Inni alla notte – II (1800) di Novalis, il manifesto sul valore della fede e dell’amore

22 Maggio 2025

Scopri il significato profondo del Secondo degli "Inni alla Notte" di Novalis manifesto della resistenza allo strapotere del razionale e dell'apparenza.

Inni alla notte - II (1800) di Novalis, il manifesto sul valore della fede e dell'amore

“Deve il mattino sempre ritornare?” Con questo quesito esordisce il secondo degli Inni alla notte di Novalis, una poesia, mistica e simbolica, in cui la Notte diventa immagine dell’eternità, della salvezza, dell’amore assoluto e del mistero. In questo inno, come in tutto il ciclo degli Inni, Novalis non parla solo del buio che segue il giorno, ma di una forza cosmica, spirituale e rigenerante.

Da profondo romantico, il poeta tedesco prende di mira l’eccesso di razionalità, il dominio dell’apparenza, la tirannia della “luce” a favore della più metafisica, mistica “notte”. Ciò che vive nel profondo dona sensazioni, esperienze, emozioni che la luce finisce paradossalmente per oscurare. Solo grazie all’amore e alla fede si può, anche nel regno della luce, quindi nel mondo finito, entrare in contatto con la “notte” e, quindi, con l’infinito.

La poesia fa parte degli Inni alla notte una raccolta che fu pubblicata nell’agosto del 1800 sull’ultimo numero della rivista Athenäum. Nei suoi “Inni”, Novalis parte dalla dolorosa esperienza della morte di Sophie, la sua fidanzata, per intraprendere un percorso etico e filosofico che lo porterà ad un profondo rinnovamento spirituale.

Leggiamolo questo meravigliosa poesia di Novalis per coglierne il significato.

Il secondo degli Inni alla notte di Novalis

Deve il mattino sempre ritornare?
La potenza terrestre avrà mai fine?
Consuma un vano affaccendarsi il volo
celeste della notte. E mai l’offerta
segreta dell’amore
arderà in eterno?
Fu misurato alla luce il suo tempo;
ma il regno della notte è senza tempo
e senza spazio. – Eterno dura il sonno.
Sonno santo –
non fare troppo raramente lieti
i consacrati alla notte
in questa terrestre quotidiana fatica.
Soltanto i folli non ti riconoscono
e di te nulla sanno se non l’ombra
che tu spandi su noi pietosamente
nel crepuscolo
della notte vera.
Non ti sentono
nel flutto d’oro del grappolo
nell’olio miracoloso
del mandorlo, e nel latice bruno
del papavero.
Non sanno
che tu adombri il tenero seno
della vergine e il suo grembo fai cielo
non indovinano
che uscita da antiche leggende
tu avanzi e schiudi i cieli,
portando la chiave
dei soggiorni beati,
silenzioso araldo
di misteri infiniti.

Il potere magico della notte per resistere alla razionalità

Il Secondo degli Inni alla Notte di Novalis è una meditazione lirica, mistica e simbolica in cui la Notte diventa immagine dell’eternità, della salvezza, dell’amore assoluto e del mistero. In questa poesia, come in tutto il ciclo, Novalis non parla solo del buio che segue il giorno, ma di una forza cosmica, spirituale e rigenerante.

La poesia di epoca romantica esplora la dicotomia tra giorno e notte, con la notte che rappresenta l’amore, il mistero e il divino. Contrasta l’effimero del giorno con la natura sconfinata e sacra della notte.

La poesia celebra anche il potere “rigenerante” del sonno, rappresentandolo come “il portale” che conduce ad esperienze ultraterrene e ad una connessione con il divino. Il linguaggio utilizzato evoca un senso di desiderio e trascendenza, ma manca dell’intensità emotiva che si riscontra in altre opere dell’autore. Rispetto alle altre opere, questa poesia presenta un tono più astratto e filosofico, concentrandosi sul regno metafisico piuttosto che su specifiche esperienze o eventi personali.

L’inno alla notte di Novalis contro lo strapotere del giorno

La poesia inizia con un interrogativo profondo. Novalis si interroga sul dominio della razionalità, del giorno, dell’apparenza. Il mattino e la “potenza terrestre” rappresentano la tirannia della luce, del tempo misurato, della vita attiva che non lascia spazio alla contemplazione e all’invisibile.

Novalis mette in dubbio la supremazia della luce, intesa come simbolo del giorno, della razionalità, della vita ordinaria. Il giorno è misura, affanno, limite. La Notte, al contrario, è spazio infinito, tempo sospeso, grembo del mistero e dell’anima.

Novalis sogna un mondo in cui la Notte, simbolo del mistero, del sonno, dell’inconscio e della morte come ritorno al divino, possa finalmente regnare. L’interrogativo è sulla ciclicità della luce e della vita diurna, chiedendosi se davvero il giorno debba sempre prevalere. Il mattino è simbolo della realtà concreta, della razionalità, della vita terrena e dell’attività. Ma, per Novalis, erede del Romanticismo più spirituale, questa dimensione non è sufficiente. Il poeta auspica una vittoria dell’invisibile sull’apparente, del sogno sulla veglia, della notte sulla luce.

Novalis contrappone la futilità della vita quotidiana, che si consuma nell’”affaccendarsi vano”, alla maestosità silenziosa della notte, che vola “celeste”, con grazia e mistero. È la denuncia dell’esilio dello spirito nella modernità, un tema centrale nella poetica romantica.

L’amore vero ha bisogno della notte

L’amore è visto come offerta segreta, sacra, che si consuma nella notte. Ma, il poeta si chiede se possa durare per sempre, o se anch’esso sia destinato a spegnersi nel giorno. È un dubbio esistenziale, ma anche religioso e cosmico. L’amore vero, per Novalis, non può appartenere alla luce: è sacro, invisibile, eterno, come la notte. È un fuoco interiore che vive nel silenzio, nell’ombra, oltre il tempo.

La luce è il dominio della misura, della scienza, del tempo. Ma la notte è eterno, sacro sonno. Questa è una delle intuizioni centrali della mistica romantica di Novalis. Il tempo non esiste nel regno della notte, che rappresenta il ritorno al principio, al grembo dell’essere.

Il sonno, per Novalis, è immagine dell’eternità e della pace. Non è solo riposo fisico, ma ricongiungimento con l’assoluto. Chi è “consacrato alla notte” – poeti, amanti, mistici – trova rifugio nel sonno come in un sacramento silenzioso.

Novalis si rivolge in tono di preghiera alla notte, come a una divinità salvifica, affinché non dimentichi chi le è fedele: i poeti, gli iniziati, gli amanti del mistero. Chi, come lui, ha scelto la via della notte, ha bisogno di consolazione e di visioni.

Secondo il poeta romantico tedesco, coloro che ignorano la “Notte” non sono davvero saggi, ma folli. Essi vedono solo la sua ombra esterna, non ne colgono la verità interiore. Il crepuscolo è allora soglia del mistero, momento in cui la coscienza si apre al sacro.

La “Notte è ovunque”, anche nei frutti della terra: l’uva, il mandorlo, il papavero. Questi elementi naturali, carichi di simbolismo (vino, olio, oppio), diventano manifestazioni del divino notturno, che chi è cieco allo spirito non sa riconoscere. La notte diventa matrice del divino, grembo cosmico. Il ventre della vergine è dimora celeste, e la notte è forza generativa che dà forma al mistero dell’essere. È colei che apre le porte del paradiso, che custodisce i segreti dell’anima e dell’universo. È “silenzioso araldo” perché non urla le sue verità, ma le sussurra, a chi sa ascoltare.

La Notte diventa madre cosmica, fecondatrice di cielo e mistero. È lei che schiude i cieli e apre la via verso i “soggiorni beati”: luoghi dell’anima, della beatitudine, del ritorno all’origine.

La visione romantica di Novalis

Il Secondo Inno alla notte è molto più di una poesia: è un manifesto spirituale del Romanticismo tedesco. Novalis risponde al dolore (soprattutto per la morte prematura della sua amata Sophie) con una visione mistica: la morte non è fine, ma ritorno; il buio non è assenza, ma iniziazione; la notte non è vuoto, ma portatrice di senso.

Novalis

Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg, universalmente noto come Novalis, nasce il 2 maggio 1772 in una piccola località situata nel land della Sassonia-Anhalt. Cresciuto in una famiglia profondamente religiosa, Novalis trascorre le sue giornate solitarie immerso nello studio. Nel tempo libero, coltiva la passione per la filosofia e la teologia.

Dopo aver concluso il ginnasio, il giovane si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma in parallelo porta avanti gli studi matematici e filosofici. Nel 1794 si laurea in legge con il massimo dei voti. Tre anni dopo, Novalis va incontro a due eventi drammatici che segnano per sempre la sua vita: muoiono la sua amata, Sophie, e suo fratello Erasmus. Da qui in poi, l’esperienza di fede del giovane diventa sempre più vicina alla corrente del pietismo.

Intanto, l’ambizione e la sete di conoscenza non si arrestano. Novalis decide infatti di studiare scienza mineraria con l’idea di diventare un ingegnere. Poco tempo dopo, viene incaricato di dirigere alcuni giacimenti di salgemma. Nel corso della sua vita, Novalis non ha mai smesso di documentarsi, studiare e scrivere. Le sue idee romantiche nascono, in particolare, dalla lettura di Plotino e dei filosofi neoplatonici, ma sono anche fortemente influenzate dal pietismo protestante e dal forte isolamento in cui vivono il poeta-filosofo e la sua famiglia.

Muore nel 1801 dopo un lungo periodo di malattia causato dalla tubercolosi.

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