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“La paura” (1941) di Eva Picková, poesia sulla Shoah e sul coraggio di reagire alla tragedia

In occasione del "Giorno della Memoria", scopri cosa significa vivere "La paura", attraverso i versi della poesia della dodicenne Eva Picková.

La paura di Eva Picková è un a poesia sulla Shoah scritta da una giovanissima ragazzina di dodici anni, nata il 15 maggio del 1929 e morta ad Auschwitz il 18 dicembre del 1943. Una poesia che mette in scena l’orrore della persecuzione e la morte che arriva, senza poter reagire, fuggire, difendersi. Ricordiamo che questa bambina fu deportata prima a Terezin e dopo ad Auschwitz.

Una poesia ambientata nel ghetto di Nymburk, città della Repubblica Ceca, nella regione della Boemia centrale, dove la comunità ebraica, in quel lontano 1941, conobbe non solo l’orrore dell’aggressione dei soldati tedeschi, ma pure un’epidemia di tifo, che inizio ad uccidere le persone.

Nella poesia, l’autrice parla dell’impatto del tifo sul ghetto in cui lei, i suoi amici e la sua famiglia erano costretti a vivere. La poesia tocca i temi della vita e della morte, della sofferenza e della perseveranza. Allude anche agli aspetti più ampi e ancora più agghiaccianti dell’Olocausto.

Leggiamo questa toccante poesia sulla Shoah di Eva Picková per viverne le emozioni e per non dimenticare.

La paura di Eva Picková

Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.

I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.

Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.

Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

Il coraggio di reagire alla paura e all’orrore

La paura è una poesia sulla Shoah di Eva Picková che descrive l’impatto del tifo sulla sua comunità ebraica di una città della Boemia durante l’occupazione e la segregazione delle forze tedesche. Nella poesia, l’autrice parla dell’impatto del tifo sul ghetto in cui lei, i suoi amici e la sua famiglia erano costretti a vivere. La poesia tocca i temi della vita e della morte, della sofferenza e della perseveranza. Allude anche agli aspetti più ampi e ancora più agghiaccianti dell’Olocausto.

Eva Picková nei suoi versi parla delle persone di cui si prende cura, che soffrono e muoiono intorno a lei. La poesia trasmette il terrore di coloro che hanno dovuto subire e la paura giornaliera degli incolpevoli abitanti di quel ghetto, rei esclusivamente perché ebrei.

Nella terza strofa, la ragazzina valuta se sia meglio morire piuttosto che continuare a vivere in quelle disumane condizioni, ma cambia rapidamente idea. Decide invece che vuole, e che i suoi amici e la sua famiglia devono, vivere per rendere il mondo migliore.

Andando più in profondità nelle prime due strofe de La paura, la giovane autrice descrive l’esperienza di terrore e la paura di coloro che vivono nel ghetto, in cui lei e la sua famiglia sono stati costretti a dover vivere e dal quale non possono in nessun modo decidere di andare via.

E descrive un attimo (“Oggi”) in cui nel ghetto c’è una nuova “paura”, che non tarda a stringere la sua morsa su chiunque le stia intorno. È arrivata “la vipera del tifo”, la malattia è personificata attraverso l’immagine di un serpente velenoso, che genera morte decimando la popolazione. I bambini non vengono risparmiati, “soffocano e muoiono” come tutti gli altri.

Le righe successive trasmettono chiaramente la paura si Eva Picková nel vivere quella tragedia. Trasferisce la sua “paura”attraverso il “battito del cuore dei padri” e alle “madri” che “nascondono il viso nel grembo.” Non dice “mio padre” o “mia madre”, il che potrebbe significare che lei sia priva di entrambi i genitori.

Nella terza strofa della poesia, la piccola poetessa constata che lei vive, “oggi il mio sangue pulsa ancora”, mentre i suoi amici muoiono. Non può farci nulla e, nonostante la sua giovane età, hasolo 12 anni, si chiede se la morte sia preferibile rispetto a dover vivere quell’immane tragedia.

È un pensiero che passa rapidamente dalla sua mente, poiché stabilisce nella quarta e ultima strofa che “vogliamo vivere”. Non parla solo a nome suo, ma anche dei suoi amici e della sua famiglia. Vuole sopravvivere a questo luogo e a questo tempo e avere il coraggio di reagire per creare un mondo migliore.

Gli ultimi due versi sono un buon esempio di ripetizione: l’uso e il riutilizzo della frase “Vogliamo”. Questo afferma la sua posizione in modo chiaro e forte. Sa cosa vuole ed è determinata a vivere per vederlo.

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