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“La perfezione della neve”, lo straordinario inno alla natura di Andrea Zanzotto

Candida, soffice, romantica ma anche misteriosa. Perfetta, nel suo essere così com'è. Nella sua poesia, Andrea Zanzotto canta la neve e la natura.

Quella di Andrea Zanzotto è una poesia stupefacente, che attraverso un linguaggio sperimentale ci fa tuffare nel magico candore della neve. Si intitola “La perfezione della neve“, ed è una dichiarazione d’amore incondizionato alla natura.

Una dichiarazione d’amore

Leggetela tutta d’un fiato, senza porvi troppe domande. Perché, nonostante “La perfezione della neve” possa apparire una lettura ostica per via del linguaggio sperimentale che in essa adopera Andrea Zanzotto, vi assicuriamo che questa poesia è pura magia: le parole arrivano chiare, cristalline, al cuore. Proprio come se il poeta stesse usando una lingua nuova, che arriva a profondità che difficilmente vengono toccate nella vita di tutti i giorni.

L’immagine della neve si materializza dinanzi ai nostri occhi, carica di tutti i significati e le emozioni che il poeta vi trasferisce. E, attraverso la neve, Zanzotto ringrazia, celebra e ama la natura tutta, la sua perfezione, la sua bellezza inenarrabile per cui, appunto, le parole umane non sono sufficienti.

“La perfezione della neve” di Andrea Zanzotto

Quante perfezioni, quante
quante totalità. Pungendo aggiunge.
E poi astrazioni astrificazioni formulazione d’astri
assideramento, attraverso sidera e coelos
assideramenti assimilazioni
nel perfezionato procederei
più in là del grande abbaglio, del pieno e del vuoto,
ricercherei procedimenti
risaltando, evitando
dubbiose tenebrose;saprei direi.

Ma come ci soffolce, quanta è l’ubertà nivale
come vale: a valle del mattino a valle
a monte della luce plurifonte.
Mi sono messo di mezzo a questo movimento -mancamento
radiale
ahi il primo brivido del salire, del capire,
partono in ordine, sfidano: ecco tutto.
E la tua consolazione insolazione e la mia ,frutto,
di quest’inverno, allenate, alleate,
sui vertici vitrei del sempre, sui margini nevati
del mai-mai-non-lasciai-andare,
e la stella che brucia nel suo riccio
la castagna tratta dal ghiaccio
e tutto – e tutto eros, tutto libertà nel laccio
nell’abbraccio mi sta: ci sta,
ci sta all’invito, sta nel programma, nella faccenda.

Un sorriso, vero? E la vi(ta) (id-vid)
quella di cui non si può nulla, non ipotizzare,
sulla soglia si fa (accarezzare?).
Evoè lungo i ghiacci e le colture dei colori
e i rassicurati lavori degli ori.
Pronto. A chi parlo? Riallacciare.
E sono pronto, in fase dell’immortale,
per uno sketch-idea della neve, per un suo guizzo.
Pronto.

Alla, della perfetta.
«È tutto, potete andare.»

Chi era Andrea Zanzotto

Andrea Zanzotto, figlio del pittore e decoratore Giovanni Zanzotto, nasce il 10 ottobre del 1921 a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso. L’anno successivo, la famiglia si trasferisce nella contrada di Cal Santa per via del lavoro del padre. I luoghi descritti nelle poesie di Andrea Zanzotto sono proprio questi.

Nonostante i problemi dovuti alle idee politiche del padre, notoriamente antifascista, il giovane Andrea trascorre un’infanzia serena, in cui le parole, sin dal primo incontro, acquistano un ruolo fondamentale. In “Autoritratto”, è Zanzotto stesso a raccontare come già dalle scuole elementare il suo legame con la scrittura fosse radicato in lui:

“Provavo qualcosa di infinitamente dolce ascoltando cantilene, filastrocche, strofette (anche quelle del “Corriere dei Piccoli“) non in quanto cantate, ma in quanto pronunciate o anche semplicemente dette, in relazione a un’armonia legata proprio al funzionamento stesso del linguaggio, al suo canto interno”.

Ed infatti, comincia a scrivere molto presto, già nel 1936, quando frequenta l’istituto magistrale e si invaghisce di una ragazza. L’adolescenza del giovane è segnata dall’amore per le lettere e da un forte sentimento di esclusione dovuto ai continui attacchi di allergie ed asma, che gli precludono le attività proprie dei suoi coetanei. Conseguita la maturità classica, Andrea Zanzotto si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova.

Una vita per la poesia

In questo periodo, l’autore de “La perfezione della neve” scopre i poeti francesi, fra cui Rimbaud e Baudelaire, e legge gli autori tedeschi del Romanticismo.

Nel frattempo, Zanzotto collabora con alcune riviste venete e ottiene le prime supplenze, che gli permettono di aiutare la famiglia in un momento critico come quello della Seconda Guerra Mondiale.

Le precarie condizioni di salute non gli permettono di partecipare agli eventi bellici. Escluso dal reclutamento la prima volta, viene poi chiamato alle armi ad Ascoli, ma viene ben presto condotto in un ospedale militare.

Nei periodi di pausa dagli impegni militari, Zanzotto scrive. Compone versi che lo riportano a casa, che sono nutriti di speranza, di amore per le radici, per la terra, le montagne e ogni cosa che esiste e ci pre-esiste. Tuttavia, le prime raccolte poetiche dell’autore risalgono a qualche anno dopo.

Fra le più significative, troviamo: “Dietro il paesaggio” (1951), “Vocativo” (1957), “La beltà” (1968), il poemetto “Filò” (1970), “Il galateo in bosco” (1978) e molte altre raccolte, che oggi sono racchiuse in un’opera omnia che ripercorre tutta la vita e la produzione di un grande poeta del Novecento.

Andrea Zanzotto ha saputo raccontare lo spaccato di un’epoca non troppo lontana dalla nostra, ponendo al centro dei suoi versi la natura in tutto il suo splendore, in tutta la sua ineffabile aura di mistero, una natura che è segno di speranza, di un bene che, nonostante le sofferenze pubbliche – quelle storiche della guerra, della lotta partigiana, delle crisi economiche – e private – il lutto, la malattia, la depressione -, non sembra poter concedere spazio alle tenebre.

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