“O luglio, tu sei come un giovinetto” (1911): la sensualità della natura secondo Federigo Tozzi

6 Luglio 2025

C’è un modo diverso di guardare luglio e Federigo Tozzi esce dai suoi schemi cupi per incontrarlo e renderlo carne, non solo luce abbagliante e afa.

“O luglio, tu sei come un giovinetto” (1911): la sensualità della natura secondo Federigo Tozzi

Luglio non è solo sabbia, mare e crema solare. C’è un modo diverso di guardare l’estate, di scriverla, e Federigo Tozzi esce dai suoi schemi cupi per incontrarla e renderla carne, non solo luce abbagliante e afa.

Federigo Tozzi, noto più per i suoi romanzi che per le poesie, crea un sonetto curioso e sensuale, a tratti quasi contadino, ma con la raffinatezza dei grandi osservatori dell’animo. “O luglio, tu sei come un giovinetto” è il titolo del componimento, ma anche il primo verso che tutti ricordano, tratto dalla raccolta “La zampogna verde” del 1911, una delle prove poetiche più intense dell’autore senese.

“O luglio, tu sei come un giovinetto” (1911) di Federigo Tozzi

O luglio, tu sei come un giovinetto
ch’abbia le chiome molli e succolente
come frutta mature; e per diletto
tu porti ai contadini le semente.

Onde le floride aie sono il letto
dove pieghi i ginocchi sorridente
e stanco. Ma il tuo biancheggiante petto
pieno è di sole come sangue ardente.

E pare che la luna sia più gonfia
nel cielo, dove perde tutto il latte;
e gli alberi si toccano le foglie.

Ma, la mattina, il gallo canta e tronfia
se le galline gli si metton chiatte,
per soddisfare tutte le sue voglie.

L’analisi della poesia

Il testo si apre con un paragone diretto, quasi improvviso:

“O luglio, tu sei come un giovinetto
ch’abbia le chiome molli e succolente
come frutta mature…”

È un’immagine semplice, ma di grande forza: luglio non è un mese, ma un ragazzo. Un adolescente vigoroso, seducente, con i capelli umidi di caldo, lucidi di vita, come fossero pesche appena colte o grappoli d’uva pronti al sole.

È interessante che Federigo Tozzi scelga proprio un “giovinetto”, un giovane maschile, per descrivere luglio: un’energia che pulsa, che affonda le mani nella terra e porta con sé la promessa di fertilità.

Già dai primi versi si sente un’estate non balneare, non vacanziera, ma agricola e carnale. Non ci sono spiagge né ombrelloni: ci sono aie, semente, alberi, animali.

Federigo Tozzi parla di un’estate contadina, dove luglio è quel tempo dell’anno in cui “le floride aie sono il letto / dove pieghi i ginocchi sorridente / e stanco”.

Il giovinetto-luglio diventa qui una figura affaticata ma felice, che si inginocchia come un contadino esausto, ma compiaciuto. Le sue ginocchia toccano la terra, le sue mani odorano di seme e polvere.

Poi arriva il verso forse più bello e simbolico:

“Ma il tuo biancheggiante petto
pieno è di sole come sangue ardente.”

È un’immagine ambigua, viva. Il petto bianco – quasi verginale, oppure giovane e nudo – è pieno di sole, ma quel sole è “come sangue”: è calore, è passione, è vita in espansione. Questo sole-sangue sembra quasi evocare il corpo che si fa natura e la natura che si fa corpo, in un intreccio che annulla ogni confine tra umano e stagionale.

Nella seconda parte del sonetto, Tozzi introduce la notte, ma lo fa con un’immagine poetica e concreta allo stesso tempo:

“E pare che la luna sia più gonfia
nel cielo, dove perde tutto il latte;
e gli alberi si toccano le foglie.”

La luna è piena, satura, tanto da “perdere tutto il latte”: un’immagine quasi mitologica, che potrebbe ricordare Artemide o il latte cosmico delle madri divine. E intanto, gli alberi si toccano le foglie: sembra di sentire il fruscio di una brezza estiva, o forse il calore che rende ogni cosa più viva, più prossima. Tutto in questo luglio è corpo che desidera, che si tende, che vibra.

Infine, arriva la chiusa inattesa, quasi comica:

“Ma, la mattina, il gallo canta e tronfia
se le galline gli si metton chiatte,
per soddisfare tutte le sue voglie.”

Ed ecco che il tono cambia. Dalla sensualità lirica si passa a un realismo contadino, ironico, quasi pascoliano ma più esplicito. Il gallo si pavoneggia e si dà da fare, mentre le galline, “chiatte”, lo assecondano. L’amore di luglio, insomma, è anche questo: desiderio animale, riproduzione, vitalità sfacciata.

Eppure, non c’è niente di volgare. C’è il sorriso saggio di chi conosce i ritmi della terra e sa che estate significa anche accoppiamento, raccolto, continuità della specie. In questa chiusa, il giovinetto-luglio si tramuta in gallo: un passaggio simbolico che lega erotismo e fertilità, umanità e bestialità, cielo e aia.

La natura e il tempo che ci attraversa

Federigo Tozzi, spesso descritto come uno scrittore cupo e tormentato, mostra qui un’altra faccia: quella di un uomo capace di leggere la natura con occhi amorosi, sensuali, pieni di rispetto. La poesia non è solo celebrazione stagionale, ma anche riflessione sul tempo che ci attraversa, sui desideri che ci animano, sui corpi che abitano i mesi.

“O luglio, tu sei come un giovinetto” merita di essere riscoperta, letta e riletta, perché ci insegna a guardare l’estate non solo come tempo di svago o di attesa, ma come stagione dell’essere. E ci ricorda, con grazia e un pizzico di ironia, che ogni luglio è sempre un inizio, il ciclo di una vita: un giovinetto che corre, suda, ama e porta frutto.

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