“Ciascuno cresce solo se sognato” (1970) di Danilo Dolci, una poesia intensa sull’educare

30 Giugno 2025

“Ciascuno cresce solo se sognato” di Danilo Dolci è un inno all’educazione autentica, alla crescita umana e alla forza del sogno condiviso.

“Ciascuno cresce solo se sognato” (1970) di Danilo Dolci, una poesia intensa sull’educare

Ci sono poesie brevi ma densissime, che in pochi versi riescono a riorientare lo sguardo sul mondo. “Ciascuno cresce solo se sognato”, componimento emblematico di Danilo Dolci, appartiene con forza a questa categoria.

Apparsa per la prima volta nella raccolta Il limone lunare (Laterza, 1970), la poesia non è solo una riflessione sull’insegnamento o sull’educazione, ma una dichiarazione d’intenti, una visione del mondo, un messaggio civile che, a distanza di decenni, conserva intatta la sua potenza.

Il sogno, nel senso della poesia, non è evasione: è l’atto più concreto, più politico, più rivoluzionario che un essere umano possa compiere su un altro.

“Ciascuno cresce solo se sognato” di Danilo Dolci

C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.

C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.

C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.

Il significato di questa poesia

Chi era Danilo Dolci

Per comprendere la forza di questi versi, occorre accennare alla figura di Danilo Dolci (1924–1997), poeta, sociologo, educatore, ma soprattutto attivista nonviolento che ha scelto la Sicilia più dura e marginale — quella di Partinico, nel dopoguerra — per trasformarla in un laboratorio di dignità e riscatto.

I suoi strumenti non furono armi, ma la parola, il dialogo, l’azione collettiva. Fu chiamato “il Gandhi italiano”, e non a caso: promosse scioperi della fame, dighe autogestite, scuole alternative, e introdusse una pratica pedagogica nuova, la “maieutica reciproca”, basata sull’ascolto, sulla cooperazione, sull’idea che ogni sapere autentico nasce dal confronto tra pari.

Dolci fu anche poeta, ma un poeta particolare: nei suoi versi non c’è mai distacco dalla realtà, bensì la volontà di attraversarla con lucidità e compassione.

Il limone lunare, raccolta poetica del 1970, è un libro che tiene insieme il dolore del presente e il sogno ostinato di un futuro migliore. In questo contesto nasce “Ciascuno cresce solo se sognato”, che in poche battute riassume tutta la filosofia di vita del suo autore.

Un solo modo di amare

La poesia è costruita come un breve percorso, fatto di tre movimenti. Tre modi di insegnare, tre modalità di relazione, tre possibilità di intendere l’educazione — e la vita.

Nel primo passaggio, Danilo Dolci scrive: “C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato”.

L’immagine scelta è fortemente evocativa: chi insegna “guidando gli altri come cavalli” compie un gesto autoritario, controllato, direttivo. C’è un capo e c’è chi lo segue. L’apprendimento è passivo, indotto, regolato. Dolci non lo condanna apertamente — “forse c’è chi si sente soddisfatto” — ma suggerisce con delicatezza che questa modalità può ridurre l’individuo, limitarne lo slancio.

Nel secondo segmento, il tono si fa più lieve: “C’è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo: c’è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato”.

Qui l’educatore è più accogliente, cerca il positivo, sorride. Il clima è sereno, l’apprendimento piacevole. Ma anche in questo caso, qualcosa manca: l’insegnamento resta “guidato da fuori”, non nasce da dentro. Non basta divertire o lodare per trasformare davvero.

Ed ecco il terzo e ultimo passaggio, il cuore pulsante del testo: “C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato”.

Qui l’educazione si fa relazione autentica. L’altro non viene guidato né blandito: viene accolto nella sua complessità, nella sua contraddizione, persino nella sua ombra. L’educatore è “franco”, cioè sincero, e si mette in gioco in prima persona.

Ma soprattutto sogna l’altro non per ciò che è, bensì per ciò che può diventare. E in questo sogno generoso, gratuito, visionario, accade la vera trasformazione.

Il verso finale — “ciascuno cresce solo se sognato” — è un distillato di umanità. Non si cresce per imposizione, né per adulazione: si cresce quando qualcuno crede in noi, quando ci immagina migliori, quando ci guarda e già ci vede oltre.

Il seme del cambiamento

In un’epoca in cui la scuola, l’educazione e le relazioni spesso si muovono tra pressioni, performance, voti e frustrazioni, “Ciascuno cresce solo se sognato” apre una via diversa: una via che ha a che fare con l’empatia, con l’etica del prendersi cura, con la forza della fiducia.

Sognare un altro essere umano non significa idealizzarlo, ma vedere in lui la possibilità, il divenire, il seme.

Nel mondo educativo, ma anche in quello affettivo, familiare, politico, questo piccolo testo è una bussola: un invito a costruire relazioni fondate sul rispetto profondo, sulla visione generativa, sulla consapevolezza che la crescita non avviene mai da soli, ma solo all’interno di uno sguardo che ci sostiene.

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