Generoso Natale di Alda Merini è una poesia che invita a custodire l’innocenza come medicina capace di lenire il dolore del mondo. Per la poetessa dei Navigli, l’infanzia rappresenta uno stato di grazia assoluto: il tempo in cui l’essere umano vive nella piena autenticità, libero da ruoli, strategie e sovrastrutture emotive.
In questi versi, Merini suggerisce che la vera forza del Natale risiede nella verità del cuore. Non è il miracolo inteso come evento straordinario a dare senso alla festa, ma lo sguardo limpido con cui si attraversa la vita. È la stessa trasparenza che appartiene ai bambini e ai poeti, capaci di abitare il mondo senza filtri e senza artifici.
La poesia fu scritta in occasione del Natale del 2002 e compare in diverse raccolte successive, tra cui Io dormo da sola, volume firmato da Alda Merini e Giuseppe D’Ambrosio Angelillo e pubblicato da Acquaviva nel 2005.
Leggere oggi Generoso Natale significa entrare in un tempo sospeso, dove il sacro coincide con l’innocenza e la salvezza prende la forma di un sorriso infantile che accoglie il dolore senza giudicarlo.
Generoso Natale di Alda Merini
Oh, generoso Natale di sempre!
Un mitico bambino
che viene qui nel mondo
e allarga le braccia
per il nostro dolore.
Non crescere, bambino,
generoso poeta
che un giorno tutti chiameranno Gesù.
Per ora sei soltanto
un magico bambino
che ride della vita
e non sa mentire.
L’innocenza come forza che cura il mondo
In Generoso Natale, Alda Merini affida all’infanzia una funzione profondamente salvifica. Il bambino che apre le braccia al dolore del mondo incarna una forma di amore originario, capace di accogliere senza chiedere spiegazioni. In questa immagine essenziale, la poetessa riconosce una forza che nasce dalla purezza dello sguardo e dalla libertà emotiva.
L’innocenza diventa così una postura esistenziale. È la capacità di restare fedeli alla verità interiore, di abitare la vita senza maschere, di attraversare la sofferenza con una disponibilità autentica. Il Natale, nella visione meriniana, coincide con questo ritorno a una condizione primordiale in cui l’essere umano riesce a prendersi cura dell’altro semplicemente restando vero.
Come dicevamo prima la poesia è presente in alcune raccolte edite da Acquaviva, e in quella che abbiamo scelto rispetto al testo che proponiamo il terz’ultimo verso non riporta “un magico bambino”, ma “un mitico fanciullo”. È chiaro che il significato non cambia, ma è giusto evidenziare questa diversità tra le diverse edizioni in cui il poema è contenuto.
Un Natale che guarisce con l’innocente verità
L’apertura è un’invocazione che trasforma il Natale in una presenza costante, una forza che attraversa gli anni e ritorna come archetipo.
Oh, generoso Natale di sempre!
“Di sempre” porta la festa fuori dal calendario e la colloca in un tempo simbolico, quello in cui l’umanità ricorda a se stessa la possibilità di ricominciare con mitezza. La generosità, qui, è una qualità dell’esistenza: un’energia che si allarga, che si dona.
Un mitico bambino
che viene qui nel mondo
Alda Merini sceglie “mitico” per dare al bambino uno statuto doppio: creatura concreta e figura universale. Il bambino “viene qui”, entra nella materia e nella storia, scende nel quotidiano. È un Natale vissuto come incarnazione emotiva: il sacro si fa vicino, domestico, attraversabile.
e allarga le braccia
per il nostro dolore.
Il centro emotivo della poesia è questo gesto. Le braccia aperte sono un segno primario: accoglienza, abbraccio, disponibilità totale. Il bambino non arriva per risolvere il dolore con un atto spettacolare, ma per contenerlo.
Quel “nostro” allarga la scena. Il dolore non appartiene al singolo, è una condizione collettiva. Il Natale diventa così un rito civile dell’empatia: qualcuno, finalmente, si apre abbastanza da includere la sofferenza.
Non crescere, bambino,
È la preghiera più audace. La poetessa affida alla crescita un significato antropologico: crescere vuol dire entrare nelle regole non scritte degli adulti, imparare le maschere, irrigidire il cuore, addomesticare la verità. L’invocazione chiede di preservare un’età morale, una qualità dello sguardo che resta integra. Il bambino diventa una misura: finché resta bambino, il mondo conserva una possibilità di verità.
generoso poeta
che un giorno tutti chiameranno Gesù.
Qui avviene lo slittamento decisivo. Il bambino è poeta prima di essere Gesù. Merini mette al centro la poesia come forma suprema di autenticità. “Generoso poeta” significa una creatura che dona senso senza calcolo, che dice senza manipolare, che esiste senza strategia. Il nome “Gesù” arriva come destino pubblico, come riconoscimento collettivo che verrà dopo. Prima c’è l’essenza: l’innocenza che parla.
Per ora sei soltanto
Questo “per ora” sospende la teologia e lascia spazio alla tenerezza. È un tempo di attesa in cui l’identità resta semplice, non ancora caricata di funzione, dottrina, aspettative. Merini protegge il bambino dalla macchina simbolica che lo trasformerà in figura assoluta: lo tiene vicino all’umano, al presente, al respiro.
un magico bambino / un mitico fanciullo
La variazione lessicale tra edizioni (bambino/fanciullo; magico/mitico) cambia la luce, non la sostanza. “Magico” insiste sulla meraviglia, sulla potenza incantatoria dell’infanzia. “Mitico” rafforza l’archetipo, la dimensione universale del bambino come figura originaria. In entrambi i casi, Alda Merini sta dicendo la stessa cosa. L’infanzia possiede una forza reale perché è vera, e la sua verità agisce sul dolore come una cura.
che ride della vita
Il riso non è superficialità: è una forma di fiducia primordiale. Il bambino ride perché sente la vita come evento, non come prestazione. È il contrario della disillusione adulta: non rimuove il dolore, lo attraversa senza diventare cinismo. In quel riso c’è un’energia che salva perché non si irrigidisce.
e non sa mentire.
La chiusa è un sigillo morale. La menzogna qui è soprattutto sociale: il compromesso, la diplomazia emotiva, la recita che consente di stare al mondo perdendo una parte di verità. Il bambino “non sa mentire” perché non ha ancora imparato a difendersi attraverso le maschere. L’autrice suggerisce che la cura del mondo comincia proprio qui: nel recupero di una sincerità che non ferisce, ma illumina.
Custodire l’infanzia come atto di civiltà
Generoso Natale consegna una visione del sacro che parla direttamente al presente. Alda Merini suggerisce che l’innocenza non appartiene all’età, ma a una postura interiore che può essere scelta e difesa. In un tempo che premia la strategia, la prestazione e la maschera, il bambino che non sa mentire diventa una figura di resistenza silenziosa.
Il Natale, in questa prospettiva, smette di essere una ricorrenza e si trasforma in un esercizio umano: restare veri davanti al dolore, aprire le braccia senza pretendere soluzioni, abitare il mondo con una sincerità che non giudica. È qui che la poesia di Merini continua a operare, offrendo una forma di cura che passa dalla verità del cuore e restituisce dignità alla fragilità.
