“E se” di Sibilla Aleramo: la poesia che intreccia preghiera e sogno

18 Agosto 2025

"E se", la poesia di Sibilla Aleramo che parla di un sentiero interiore e un sentiero terreno. Una poesia meditativa da leggere e comprendere. Scopri.

“E se” di Sibilla Aleramo: la poesia che intreccia preghiera e sogno

E se” di Sibilla Aleramo è una poesia che invita alla meditazione, un testo che fa riflettere e che si snoda in direzioni, come un sentiero. Parte da un gesto quasi casuale, l’entrare in una chiesetta in cima a un bosco, e si trasforma in una riflessione profonda sull’essere umano, sulla fragilità e sul bisogno di bellezza.

Non è un inno religioso nel senso canonico: è piuttosto la confessione intima di chi, pur ritenendosi “altera”, non può fare a meno di lasciarsi sfiorare dalla spiritualità, di cedere al sogno, di desiderare la grazia.

L’indecisione di fronte al sentiero

Il fascino di questa poesia sta proprio nella sua semplicità: un paesaggio, una chiesa, un prato di fieno, poche immagini naturali che diventano simboli.

Sibilla Aleramo non descrive immagini labirintiche e complesse; anzi, preferisce affidarsi a scene immediate, capaci di evocare sensazioni semplici, come quelle di una passeggiata.

Il lettore viene così guidato dentro una dimensione sospesa, tra la sacralità della chiesa e l’incanto della natura, tra la preghiera sussurrata e la carezza del vento.

Il testo si regge su un doppio movimento: salire e scendere . L’ascesa verso la chiesa rappresenta la ricerca interiore, la fatica del corpo che diventa cammino dell’anima, una meditazione quasi. La discesa verso il prato, invece, simboleggia il ritorno al quotidiano, alla terra e ai suoi doni semplici.

In entrambi i luoghi, però, il lettore si lascerà attraversare dalla stessa sensibilità di chi ha composto “E se” — Aleramo — e in un gesto di preghiera improvvisa, come nel raccogliere un filo di fieno, avrà bisogno di trattenere quel suo stesso “aroma di sogno” (V. 13).

È una poesia che parla della nostra duplice natura: spirituale e terrena, orgogliosa e fragile. L’io lirico riconosce la propria alterezza, ma al tempo stesso ammette di avere un cuore che “sempre di carità ha bisogno” (V. 14). C’è in questi versi una confessione universale: per quanto ci si possa credere forti e autosufficienti, ogni essere umano resta in attesa di amore, di cura, di una grazia che viene dall’esterno.

“E se” di Sibilla Aleramo

E se giungendo a una piccola chiesa
a sommo d’una boschiva ascesa
sola tu entri e un poco stanca,
e d’improvviso nella pace bianca
odorosa di gigli, una preghiera,
fuggitiva lusinga, mormori, tu sì altera,
sorridi pure ma non arrossire,
sorridi se vuoi ma non ti pentire!

E se ridiscendi e sul ciglio d’un prato sereno
scorgi una gerla soffice di fieno
ecco pronta qualche filo ne togli…
Sempre così sei tu che cogli
ovunque tu giunga l’aroma del sogno,
cuore che sempre di carità ha bisogno,
e non per te sola preghi, non per te sola
la buona sorte che lieve s’invola
vuoi nell’aria della sera odorosa
serrare con la piccola mano amorosa…

Alcuni passaggi chiave

“E se giungendo a una piccola chiesa / a sommo d’una boschiva ascesa”

I primi due versi simboleggiano quasi un movimento iniziatico. Quello di cui parla Aleramo non è solo un sentiero, un bosco, ma un vero e proprio cammino interiore, un percorso che l’essere umano deve intraprendere per conoscere se stesso — al di là del sacro, della tipologia del sacro in cui crede, diremmo oggi.

“sorridi pure ma non arrossire, / sorridi se vuoi ma non ti pentire!”

La prova l’abbiamo qui, con questo verso, dove la preghiera non è vissuta come dovere religioso, ma come atto intimo, quasi spontaneo. L’io lirico si dice “altera” — riferito al femminile ad Aleramo —, cioè distante, orgogliosa, eppure la preghiera sgorga comunque: un invito a non vergognarsi della propria apertura al sacro.

“Sempre così sei tu che cogli / ovunque tu giunga l’aroma del sogno”

Siamo nella seconda parte della poesia, nella parte terrena. Qui ci spiega com’è la protagonista: una donna che non si lascia sfuggire nulla, che trasforma ogni luogo in occasione di sogno.

“serrare con la piccola mano amorosa…”

L’immagine conclusiva racchiude il senso dell’intero testo. L’essere umano tenta di trattenere la sorte, il sogno, l’amore, pur sapendo che sono effimeri. La “piccola mano amorosa” è fragile ma ostinata: simbolo dell’amore che resiste, anche quando non può vincere.

Qualche parola sull’autrice

Sibilla Aleramo (1876–1960) è una delle figure più affascinanti della letteratura italiana del Novecento. La sua vita fu segnata da scelte controcorrente: lasciò il marito dopo un matrimonio infelice, dedicò la sua esistenza alla scrittura e all’impegno sociale, fu protagonista dei movimenti femminili e frequentò gli ambienti intellettuali europei.

Le sue opere riflettono questa tensione tra orgoglio e fragilità, tra desiderio di libertà e bisogno di amore.

La poesia “E se” incarna bene il suo spirito: non è una professione di fede religiosa, ma la testimonianza di una spiritualità personale, in cui la natura e la vita quotidiana diventano luoghi di grazia.

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