Lunga è la notte è una poesia di Peppino Impastato che a leggere le parole fa rabbrividire l’anima. Ci rende da un lato tristi per la fine che ha fatto questo meraviglioso “angelo”, dall’altro ci fa sentire più forti e decisi nel prendere le sue parole come stimolo per dire basta a tutte le mafie.
C’è una notte che non finisce con l’alba. Una notte che abita la storia e la coscienza, che si insinua tra le parole non dette e le verità nascoste. È la notte del potere mafioso, del silenzio complice, della paura che si fa abitudine. Peppino Impastato quella notte l’ha guardata in faccia. L’ha sfidata con l’ironia, con la cultura, con la voce. E l’ha pagata con la vita.
Nel buio di un’Italia piegata ma non spezzata, Peppino Impastato ha acceso la radio dell’immortalità, ha scritto versi, che rimarranno vivi per sempre. E lo ha fatto non come un eroe, ma come un uomo libero. La sua poesia “Lunga è la notte” non è solo un’immagine lirica, è una diagnosi dell’anima collettiva, una ferita aperta, un grido muto che farà sentire la bellezza del suo rumore per sempre.
Nella notte fra l’8 e il 9 maggio del 1978 veniva assassinato in modo brutale Peppino Impastato, scrittore, giornalista e attivista che ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia e, alla fine, la vita l’ha anche data. Ideatore dell’emittente radiofonica libera “Radio Aut“, con il suo operato ha ispirato ragazzi e ragazze delle generazioni successive a ribellarsi ad un sistema corrotto e criminale troppo spesso taciuto per paura o semplice indifferenza.
Oggi, nell’anniversario di quell’infausto giorno in cui Peppino perdeva la vita in silenzio, dopo aver fatto sentire la sua voce libera per una vita intera, condividiamo una delle poesie di questo piccolo grande umano, per far sentire che è ancora vivo.
Lunga è la notte di Peppino Impastato
Lunga è la notte
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà il gelido vento
a riportare la luce,
né il canto del gallo,
né il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.
La lunga notte italiana
Lunga è la notte è una poesia di Peppino Impastato nel buio metaforico che ha investito la Sicilia e l’Italia per molti anni, un buio difficile da debellare e che dobbiamo ricordare anche oggi, perché anche se pare sopito, il fenomeno mafioso esiste ancora, e ne abbiamo avuto la dimostrazione qualche tempo fa, alla scoperta che il più ricercato dei boss di “Cosa nostra” si nascondeva praticamente a casa sua e, indisturbato, usciva e conduceva la sua vita in modo del tutto normale.
“Lunga è la notte e senza tempo.”
La poesia si apre con un’immagine potente: la notte lunga e senza tempo. Questa espressione evoca un senso di oppressione e di stasi, rappresentando metaforicamente il periodo oscuro che l’Italia, e in particolare la Sicilia, stava attraversando a causa della presenza pervasiva della mafia. La “notte” simboleggia l’oscurità dell’ingiustizia, della paura e dell’omertà che avvolge le società, costrette a vivere con il peso della violenza del malaffare.
“Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle.”
Il “cielo gonfio di pioggia” impedisce la visione delle stelle, simbolo di speranza e di guida. La pioggia rappresenta le lacrime, il dolore collettivo e l’oppressione che oscurano la possibilità di vedere un futuro migliore. L’impossibilità di vedere le stelle indica la perdita di orientamento e di speranza in un contesto dominato dalla criminalità e dalla corruzione.
“Non sarà il gelido vento a riportare la luce, né il canto del gallo, né il pianto di un bimbo.”
Questi versi sono pura poesia. Impastato elenca elementi che tradizionalmente segnano il passaggio dalla notte al giorno: il vento, il canto del gallo, il pianto di un bambino. Tuttavia, afferma che nessuno di questi porterà la luce. Questo suggerisce che il cambiamento non avverrà naturalmente o automaticamente. È necessaria un’azione consapevole e collettiva per superare l’oscurità.
“Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita.”
La ripetizione dell’immagine della notte lunga e senza tempo enfatizza la sensazione di un’oscurità perpetua e ineluttabile. L’aggettivo “infinita” sottolinea la disperazione e la percezione di un’assenza di fine alla condizione di oppressione e ingiustizia.
In pochissimi versi, Peppino Impastato è riuscito a trasferire il senso di oppressione che tanti umani di molte zone d’Italia hanno dovuto subire alla mercé di un potere mafioso che ha avuto la forza di poter decidere della vita, della sorte di milioni di persone.
La lunga notte dell’Italia
Questa poesia possiede una forza straordinaria perché fonde la delicatezza lirica con la denuncia civile. La “notte” evocata da Impastato è quella del cuore umano, ma anche quella del Paese, offuscato da omertà, violenza, collusioni. È una notte senza stelle, dove nessun vento o pianto sembra sufficiente a riportare la luce.
Il testo assume un valore simbolico: racconta il buio della Sicilia e dell’Italia degli anni ‘70-‘90, segnati da stragi, silenzi e complicità. Ma quel buio, come sappiamo, non è scomparso del tutto: la mafia esiste ancora e si nutre, oggi come ieri, di silenzio, paura, rassegnazione.
Peppino Impastato ci ha insegnato che fare rumore è un dovere, e ricordare è parte della lotta. La sua poesia ci invita a non abituarci mai all’oscurità e a sperare che, un giorno, la lunga notte finisca davvero.
Una minoranza violenta per molto tempo è riuscita a governare indisturbata in molte zone dell’Italia e non soltanto nelle regioni del sud Italia.
Grazie alla sottile arma della paura, le mafie hanno sempre conquistato il loro dominio. Purtroppo, tante altre volte, ed è stata anche questa la lotta di Peppino Impastato, la complicità per interessi degli stessi cittadini è diventato il maggior supporto. Trincerandosi nella paura e nel non avere nessuna possibilità di reagire, hanno di fatto beneficiato del potere mafioso.
Lungo la notte è disperazione pura, ma i versi della poesia sono il simbolo della resistenza di un uomo che con il proprio sacrificio è riuscito a sensibilizzare la coscienza collettiva di tutte le generazioni. Le tenebre che avvolgevano la sua società, sono riuscite ad illuminare le vite di molti umani che grazie ai martiri della lotta alla mafia, hanno permesso di poter garantire maggiore libertà ai loro posteri.
Ricordare Peppino Impastato è un atto di giustizia civile. È credere che il buio può essere squarciato, che le parole possono fare luce. E che la lunga notte, per quanto infinita possa sembrare, può finire se ciascuno di noi fa la sua parte.
Chi era Peppino Impastato
Giuseppe Impastato, conosciuto come Peppino, nasce a Cinisi (Palermo) il 5 gennaio 1948. La sua è una famiglia facente parte del sistema mafioso locale, sistema che lo stesso Peppino tenterà di scardinare nell’arco di tutta la sua breve vita, mediante una temeraria lotta condotta pubblicamente, tramite iniziative politiche e sociali a sostegno della legalità.
Questo suo attivismo contro la mafia lo porta a scontrarsi spesso col padre, fino all’inevitabile allontanamento da casa già da giovanissimo. Nel 1965 fonda “L’idea socialista”, un giornale di denuncia che dopo poco verrà sequestrato, evidentemente in quanto ritenuto “scomodo” per qualche personaggio influente.
Durante il 1976 promuove la formazione di un’associazione culturale denominata “Musica e cultura” e un anno dopo fonda “Radio Aut”, un’emittente radiofonica libera dai cui microfoni Peppino opera un’audace azione di denuncia nei confronti dei boss locali, in particolare del capomafia Gaetano Badalamenti.
Nel 1978 Peppino Impastato si candida alle elezioni comunali di Cinisi nella lista di Democrazia Proletaria, ma nella notte tra l’8 e il 9 maggio di quello stesso anno viene barbaramente ucciso, legato ai binari ferroviari con una carica di tritolo sotto il suo corpo. Inizialmente, la stampa e la magistratura lo dipingono come un possibile attentatore rimasto vittima del suo stesso atto terroristico, o ipotizzano al massimo un suicidio.
Nei giorni successivi all’assassinio di Giuseppe Impastato i suoi concittadini di Cinisi votano il suo nome e lo eleggono simbolicamente nel consiglio comunale.