Andando di Luigi Pirandello è una poesia che mette al centro il difficile ed inquietante percorso dell’esistenza umana. Un viaggio filosofico che diventa riflesso della emozioni che ogni umano vive nella vita, nella difficile comprensione su quale sia il modo più opportuno per affrontare il passato, il presente ed il futuro.
Il grande genio siciliano con questa poesia conduce ad affrontare il cammino meditativo all’interno dell’esistenza umana, un percorso che si snoda tra illusioni, speranze, rimpianti e la consapevolezza dell’inevitabile fine. Attraverso una struttura lirica raffinata, Pirandello esplora il contrasto tra il futuro idealizzato e il passato trascurato, offrendo una riflessione intensa sulla condizione umana.
Andando fu pubblicata per la prima volta nella Rassegna settimanale universale il 31 maggio 1896. Si può ritrovare ancora in Psiche l’1 settembre 1896. È presenta ancora nel Fascicolo 1505 della rivista Nuova Antologia dell’1 dicembre del 1934, dove è presente insieme ad altre sette liriche di Luigi Pirandello.
Leggiamo questa stupenda poesia di Luigi Pirandello per coglierne il profondo significato.
Andando di Luigi Pirandello
A ciò che addietro nell’andar ti lasci
non badi ancora, poi che ti concede
di guardar oltre il tempo e innanzi fasci
di speranze t’accende, a cui tu miri.
Vai, cosí rischiarato, ove d’un sogno
la tentatrice immagine t’attiri
o lo sprone ti spinga d’un bisogno,
e non ti senti la catena al piede.Nulla intanto hai davanti: un’ombra vana,
un inganno mutevole, una meta
che quanto più t’accosti, s’allontana.
Ma non ancor per te scoccata è l’ora
di volgerti a guardar dietro, nel breve
cammin percorso, e innanzi si colora
l’avvenir tanto piú quanto piú lieve
è il passato che ancor non t’inquieta.Pur verrà giorno che ti sentirai
cosi forte chiamar dietro le spalle
donde non puoi far piú ritorno mai,
che per te diverrà fievole, muto
ciò che innanzi t’invita, e da te stesso
a guardar ti porrai quanto hai perduto.
Le rose che ti risero da presso
e non curasti, ecco or lontane e gialle.E con le terga ormai verso il futuro
e gli occhi assorti nel cammin percorso
andrai, men lieto quanto più sicuro,
riallacciando ognor più da lontano
le fila che correndo avrai lasciate
sospese, fino a che non apra il piano
d’improvviso una fossa alle gravate
membra, e insieme al rimpianto od al rimorso.
Il viaggio della vita tra illusioni, rimpianti e consapevolezza
Andando è una poesia di Luigi Pirandello che mostra il pensiero dell’autore riguardo all’esistenza umana, disegnato e reso manifesto attraverso i suoi versi come percorso in cui si sviluppano illusioni, disillusioni e la miriade di contraddizioni umane.
Attraverso l’uso dell’ironia tipica del pensatore siculo, esplicitato attraverso il “sentimento del contrario”, l’autore stimola a riflettere sulla natura effimera delle aspirazioni umane e sull’importanza di vivere pienamente il presente, riconoscendo e accettando le fragilità tipiche dell’umanità.
L’illusione del futuro
Il poeta inizia la poesia descrivendo l’atteggiamento tipico degli umani:
A ciò che addietro nell’andar ti lasci
non badi ancora, poi che ti concede
di guardar oltre il tempo e innanzi fasci
di speranze t’accende, a cui tu miri.
Vai, cosí rischiarato, ove d’un sogno
la tentatrice immagine t’attiri
o lo sprone ti spinga d’un bisogno,
e non ti senti la catena al piede.
L’umano che cammina (metafora dell’uomo che vive) non guarda ciò che sta lasciando indietro. Non si sofferma sul passato né su ciò che ha appena vissuto: è preso dall’inesorabile movimento in avanti.
Questo è tipico della giovinezza o di chi è mosso da un forte slancio vitale, per i quali non c’è ancora spazio per il bilancio, per la riflessione. C’è solo desiderio di procedere.
Il motivo per cui non si guarda indietro è che la vita stessa spinge a proiettarsi oltre il tempo presente, verso un futuro carico di attese.
È una concessione che sembra un dono, ma è anche un inganno sottile: l’uomo vive nel futuro più che nel presente.
Il futuro si presenta come un fascio di speranze, un insieme luminoso e promettente che attira lo sguardo e l’anima.
Luigi Pirandello costruisce qui l’immagine dell’illusione necessaria: è quella luce che ci fa avanzare, anche se non è detto che sia reale o raggiungibile.
Il cammino continua, illuminato da quelle speranze: l’uomo si sente sostenuto, quasi ispirato, dalla propria visione del domani. È rischiarato non da una luce oggettiva, ma da una proiezione interiore.
Il futuro diventa un sogno seducente, una visione che attira come una sirena. Il termine “tentatrice” non è casuale: rimanda all’idea che la speranza può anche traviare, allontanare dalla realtà.
A volte non è la speranza, ma il bisogno, la necessità concreta, a spingerci in avanti. Pirandello mette in relazione due forze: il desiderio e il bisogno. Entrambi ci muovono, ma per motivi molto diversi: uno idealista, l’altro pragmatico.
Gli umani non si rendono conto di avere una “catena al piede”. Nonostante la corsa, l’illusione del progresso, c’è una condizione umana di fondo da cui non si fugge: il tempo, il destino, la limitatezza della vita, forse la memoria stessa. Ma finché si è giovani o pieni di slancio, questa catena non si sente. Il cammino sembra libero.
In sintesi, l’essere umano, illuminato dalle speranze, avanza senza sapere ancora che quelle stesse speranze sono fugaci, e che le cose davvero importanti spesso vengono ignorate, lasciate indietro nel cammino.
L’illusione della meta
Nella seconda strofa Luigi Pirandello smaschera l’illusorietà del futuro.
Nulla intanto hai davanti: un’ombra vana,
un inganno mutevole, una meta
che quanto più t’accosti, s’allontana.
Ma non ancor per te scoccata è l’ora
di volgerti a guardar dietro, nel breve
cammin percorso, e innanzi si colora
l’avvenir tanto piú quanto piú lieve
è il passato che ancor non t’inquieta.
Il poeta evidenzia che ciò che appare come destinazione concreta, in realtà si rivela un’ombra sfuggente. È solo un inganno che si allontana man mano che ci si avvicina. Tutto diventa un miraggio, tipico della mancata consapevolezza giovanile che il futuro appare come qualcosa di magico da vivere, di fatto è un’illusione dinamica, non fissa che cambia forma, si adatta alle aspettative, si sposta come la linea dell’orizzonte.
La meta della vita, la realizzazione, la felicità attesa, è irrimediabilmente sfuggente. L’essere umano è costretto a inseguire qualcosa che non si lascia mai davvero raggiungere.
Ma la gioventù non ha ancora fatto i conti con la vita. Il futuro appare più luminoso e allettante proprio perché il passato non pesa ancora. Finché non si è segnati da esperienze dolorose, da perdite, errori o rimorsi, l’avvenire può continuare a sembrare colorato, pieno di promesse.
Il tempo stesso è un costrutto che si colora delle nostre proiezioni: quando il passato è ancora vuoto di sofferenze, il futuro sembra pieno di senso. Ma è un equilibrio fragile e destinato a spezzarsi.
Lo sguardo al passato, il momento in cui avviene la svolta
Con l’avanzare del tempo, l’individuo inizia a percepire con forza il richiamo del passato.
Pur verrà giorno che ti sentirai
cosi forte chiamar dietro le spalle
donde non puoi far piú ritorno mai,
che per te diverrà fievole, muto
ciò che innanzi t’invita, e da te stesso
a guardar ti porrai quanto hai perduto.
Le rose che ti risero da presso
e non curasti, ecco or lontane e gialle.
man mano che si va avanti nella vita, l’età che inizia a rendere più maturi, Il futuro che prima era loa forza che guidava ogni cosa con la sua spinta propulsiva di speranza e illusione, inizia a perdere il suo fascino, diventando fievole e muto, mentre il passato, con le sue occasioni mancate e le esperienze trascurate, emerge con prepotenza.
Il tema della maturità della vita diventa evidente e tangibile. Come dare torto al grande pensatore siciliano. L’immagine delle rose che un tempo sorridevano vicine, iniziano ad apparire sempre più lontane. Iniziano ad appassire perdendo la naturale bellezza mostrata prima. La vita evidentemente si fa più dura e le illusioni della gioventù, iniano a lasciare spazio alle numerose disillusioni che aumentano sempre più man mano che avanza la maturità.
Le opportunità e i momenti felici non riescono colti nel presente. Questo rimpianto è una componente fondamentale dell’umorismo pirandelliano, che nasce dalla consapevolezza delle contraddizioni e delle fragilità umane.
Il momento del rimpianto che diventa anche un rimorso
Nella parte finale della poesia, il soggetto ha ormai voltato del tutto le spalle al futuro.
E con le terga ormai verso il futuro
e gli occhi assorti nel cammin percorso
andrai, men lieto quanto più sicuro,
riallacciando ognor più da lontano
le fila che correndo avrai lasciate
sospese, fino a che non apra il piano
d’improvviso una fossa alle gravate
membra, e insieme al rimpianto od al rimorso.
Il domani con l’avanzare dell’età inizia a perdere tutto il suo interesse. Gli umani non sono più attratti dal futuro.Non c’è più slancio, ma uno sguardo continuo e profondo sul passato.
In questo movimento, l’essere umano cerca di “riallacciare le fila” di ciò che aveva lasciato in sospeso, in una sorta di ricostruzione del proprio vissuto, forse nel tentativo di comprenderlo o di redimerlo.
Il viaggio termina con l’immagine della morte: una fossa che si apre all’improvviso, accompagnata dal rimpianto o dal rimorso, a seconda del tipo di vita vissuta.
La verità arriva sempre troppo tardi
Andando di Luigi Pirandello non è solo una poesia sul tempo. È una poesia sulla celebrazione mancata del presente, sulla cecità dell’essere umano di fronte alla bellezza e all’importanza di ciò che vive nell’istante.
Luigi Pirandello esprime l’essenza del Carpe diem di Orazio, riesce a condividere l’errore del vivere costantemente “altrove”: nel desiderio del futuro o nel rimpianto del passato. Il presente, come le “rose vicine”, viene ignorato, e si colora solo dopo, quando ormai è inaccessibile.
Il poeta siciliano ci lascia con Andando un testamento poetico sull’esistenza. Il suo sguardo è lucido, tagliente, umanissimo. Senza condannare né assolvere, ci mostra la verità dell’uomo che cammina, sognando ciò che non ha ancora e dimenticando ciò che ha appena vissuto.
Solo alla fine, forse troppo tardi, si accorge del valore di ciò che ha perduto. Ma a quel punto, non resta che accettare il cammino fatto e proseguire, con le spalle al futuro e gli occhi pieni di memoria.