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“Nella luce di questo splendido giorno” (1917), poesia di Tagore sulla forza della leggerezza

Scopri come abbattere lo stress e trovare la gioia, grazie alla splendida poesia “Nella luce di questo splendido giorno” di Rabindranath Tagore.

Nella luce di questo splendido giorno di Rabindranath Tagore è una splendida poesia sulla leggerezza che serve per affrontare il presente e la vita. In un mondo che spinge ad accumulare, trattenere, razionalizzare, la poesia del poeta bengalese si fa sussurro di libertà, incoraggiando a vivere l’esistenza senza per forza doversi struggere, dover trovare una spiegazione a qualsiasi cosa, dover cogliere trami e complotti in ogni azione umana.

Il poeta, filosofo e premio Nobel per la Letteratura nel 1913, in pochi versi, accompagna in un viaggio esistenziale e spirituale, invita ad accogliere la vita nella sua essenza più pura: il qui e ora. L’importanza di lasciare dei vuoti da riempire nella vita è fondamentale per arricchirsi sempre più di quella parola magica che è la sensibilità.

La poesia in realtà non ha un titolo, è il sesto poema di una raccolta di 60 poesie Lover’s gift and Crossing di Rabindranath Tagore, pubblicato a New York da The Macmillan Company nel 1918. In Italia la raccolta è stata pubblicata con il titolo Dono d’amore, curata da Brunilde Neroni e pubblicata da Ugo Guanda Editore nel 2012.

Leggi questa meravigliosa poesia di Rabindranath Tagore per coglierne il profondo messaggio.

Nella Luce di questo splendido giorno di Rabindranath Tagore

Nella luce di questo splendido giorno
di primavera il poeta canta
di chi passa oltre e non si ferma,
correndo via senza voltarsi indietro,
di chi sboccia in un’ora di folle gioia
e, senza rimpianti, sparisce in un attimo.

Non sedere in silenzio a recitare
le preghiere delle tue lacrime
e dei tuoi sorrisi d’un tempo,
non raccattare, fermandoti,
i petali dispersi dei fiori, nell’ultima notte,
non andare in cerca
delle cose che ti sfuggono
per capire significati segreti…
Lascia dove sono i vuoti della tua vita,
per la musica che irrompe dal loro profondo.

La bellezza di un sano momento di pura leggerezza

Nella luce di questo splendido giorno di Rabindranath Tagore è una poesia che possiamo considerare come il manifesto a vivere la con leggerezza, lasciandosi trasportare dalla musica, dalla poesia che la vita tutti i giorni sa donare.

In un mondo spesso appesantito da ansie, doveri e pensieri ricorrenti, la leggerezza si rivela non come superficialità, ma come una forma di profondità alternativa. Italo Calvino, nelle sue Lezioni americane, definisce la leggerezza come la capacità di “planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” . Questa prospettiva stimola a considerare la leggerezza come un modo per affrontare la vita con grazia e consapevolezza, senza essere sopraffatti dal peso delle infinite preoccupazioni che tutti i giorni si è ormai abituati ad affrontare.

La leggerezza, in questo senso, diventa pura filosofia di vita. Lasciar andare ciò che non serve, accogliere il presente con apertura e trovare bellezza anche nell’effimero, diventa un invito concreto a vivere con autenticità, a riconoscere che, spesso, è nel vuoto e nel silenzio che si cela la vera musica dell’esistenza.

In questa luce, la poesia di Rabindranath Tagore si presenta come un inno alla leggerezza intesa come libertà interiore e accettazione del fluire della vita. Attraverso i suoi versi, il primo Premio Nobel asiatico, ci guida verso una comprensione più profonda del valore del momento presente e della bellezza che risiede nel lasciar andare.

Vivere, senza trattenere
Nella prima strofa, Tagore celebra chi vive l’attimo con intensità, senza il bisogno di fermarsi o di voltarsi indietro. Come un fiore che sboccia e subito svanisce, la vita si compie anche nella sua brevità. È un invito a non avere paura della transitorietà, ma a riconoscerla come parte della bellezza stessa dell’esistenza.

Nella luce di questo splendido giorno
di primavera il poeta canta
di chi passa oltre e non si ferma,
correndo via senza voltarsi indietro,
di chi sboccia in un’ora di folle gioia
e, senza rimpianti, sparisce in un attimo.

La primavera, simbolo della rinascita e del presente assoluto, fa da sfondo a un elogio della transitorietà. Il poeta ammira chi vive intensamente, chi si lascia attraversare dalla gioia senza cercare di trattenerla, chi sa vivere il momento e poi sparire senza rimpianti. È la lode alla leggerezza dell’essere, alla capacità di fluire con la vita, senza opporre resistenza.

Tagore parla di chi non si attacca alle cose, ma accetta la mutevolezza come parte integrante dell’esistenza. È un’esortazione alla libertà interiore, alla consapevolezza che ogni attimo può essere compiuto anche se breve.

L’inutilità della nostalgia
Il poeta inizia la seconda strofa mettendo in guardia dal rifugiarsi nei ricordi. Le “preghiere delle lacrime e dei sorrisi” d’un tempo non possono riportarci ciò che è andato. Tagore con i suoi versi insegna a non restare fermi a cercare ciò che è già sfumato, ma di andare avanti con fiducia e decisione.

Tagore invita a non restare prigionieri della nostalgia, a non rimuginare sul passato. Le lacrime e i sorrisi passati, per quanto intensi, appartengono a un tempo che non può essere ripetuto. L’immagine dei petali dispersi è struggente: rappresentano ciò che è stato bello ma ora è perduto. Cercare di raccoglierli è un gesto sterile, che impedisce di vivere il presente.

II poeta mette in guardia da una forma di immobilità emotiva, quella in cui ci si rifugia nel ricordo invece di abbracciare la realtà che ci si presenta.

Accettare il mistero della vita

non andare in cerca
delle cose che ti sfuggono
per capire significati segreti…

Queste parole sono un richiamo potente a non ossessionarsi con le risposte. Non tutto ha un senso logico o una spiegazione razionale. Alcune cose sono fatte solo per essere vissute, altre per essere perdute.

Tagore tocca il tema della comprensione ossessiva, di chi vuole dare un senso a tutto, anche a ciò che è già scivolato via. È una critica alla tendenza a voler razionalizzare l’esperienza, a cercare messaggi nascosti nel passato, nel dolore o nella perdita.

Il poeta sembra voler condividere: “accetta il mistero”. Alcune cose non sono fatte per essere spiegate, ma solo per essere vissute e lasciate andare.

Lasciare spazio alla pienezza dell’anima
Il verso finale è una vera epifania poetica:

Lascia dove sono i vuoti della tua vita,
per la musica che irrompe dal loro profondo.

Questo è il cuore della poesia. Il vuoto, spesso temuto, è in realtà lo spazio da cui nasce la “musica”, l’armonia dell’anima. È un concetto fortemente spirituale: solo accettando i buchi, le assenze, le perdite, possiamo sentire quella melodia profonda che Tagore associa alla verità e alla bellezza.

Qui si condensa la visione poetico-filosofica dell’autore: il senso della vita non si trova nel pieno, ma nel vuoto che ci parla, se abbiamo il coraggio di ascoltarlo.

Il vuoto, lungi dall’essere un fallimento o una mancanza, è uno spazio generativo, da cui può emergere la verità più autentica dell’esistenza. È lì che, secondo Tagore, nasce la musica dell’anima, una melodia che si può ascoltare solo se si ha il coraggio di non riempire ogni silenzio, ogni assenza.

Possiamo benissimo concludere che questa poesia di Rabindranath Tagore è pura rivoluzione filosofica. Insegna che la felicità non risiede nel possesso, ma nella libertà, che la vita non va spiegata ma accolta, che nel vuoto può risuonare la più bella delle musiche interiori.

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