del mondo e delle lettere.