La mia sera è una poesia di Giovanni Pascoli che mette in scena un momento d’inaspettata serenità, gioia, pace, dopo una vita inquieta e tormentata, qual è stata appunto quella vissuta dal poeta.
Condividiamo questa poesia in occasione dell’anniversario di nascita di Giovanni Pascoli, nato a San Mauro di Romagna il 31dicembre del 1855, un poema di grande bellezza e significato, che tra l’altro si sposa bene anche con l’arrivo del Capodanno, quale augurio per poter trovare nel prossimo anno la tanto desiderata serenità.
La mia sera fu composta nel 1900 e fa parte della raccolta di poesie Canti di Castelvecchio di Giovanni Pascoli, pubblicata per la prima volta nel 1903.
Leggiamo questa meravigliosa poesia di Giovanni Pascoli per coglierne il benaugurante significato e prenderla come stimolo per iniziare con il piede giusto il nuovo anno.
La mia sera di Giovanni Pascoli
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io… e che voli, che gridi,
mia limpida sera!Don… Don… E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.
L’inquietudine lascia spazio alla serenità
La mia sera è una poesia di Giovanni Pascoli che mediante l’osservazione del paesaggio naturale riesce a trasferire le emozioni e lo stato d’animo che il poeta vive in quel momento della sua vita.
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle.
In questi versi di apertura della poesia c’è il senso dell’intera vita vissuta fino a quel momento dall’autore. Dopo un giorno di temporali, finalmente arriva la splendida luce delle tacite stelle. Attraverso queste immagini che attingono dalla natura il poeta ci trasferisce la sensazione di pace e serenità che riesce a vivere in quell’attimo.
Il paesaggio serale infonde al poeta la magia di una sensazione che desiderava provare da tempo e il poeta lo sottolinea sul finire della prima strofa utilizzando una nuova similitudine che gli offre il paesaggio in cui è immerso, “Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera!”.
Tutto è armonia dal gracidare delle rane, alle foglie degli alberi che dopo un giorno di folate tempestose, finalmente tornano a tremolare in modo pacato, offrendo il senso di una gioia che inizia ad emergere, guarda caso come nell’animo del poeta romagnolo.
Anche nella seconda strofa, Pascoli evidenzia il ritorno alla calma e a quello stato di armonica quiete naturale, in cui si sente immerso empaticamente, “dell’aspra bufera non resta che un dolce singulto nell’umida sera”. Il poeta utilizza “dolce singulto”, assimilabile al singhiozzare di un bambino dopo aver pianto tanto. Il senso è che la pace sta per arrivare.
Della tempesta in quel paesaggio al crepuscolo non restano che le nuvole all’orizzonte colorate dalla luce del calar del sole.
In quell’attimo, Giovanni Pascoli continua nella quarta strofa, passa dalla visione del paesaggio davanti ai suoi occhi, all’immersione all’interno della propria anima. L’inquietudine che lo ha attraversato da sempre, finisce per “riposare”, ciò che prima era nero in quel momento si trasforma “in rosa”, diventa grazia, diventa serenità, positività. Sembra che finalmente la speranza di un po’ di pace possa finalmente diventare certezza.
Nella quinta strofa l’attenzione dell’autore si indirizza alle rondini, le quali dopo un giorno costrette a rifugiarsi, finalmente possono volare in cielo per potersi sfamare, l’aria serena infonde energia nuova, vitalità, possono stare tranquille che i loro nidi avranno l’attesa razione di cibo. La limpida sera diventa metafora di un benessere interiore.
Nell’ultima strofa il poeta ci offre l’ultima immagine di ciò che prova. Tutta quella pace, quella serenità, quel benessere lo riportano, attraverso i ricordi, alla casa natale, alle ninna nanna che gli cantava la madre, per farlo dormire. E quella sensazione d’amore che la madre gli donava attraverso il suono della sua voce, era così dolce, rilassante, armonico che lo conduceva al sonno.
La sensazione di quel sonno è forse per il poeta il desiderio più grande, anche per il timore di dover perdere la grazia che quell’immagine serale gli è riuscita finalmente a regalare.
Abbiamo pensato a questa poesia per augurare un buon capodanno, perché ci offre l’opportunità di riflettere sul significato che nella vita dopo la tempesta arriva sempre la pace. L’importante è saper cogliere ciò che la vita ci dona e ci offre.
La natura diventa alleata importante, seguendo i versi di Giovanni Paascoli, quando non ci sono risposte ai nostri tormenti, bisogna aver la pazienza di saper cogliere anche i più piccoli messaggi che la vita ci invia.
Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia agiata. Il padre, Ruggiero, è fattore presso una delle tenute dei principi di Torlonia. La famiglia è molto numerosa: Giovanni è, infatti, il quarto di dieci figli.
L’infanzia di Giovanni Pascoli trascorre in modo abbastanza sereno fino al 10 agosto 1867, quando una tragedia colpisce la casa: mentre torna dal mercato di Cesena, il padre di Giovanni Pascoli viene ucciso da alcuni spari. Comincia così un periodo di tristezza e difficoltà economiche, culminato con il trasferimento a San Mauro e poi a Rimini, dove il fratello maggiore di Giovanni ha trovato un ottimo lavoro.
Intanto, però, i lutti si susseguono rapidamente: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggiore, nel ’71 il fratello Luigi, nel ’76 Giacomo. Nonostante le grandi difficoltà economiche, Giovanni Pascoli riesce a completare i suoi studi classici e ad iscriversi alla facoltà di lettere con una borsa di studi all’Università di Bologna.
Gli anni universitari sono un po’ turbolenti: il giovane partecipa a manifestazioni socialiste contro il governo e nel 1979 viene arrestato.