Mi sembra, amore mio di Devendranath Sen, è una poesia in prosa che fu tradotta dal bengalese da Rabindranath Tagore e fatta conoscere al mondo per la sua bellezza. È un inno alla persona amata e una meravigliosa dichiarazione d’amore, in cui l’amata diventa l’espressione più alta e vitale dell’esistenza.
La poesia è una celebrazione della vitalità, della gioia e della bellezza spirituale. Il riso dell’amata è l’eco della creazione, il soffio della vita che si rinnova. Nell’India poetica e mistica, ridere è un atto sacro: è partecipare al gioco divino del mondo (“lila”), riconoscere la meraviglia di esistere. Così, nel suono di quella risata, il poeta ascolta l’universo intero che si risveglia.
Mi sembra, amore mio è il poema 21 della raccolta di poesie Lovers’s Gift di Rabindranath Tagore, che volle includerla nell’opera pubblicata per la prima volta a New York da The MacMillan Company nel 1918.
Leggiamo questa stupenda poesia di Devendranath Sen per comprenderne il profondo messaggio.
Mi sembra, amore mio (Dono d’amore, 21) di Rabindranath Tagore
Mi sembra, amore mio,
che prima dell’alba della vita
tu sia rimasta sotto una cascata di sogni felici,
e che la sua acqua impetuosa
abbia riempito il tuo sangue di meraviglia.O forse hai attraversato
il giardino degli dèi,
dove i gelsomini, i gigli e gli oleandri
cadevano a frotte tra le tue braccia,
e, entrati nel tuo cuore,
si fecero lieti e rumorosi.Il tuo riso è un canto
le cui parole si perdono
nel clamore della melodia,
un profumo di fiori invisibili,
la luce della luna
che filtra dalla finestra delle tue labbra
mentre la luna si nasconde nel tuo cuore.Non cerco il perché,
non ricordo la causa,
so soltanto questo:
che il tuo riso
è il tumulto della vita che si desta.(Trad. Libreriamo)
Lover’s Gift 21, Rabindranath Tagore
Methinks, my love, before the daybreak of life
you stood under some waterfall of happy dreams,
filling your blood with its liquid turbulence.
Or, perhaps, your path was through the garden
of the gods, where the merry multitude of jasmine,
lilies, and oleanders fell in your arms in heaps,
and entering your heart became boisterous.Your laughter is a song whose words are drowned
in the clamour of tune, a rapture of odour
of flowers that are not seen; it is like the moonlight
breaking through your lips’ window when the
moon is hiding in your heart. I ask for no reason,
I forget the cause, I only know that your laughter
is the tumult of insurgent life.
L’amore è l’essenza di tutta la gioia della vita
In Mi sembra, amore mio, Devendranath Sen ha scritto una delle più belle dichiarazioni d’amore della poesia di tutti i tempi. Non un inno all’amore romantico, ma una meditazione sulla vita come principio vitale e divino.
Attraverso il riso dell’amata, egli ascolta il battito del mondo, il canto primordiale dell’essere.
Rabindranath Tagore, traducendola e includendola in Lover’s Gift, comprese la sua grandezza universale. Percepì quella capacità, tutta orientale, di trasformare un’emozione in filosofia, un sorriso in cosmologia, un gesto d’amore in un atto sacro.
In questa poesia, il riso diventa la più alta forma di preghiera. Un atto semplice e luminoso, con cui l’anima, riconoscendo la meraviglia di esistere, torna a cantare insieme al mondo.
L’essenza della vita e dell’amore
Mi sembra, amore mio con queste parole inizia la poesia, proprio per dare io senso di ciò che l’autore prova per l’amata.
L’immagine iniziale è quasi mitologica:
che prima dell’alba della vita
tu sia rimasta sotto una cascata di sogni felici,
e che la sua acqua impetuosa
abbia riempito il tuo sangue di meraviglia.
Il poeta immagina l’amata prima dell’alba della vita, come se fosse esistita ancor prima del tempo. È un’immagine che la colloca in una dimensione mitica e cosmica: non una donna reale, ma l’incarnazione stessa del principio vitale.
L’amata non è una semplice figura terrena, ma un essere che precede la creazione, come se appartenesse a un regno di pura energia e di sogno.
La “cascata di sogni felici” è una delle immagini più poetiche e potenti del testo. Rappresenta il momento in cui lo spirito si fonde con la materia, il battesimo vitale da cui nasce ogni emozione umana.
L’acqua, nella tradizione indiana e nella poesia universale, è principio femminile, sorgente di nascita, purificazione e desiderio.Essere immersa in quella cascata significa ricevere dentro di sé la corrente stessa della vita.
Quando il poeta dice che “la sua acqua impetuosa ha riempito il tuo sangue di meraviglia”, traduce in immagine sensuale e mistica insieme il mistero della gioia esistenziale. La vita che scorre nel corpo come stupore, come emozione pura. L’amata diventa così la personificazione della vitalità, la creatura che porta dentro di sé il flusso dell’universo.
Il giardino degli dèi e la vitalità della natura
Nei versi successivi Devendranath Sen l’immagine della vita che germoglia.
O forse hai attraversato
il giardino degli dèi,
dove i gelsomini, i gigli e gli oleandri
cadevano a frotte tra le tue braccia,
e, entrati nel tuo cuore,
si fecero lieti e rumorosi.
Il “giardino degli dèi” non è solo un luogo incantato, ma una metafora della dimensione sacra del mondo naturale, dove ogni cosa è animata da spirito e gioia.
I gelsomini, i gigli e gli oleandri, fiori diversi per colore, profumo e simbolismo, rappresentano l’armonia delle forze vitali. Il gelsomino è il fiore della purezza. Il giglio è l’emblema della grazia. L’oleandro, pianta forte e velenosa insieme, simbolo della passione e della contraddizione del vivere.
Quando questi fiori “cadono a frotte” tra le braccia dell’amata, la scena diventa quasi un rito di investitura divina. La natura la riconosce come parte di sé e le si dona.
Nel momento in cui i fiori “entrano nel suo cuore e si fanno lieti e rumorosi”, la vita stessa si trasforma in festa, in gioia che non può tacere.
È una visione profondamente indiana. L’universo è danza, la creazione è un gioco sacro (lila), e l’amata è la creatura che partecipa pienamente a questa danza cosmica. La sua gioia non è personale, ma universale, è la gioia della vita che si accorge di esistere.
La risata come voce dell’universo
In questi versi il riso dell’amata diventa qualcosa di più di un gesto umano.
Il tuo riso è un canto
le cui parole si perdono
nel clamore della melodia,
un profumo di fiori invisibili,
la luce della luna
che filtra dalla finestra delle tue labbra
mentre la luna si nasconde nel tuo cuore.
La risata della porpia musa è la voce primordiale della vita, un canto che precede ogni linguaggio, in cui le parole si dissolvono “nel clamore della melodia”.
Il poeta intuisce che l’amore autentico non si può dire, non si può pronunciare, non ha parole. L’amore si avverte, vibra, trascende il linguaggio. Per questo la risata diventa musica pura, vibrazione di esistenza, energia che attraversa il mondo.
“Un profumo di fiori invisibili” introduce un’altra dimensione sensoriale e spirituale insieme. I fiori non si vedono, ma se ne percepisce l’essenza: come l’amore vero, che non si mostra ma si sente, come una presenza che avvolge e nutre. La risata, allora, è profumo dell’anima, manifestazione invisibile ma reale della bellezza che vive dentro.
E infine, l’immagine più luminosa: “La luce della luna che filtra dalle tue labbra mentre la luna si nasconde nel tuo cuore.” È una delle più raffinate metafore della poesia orientale. La luna, simbolo del principio femminile, della grazia e della dolcezza, abita il cuore dell’amata. Ma allo stesso tempo ne irradia la luce, che “filtra dalle labbra” come parola, come canto, come sorriso.
In questa visione, l’amore non è possesso ma emanazione: la bellezza interiore diventa luce che illumina il mondo. È la scena in cui il divino si fa umano, e il corpo stesso diventa un tempio della vita.
In quel riso che risplende come chiarore lunare, il poeta riconosce il mistero stesso dell’esistenza: la vita che ride attraverso la donna amata.
Il mistero dell’amore e il risveglio della vita
La poesia si conclude con il poeta che approda alla pienezza del silenzio.
Non cerco il perché,
non ricordo la causa,
so soltanto questo:
che il tuo riso
è il tumulto della vita che si desta.
Non cerca più spiegazioni, non ha bisogno di comprenderne l’origine. L’amore, come la vita, non chiede ragione di sé. È, esiste, semplicemente.
In questa rinuncia alla logica c’è una grande saggezza orientale. Devendranath Sen svela che l’amore non è un mistero da risolvere, ma una realtà da accogliere. Non nasce da un motivo, ma da un’energia che trabocca.
È quella forza che anima il cosmo, che fa sbocciare i fiori, scorrere i fiumi, muovere la luna.
Il riso dell’amata diventa così il segno del risveglio universale, il momento in cui la vita prende coscienza di sé. “Tumulto della vita che si desta” non è solo una metafora: è un atto di creazione.
È il punto in cui l’amore, la natura e l’anima coincidono, si fondono, si riconoscono come un’unica realtà.
Il poeta afferma che la gioia è la forma più alta della verità. Ridere, amare, respirare, tutto ciò che vibra è vita che ritorna a se stessa.
Chi è Devendranath Sen, il poeta celebrato in Lover’s Gift da Tagore
Devendranath Sen (1855-1920) fu una delle voci più raffinate del Rinascimento bengalese, spesso ingiustamente oscurato dalla fama di Rabindranath Tagore.
Nato a Ghazipur, nell’Uttar Pradesh, e formatosi in inglese all’Università di Allahabad, esercitò per tutta la vita la professione di avvocato presso l’Alta Corte della città. Accanto alla carriera giuridica, coltivò la poesia con passione e rigore, diventando uno dei protagonisti della lirica romantica bengalese, erede spirituale di Biharilal Chakraborty.
Nei suoi versi celebrò la natura come forza viva e partecipe dell’animo umano, e l’amore domestico come forma di sacralità quotidiana. Più che alla passione o al dolore, Sen guardò alla bellezza semplice e alla gioia, trasformando la serenità della vita familiare in esperienza poetica e spirituale.
Negli anni maturi si avvicinò al Vaisnavismo, la tradizione bhakti dedicata a Krishna, fondendo l’estasi devozionale con il sentimento romantico. Fu amico e contemporaneo di Rabindranath Tagore, che gli dedicò la raccolta Sonar Tari (La barca d’oro, 1894) e tradusse alcune sue poesie in inglese. Tra queste, Mi sembra, amore mio, pubblicata nella raccolta Lover’s Gift (1918), che contribuì a far conoscere in Occidente la sua voce limpida e luminosa.