“Lungo il fiume correvano i ragazzi” (1939), la poesia di Sandro Penna dedicata all’estate e alla felicità

8 Luglio 2025

Scopri “Lungo il fiume correvano i ragazzi” di Sandro Penna, la poesia dedicata all’estate e alla felicità. Basta l’incipit per spalancare la porta dell’estate.

“Lungo il fiume correvano i ragazzi” (1939) di Sandro penna, la poesia dedicata all’estate e alla felicità

Lungo il fiume correvano i ragazzi” di Sandro penna, la poesia dedicata all’estate e alla felicità. Basta l’incipit per spalancare la porta dell’estate. Non l’estate da cartolina, ma quella viva, che si respira sulla pelle, tra il sudore, le grida, la corsa e la luce. Sandro Penna non la racconta: la lascia accadere.

La poesia non ha titolo, come molte di quelle di Sandro Penna: Lungo il fiume correvano i ragazzi / gridando. Tutto il sole era per loro. / Ed io pensavo: è questo la felicità.

“Lungo il fiume correvano i ragazzi” (1939) di Sandro Penna

Lungo il fiume correvano i ragazzi
gridando. Tutto il sole era per loro.
Ed io pensavo: è questo la felicità.
In un momento tutto il cielo fu viola,
e gli alberi, e le case, e l’acqua
erano viola. Ma durò un momento.

L’analisi della poesia

C’è qualcosa in questi versi che somiglia a un ricordo condiviso, anche da chi non ha mai corso davvero lungo un fiume, forse perché quel fiume è ovunque: è l’infanzia, la libertà, il tempo sospeso dei ricordi in cui tutto il sole sembra splendere quando chiudiamo gli occhi.

È un frammento, una fotografia poetica, ma vive di una luce così precisa da non averne bisogno. Siamo noi a identificarla con il primo verso. L’occhio del poeta si ferma su una scena semplice: dei ragazzi corrono, gridano, e il mondo sembra sorridere con loro. Per un attimo, è tutto perfetto.

Ma proprio in quel momento, come un colpo di vento improvviso, qualcosa cambia: “In un momento tutto il cielo fu viola, / e gli alberi, e le case, e l’acqua / erano viola. Ma durò un momento.”

Era forse l’arrivo del crepuscolo, la fine del sogno? L’illusione che viene meno dietro le palpebre e il ricordo?

È qui che la poesia si trasforma: diventa non più solo una cartolina d’infanzia. Diventa una visione. Quel cielo viola che tinge ogni cosa è l’irruzione del sublime nella vita quotidiana. È l’attimo in cui la realtà si fa sogno, oppure memoria. Quel viola improvviso, che dura appena un momento, è la nostalgia che nasce mentre si vive, il presentimento che la felicità non durerà, e che proprio per questo va custodita come qualcosa di sacro.

Non c’è malinconia, però. Non c’è tragedia. C’è consapevolezza. Come quando si è bambini e la partita è finita, ma in gruppo con gli altri si decide per un incontro l’indomani. E c’è bellezza: Penna non si strugge per quel momento che passa, lo osserva con gratitudine e ne fa poesia. Gli basta un verso per dire ciò che molti cercano in pagine intere.

Il sole come benedizione

Il sole, in questi versi, è più di un elemento atmosferico. È una presenza. “Tutto il sole era per loro” : è quasi un dono, una benedizione. Come se la luce fosse attratta da chi è ancora puro, da chi corre senza sapere dove sta andando. Il poeta, fermo, guarda e comprende. Loro vivono, lui scrive per rendere tutto eterno. Ed è proprio questa separazione, questo essere già oltre quell’età, che rende possibile il miracolo poetico.

Perché riscoprire i versi di Sandro Penna quest’estate

In un’estate sempre più fatta di filtri e contenuti, riscoprire Sandro Penna è un gesto di ribellione dolcissima. Nessuna costruzione, nessuno scatto da postare su Instagram, solo la verità del sole che cade sui corpi, sui fiumi, sulle case. E l’arte di cogliere l’attimo in cui tutto si fa viola. Eterno. Eppure destinato a passare. Non c’è bisogno di interpretazioni complicate. La poesia non va spiegata: va lasciata sedimentare. Leggerla è come mettersi al sole dopo un lungo inverno. Non serve fare altro. Si resta lì, fermi, con gli occhi socchiusi, e si ascolta il proprio cuore battere a ritmo con quello dei ragazzi che corrono.

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