Non sono capace, amore di Mariangela Gualtieri è una delle poesie più intense dedicate all’amore imperfetto, quello che non rassicura ma travolge. In questi versi l’amato è fuoco, vento, furia: una presenza magnetica e difficile da contenere. E la voce poetica, pur sentendosi fragile e “non abbastanza”, sceglie comunque di restare, di tentare, di amare “per bene”.
È questo il cuore della poesia: l’idea che l’amore vero non nasce dalla perfezione, ma dal coraggio di due opposti che provano a incontrarsi, acqua quieta e torrente impetuoso, luna e lampo, sponda e vento. Una dichiarazione di resa luminosa che, proprio nella sua vulnerabilità, trova la sua massima grandezza.
Non sono capace, amore è una poesia tratta dalla raccolta di poesie Senza polvere, senza peso di Mariangela Gualtieri, pubblicata per Giulio Einaudi Editore nel febbraio del 2006.
Leggiamo ora questa poesia di Mariangela Gualtieri per coglierne la potenza e comprenderne davvero il significato.
Non sono capace, amore di Mariangela Gualtieri
Non sono capace, amore, di farti un canto.
Tu sei tutto di spine e di fuoco
e mi tieni lontana dal tuo cuore
pericoloso. Io non so bastarti alla gioia
e così poco così poco mi pare
t’incanto, sollevo quell’ombra scontrosa
che tu sei tutto d’amaro e furore
tu sei in urto e sperdimento
mio velocista, mio primatista del cuore
mio barbarico ragazzo di vento
mio torrente furioso
arrivi alla mia acqua quieta
con onde e sonagli e pepite d’oro.Vecchio fiume saremo un bel giorno io e te,
io acqua e tu moto, io sponda e tu vento,
io pioggia e tu lampo,
io pesce e tu guizzo d’argento
io luna riflessa, tu cielo tu spada
d’Orione, tu tutto l’amore umano
che tento che tento
d’amarti per bene
mio grembo splendenza.
E tu prendimi
portami con te
come un incendio
nelle tue abitudini.
L’amore vero nasce da due anime che si completano
Non sono capace, amore è una poesia di Mariangela Gualtieri che mette in scena l’incontro di due esseri radicalmente diversi, due nature che non combaciano ma si cercano. È la poesia dell’amore che non chiede perfezione né somiglianza, ma integrazione: fuoco e acqua, vento e sponda, lampo e luna riflessa.
La forza del testo sta nella consapevolezza che l’amore autentico non deriva dal cancellare le differenze, bensì dal permettere all’altro di essere ciò che è.
Lui irruente, selvatico, in tumulto; lei quieta, accogliente, porosa. E proprio questa distanza diventa bellezza: il luogo dove nasce ciò che nessuno dei due, da solo, potrebbe generare.
La poesia racconta così una verità universale. Due anime si completano non perché si è uguali, ma perché si è diversi in modo complementare. È nell’attrito, nella fragilità, nel tentativo reciproco che l’amore trova lo spazio per accendersi.
L’amore come forza selvaggia che non si può addomesticare
Mariangela Gualtieri apre il poema con una confessione di impotenza:
Non sono capace, amore, di farti un canto.
È un verso che svela subito la sproporzione tra la voce poetica e l’amato, descritto come una creatura di fuoco, spine, furore. Lui è intensità pura, irruzione emotiva, presenza magnetica che spaventa e attrae. Questa natura indomabile non viene giudicata: è amata nella sua autenticità, nella sua impossibilità di essere contenuta.
Mariangela Gualtieri riconosce che l’amore non nasce dalla calma, ma spesso dal caos di chi ci attraversa come un vento improvviso.
La vulnerabilità come fondamento dell’amore
Il verso più disarmante della prima parte rivela un sentimento umano universale: la paura di non essere abbastanza.
Io non so bastarti alla gioia
La voce poetica sa di non poter guarire il dolore dell’altro, sa di non poter essere la sua totale felicità. Eppure resta. Eppure tenta. E in quel “tanto poco” che offre, un gesto, un incanto, un sollievo momentaneo, si manifesta l’amore reale, ovvero quello che non promette la salvezza, ma la presenza.
Quando due nature diverse trovano un ritmo comune
Nella seconda strofa la poesia si apre come un paesaggio simbolico. La relazione tra i due protagonisti diventa una danza di elementi naturali: lui è vento, moto, lampo, torrente; lei è sponda, acqua quieta, luna.
È una dialettica continua tra slancio e contenimento, irruenza e accoglienza, luce e riflesso. Questa diversità non è un ostacolo, ma un motore: è proprio nello scontro degli opposti che nasce una forma di armonia possibile.
L’immagine finale del “vecchio fiume” sintetizza la promessa di un futuro condiviso, quando il movimento di uno avrà trovato la sua forma nell’altro.
Il tentativo come atto d’amore assoluto
La poetessa ci offre una ripetizione
che tento che tento
d’amarti per bene
è una delle dichiarazioni più potenti dell’intera poesia.
Non c’è arroganza, non c’è presunzione di sapere amare: c’è solo il desiderio ostinato di provarci. Per Gualtieri l’amore non è un talento innato, ma un esercizio dell’anima: un movimento quotidiano, imperfetto, commovente, che richiede coraggio e umiltà.
La resa luminosa del finale: lasciarsi trasformare dall’altro
Il finale apre completamente la voce poetica all’intimità:
E tu prendimi
portami con te
come un incendio
nelle tue abitudini.
Non c’è più paura di bruciare. Non c’è più distanza difensiva. L’amore diventa una consegna totale di sé: entrare nelle abitudini dell’altro “come un incendio”, cioè come una forza che cambia, illumina, rinnova.
La resa non è sconfitta, ma fiducia estrema: il gesto con cui si accetta di essere trasformati dalla presenza dell’altro.
Amare significa accogliere ciò che dell’altro non comprendiamo
In Non sono capace, amore, Mariangela Gualtieri restituisce all’amore la sua verità più nascosta: non è l’incontro di due perfezioni, ma l’abbraccio di due incompletezze.
Lui è eccesso, vento, impeto. Lei è quiete, acqua, ascolto. Non si assomigliano, non si risolvono, non si correggono. Eppure si scelgono. È proprio questa distanza, così grande, così rischiosa, a generare il loro punto di forza.
La poesia ricorda che l’amore non è mai una linea retta: è un movimento fatto di fragilità, tentativi, inciampi, accensioni. È la capacità di restare accanto a qualcuno anche quando non sappiamo come. La vera grandezza non sta nel riuscire, ma nel continuare a provare.
L’ultimo verso è un’apertura totale: lasciarsi portare dall’altro “come un incendio”. Un’immagine che racchiude tutta la luminosità della resa: riconoscere che l’amore ci cambia, ci brucia in ciò che non serve più, ci riaccende nella parte più viva di noi.
Per questo questa poesia continua a parlare a chiunque ami davvero, perché ci ricorda che si diventa fiume insieme, non quando si è perfetti, ma quando si ha il coraggio di fondere la propria acqua con il vento dell’altro.
