Anniversario (1949) di Eugenio Montale, poesia sull’amore vero che salva dal dolore

11 Ottobre 2025

Il 12 ottobre è il giorno della nascita di Eugenio Montale. Scopri la stupenda poesia "Anniversario" dedicata alla sua "Volpe", Maria Luisa Spaziani.

Anniversario (1949) di Eugenio Montale, poesia sull’amore vero che salva dal dolore

Il 12 ottobre 1896 nasceva a Genova Eugenio Montale, una delle voci più alte e decisive della poesia del Novecento. Per celebrare questa ricorrenza, non c’è poesia più indicata di Anniversario, una lirica che racchiude in sé il miracolo di un incontro capace di dare un nuovo senso all’esistenza, pur senza cancellare le ferite del mondo.

Questa poesia è il manifesto dell’amore che salva l’individuo dalla propria rovina interiore: un miracolo terreno, fragile e necessario, capace di curare e guarire il mal di esistere individuale, pur consapevole che l’umanità intera continua a consumarsi nella sua tragedia collettiva.
Montale riconosce all’amore la forza di salvare dal naufragio l’individuo, anche se la nave Terra, e il suo equipaggio, l’umanità, sono ormai travolte della “bufera”.

Anniversario è stata scritta nel 1949 e fa parte di Madrigali Privati, la sesta delle sette sezioni della raccolta di poesie La bufera e altro di Eugenio Montale, pubblicata per la prima volta nel giugno del 1956. Madrigali privati e è quasi interamente dedicata a uno dei grandi amori del poeta, Maria Luisa Spaziani, poetessa, aforista e traduttrice torinese, celata dietro lo pseudonimo di “Volpe”.

Leggiamo la poesia di Eugenio Montale per augurare buon compleanno al grande genio della poesia italiana, ovunque egli si trovi, e per ricordare che, anche nel tempo della distruzione, l’amore resta la sola forma possibile per poter rinascere dal mal di esistere.

Anniversario di Eugenio Montale

Dal tempo della tua nascita
sono in ginocchio, mia volpe.
È da quel giorno che sento
vinto il male, espiate le mie colpe.

Arse a lungo una vampa; sul tuo tetto,
sul mio, vidi l’orrore traboccare.
Giovane stelo tu crescevi; e io al rezzo
delle tregue spiavo il tuo piumare.

Resto in ginocchio: il dono che sognavo
non per me ma per tutti
appartiene a me solo, Dio diviso
dagli uomini, dal sangue raggrumato
sui rami alti, sui frutti.

Un amore che salva dalla rovina

Quando Eugenio Montale scrive Anniversario, nel 1949, l’Europa è ancora scossa dal dolore e dalle macerie della guerra. Il poeta vive in un mondo che ha perso la fede, la fiducia nella storia, la certezza di una salvezza collettiva. È in questo clima di disillusione che nasce la poesia, come un gesto di resistenza interiore, un atto d’amore che si oppone al disincanto del tempo.

Il titolo Anniversario non rimanda a una celebrazione convenzionale, ma a un significato molto più profondo e personale. Montale non celebra un matrimonio, né una data privata, ma la nascita di Maria Luisa Spaziani, la donna che diventerà per lui “Volpe”.

Il poeta riconosce, già nei primi versi della poesia, che la sua salvezza comincia da quel momento:

Dal tempo della tua nascita
sono in ginocchio, mia volpe.
È da quel giorno che sento
vinto il male, espiate le mie colpe.

Non è solo l’anniversario della nascita di una donna, ma l’anniversario della propria rinascita spirituale, dell’inizio di un amore che restituisce senso all’esistenza.

Questa scelta di titolo, apparentemente semplice, diventa così una chiave simbolica di grande potenza. La parola “anniversario”, nella sua quotidianità, viene elevata a liturgia laica. Un rito di gratitudine, in cui l’amore sostituisce la fede e la vita stessa diventa sacra.
È la memoria di un miracolo terreno che il poeta continua a celebrare nel tempo, come un atto di riconoscenza verso ciò che lo ha salvato dal male di vivere.

Nel cuore di questa poesia si intrecciano biografia e destino. L’incontro con Maria Luisa Spaziani, poetessa e intellettuale torinese, rappresenta per Montale una vera rinascita.

Dopo la stagione di “Clizia”, la donna-angelo ispirata a Irma Brandeis, simbolo di una salvezza celeste e inaccessibile, “Volpe” porta con sé una grazia completamente diversa.
È terrena, viva, ironica, sensuale. Non salva con la luce del cielo, ma con la presenza del corpo, con la gioia concreta dell’essere al mondo. Con lei, Montale abbandona l’astrazione e ritrova la realtà.

“Accanto a lei mi sono sentito un uomo astratto con una donna concreta,” dirà Montale per voce della stessa Maria Luisa Spaziani, che l’ha riportata in diverse interviste e, soprattutto, in occasione del suo libro di memorie “Montale e la Volpe”.

“Volpe” diventa la prova che l’amore non è solo idealità o tensione mistica, ma forza che può ancora curare, persino in un’epoca segnata dal dolore. In lei il poeta trova la grazia della materia, il miracolo della vita che persiste.

La rinascita grazie alla presenza di una donna che ama con concretezza

In Anniversario, Eugenio Montale celebra una forma d’amore diversa da quella idealizzata delle sue Muse precedenti.

La “Volpe” non è la donna-angelo che discende dal cielo per portare salvezza, ma una presenza reale, tangibile, capace di rimettere in moto la vita nel mondo terreno. Attraverso di lei, il poeta riscopre il valore della concretezza, la forza della vicinanza, la grazia di ciò che appartiene alla realtà.

La nascita dell’amata segna, per Montale, l’inizio di una nuova epoca interiore. Non è soltanto l’anniversario della donna, ma quello della propria rinascita spirituale.
È come se da quel giorno il male fosse “vinto”, le “colpe” espiate, e la vita tornasse ad avere un senso dopo la lunga stagione della bufera. L’amore non lo salva dall’esterno, ma lo redime dall’interno, trasformando il dolore in consapevolezza.

Subito dopo il poeta genovese scrive:

Arse a lungo una vampa; sul tuo tetto,
sul mio, vidi l’orrore traboccare.
Giovane stelo tu crescevi; e io al rezzo
delle tregue spiavo il tuo piumare.

In questi versi Montale evoca la distruzione collettiva della guerra e il dolore personale che ne deriva. Ma quella visione non è più disperazione, la sofferenza trova cura grazie all’amore della donna.
In mezzo al fuoco della storia, cresce un “giovane stelo”: la donna, la speranza, la vita che si ostina a ricominciare. È l’immagine della rinascita che solo l’amore concreto, quello che vive nella carne e nel tempo, può offrire.

La forza di Anniversario è proprio qui, nel rendere sacro ciò che è umano. L’amore non è più un’astrazione o un ideale, ma un atto quotidiano di fede nella vita. È un sentimento che non redime il mondo, ma che ha il potere di salvare un solo uomo e questo basta.

Nella parte finale della poesia Montale afferma:

Resto in ginocchio: il dono che sognavo
non per me ma per tutti
appartiene a me solo”,

In questi versi non esprime egoismo, ma consapevolezza. Capisce che ogni amore autentico è unico e irripetibile, che la grazia tocca il singolo ma non può essere trasmessa. La poesia diventa allora il luogo dove questa esperienza privata si fa universale, dove la salvezza individuale diventa simbolo di una possibilità per tutti.

L’amore che riporta i piedi a terra

La poesia si chiude con un immagine che dà il senso della grandezza poetica di Montale.

Dio diviso
dagli uomini, dal sangue raggrumato
sui rami alti, sui frutti.

In Anniversario non c’è un Dio che salva, ma un amore che restituisce alla vita. Eugenio Montale non cerca più la redenzione nei cieli, né nelle visioni angeliche di “Clizia”. La grazia ora abita nella realtà, nella carne, nel contatto con ciò che è umano.

È Maria Luisa Spaziani che, con la sua presenza concreta, con la sua fragilità viva,  permette di portare i piedi del poeta sulla terra, a ricordargli che la salvezza non si trova nei grandi paradigmi esistenziali, ma bisogna sporcarsi le mani con ciò che il mondo offre nella sua realtà.

L’immagine finale, quella del “sangue raggrumato / sui rami alti, sui frutti”, non è solo una ferita della storia, è anche la prova che la vita continua, che la linfa, pur segnata dal dolore, non ha smesso di scorrere.

Montale non nega il male, ma lo attraversa. E nel farlo, trova la più alta forma di spiritualità laica: restare fedeli alla realtà, credere ancora nella possibilità della bellezza.

L’amore, per Montale, non serve più a fuggire dal mondo, ma a riconciliarsi con esso. È ciò che riporta al suolo, che ancora a terra, che insegna a guardare di nuovo le cose semplici con meraviglia.

Dopo la bufera, dopo l’orrore, resta questo. Un uomo in ginocchio davanti a una donna che ama, un amore che restituisce senso alla vita.

E forse è proprio qui che la poesia trova la sua verità più profonda, non nell’ascesa, ma nel ritorno. Perché, sembra dire Eugenio Montale, la vera salvezza non è nelle altezze del cielo, ma nella capacità di restare sulla terra e continuare ad amare, nonostante tutto.

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