“Elegia di viaggio” (1962), la poesia di Wisława Szymborska sull’ineffabilità della vita

11 Febbraio 2025

“Elegia di viaggio” è una straordinaria, intensa poesia nata dalla penna di Wisława Szymborska. Un inno alla scoperta e alla bellezza del mondo, che rimane sempre inafferrabile.

“Elegia di viaggio” (1962), la poesia di Wisława Szymborska sull’inafferrabilità della bellezza

È emozionante scoprire come la scrittura possa restituire attimi e pensieri ineffabili. Con “Elegia di viaggio”, la poetessa polacca Wisława Szymborska riflette sul tema della memoria e su come la bellezza del mondo sia inafferrabile.

“Elegia di viaggio” di Wisława Szymborska

Tutto è mio, niente mi appartiene,
nessuna proprietà per la memoria,
e mio finché guardo.

Dee appena ricordate, già incerte
delle proprie teste.

Della città di Samokov solo la pioggia,
nient’altro che la pioggia.

Parigi dal Louvre fino all’unghia
si vela d’una cateratta.

Del boulevard Saint-Martin restano scalini
e vanno in dissolvenza.

Nient’altro che un ponte e mezzo
della Leningrado dei ponti.

Povera Uppsala,
con un briciolo della grande cattedrale.

Sciagurato ballerino di Sofia,
corpo senza volto.

Ora il suo viso senza occhi,
ora i suoi occhi senza pupille,
ora le pupille di un gatto.

L’aquila del Caucaso volteggia
sulla ricostruzione d’una forra,
l’oro falso del sole
e le pietre finte.

Tutto è mio, niente mi appartiene,
nessuna proprietà per la memoria,
e mio finché guardo.

Innumerevoli, inafferrabili,
ma distinti fino alla fibra,
al granello di sabbia, alla goccia d’acqua

– paesaggi.

Neppure un filo d’erba
conserverò visibile.

Benvenuto e addio
in un solo sguardo.

Per l’eccesso e per la mancanza
un solo movimento del collo.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Elegia di viaggio”

“Elegia di viaggio” è una poesia tratta dal volume edito da Adelphi intitolato “La gioia di scrivere“, che raccoglie l’opera omnia dell’autrice polacca con testo originale a fronte e con una traduzione curata da Laura Rescio. Il componimento, in particolare, è racchiuso all’interno di “Sale”, raccolta pubblicata a Varsavia nel 1962, mai pubblicata singolarmente in Italia.

Una poesia sullo sguardo

“Tutto è mio, niente mi appartiene”: è questo il primo verso della strofa che, nel corso di “Elegia di viaggio”, si ripete come fosse un ritornello, una cosa da incidere nella memoria. Questa poesia, straordinaria, prende in rassegna alcuni dei luoghi visitati dall’autrice e ne mette in evidenza soltanto alcuni elementi: il clima, le strade, le scale…

Ne risulta un’immagine annebbiata, nebulosa, che rende alla perfezione l’idea veicolata: tutto è nostro, ma nulla ci appartiene davvero. Ciò che vediamo entra dentro di noi nel momento in cui lo osserviamo.

È un istante o poco più. Dopo, non ci appartiene più se non in un ricordo sbiadito, che per forza di cose manca di pienezza. Le cose sono nostre finché le guardiamo, ci dice Wisława Szymborska nella sua poesia. È un “benvenuto e addio in un solo sguardo”.

Una vita intera, istante dopo istante

L’idea che l’autrice polacca ci lascia in questa poesia è valida non soltanto per il viaggio, ma più in generale per la vita stessa, di cui il viaggio si fa metafora: lungo il nostro percorso vedremo luoghi, incontreremo persone, scorgeremo meraviglie indescrivibili e magari non riusciremo a vedere oltre la coltre di umidità che si staglia fra il nostro sguardo e il posto che vorremmo scoprire.

Aguzziamo la vista, apriamoci quanto più possibile al mondo, diamo valore a quell’istante, prezioso, in cui ciò che osserviamo si fa nostro, per poi tornare alla sua posizione di sempre.

La vita è un viaggio straordinario, in cui nulla è uguale ad altro, in cui tutto è “innumerevole”, “inafferrabile”, diverso fino alla “fibra”. Con i suoi versi, ,l’autrice sembra volerci dire che vale la pena di fare attenzione, lungo il percorso, per non perdersi la bellezza ineffabile che ci circonda ogni giorno senza che noi riusciamo a immagazzinarla appieno.

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