Alla sua donna di Giacomo Leopardi è una poesia che mette al centro la “Bellezza” come la forma più alta delle virtù umane. La vera donna d’amare non può avere parvenza reale, ma deve essere immaginata, desiderata. È una donna che non può essere toccata, in quanto deve mantenere viva l’illusione quale unica forma per poter sperare in qualcosa di immenso.
La donna a cui fa riferimento Giacomo Leopardi è la sua stessa poesia, è l’infinito desiderio di qualcosa che entra nell’animo e gli offre eterno vigore senza abbandonarlo mai.
Alla sua donna fu scritta nel settembre del 1823, all’età di venticinque anni. Questo Canto arriva dopo la delusione del trasferimento romano, durato dal novembre del 1822 al maggio 1823, in cui il poeta attraversò un periodo di forte aridità poetica.
I temi della poesia si possono già percepire nella corrispondenza che il poeta di Recanati aveva con André Jacopssen. Il 2 giugno del 1823 Leopardi nella lettera all’amico belga scriveva:
“Nell’amore, tutte le gioie che provano gli amanti volgari, non valgono il piacere che può dare un solo istante di incanto e di emozione profonda”.
La poesia è il XVIII dei Canti, la raccolta che contiene le opere poetiche principali e più conosciute di Giacomo Leopardi, pubblicata per la prima volta a Firenze nel 1831.
Ma, leggiamo adesso questa splendida poesia di Giacomo Leopardi per vivere le emozioni più intime del poeta e carpirne il significato.
Alla sua donna di Giacomo Leopardi
Cara beltà che amore
Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
Fuor se nel sonno il core
Ombra diva mi scuoti,
O ne’ campi ove splenda
Più vago il giorno e di natura il riso;
Forse tu l’innocente
Secol beasti che dall’oro ha nome,
Or leve intra la gente
Anima voli? o te la sorte avara
Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?Viva mirarti omai
Nulla speme m’avanza;
S’allor non fosse, allor che ignudo e solo
Per novo calle a peregrina stanza
Verrà lo spirto mio. Già sul novello
Aprir di mia giornata incerta e bruna,
Te viatrice in questo arido suolo
Io mi pensai. Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s’anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.Fra cotanto dolore
Quanto all’umana età propose il fato,
Se vera e quale il mio pensier ti pinge,
Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora
Questo viver beato:
E ben chiaro vegg’io siccome ancora
Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni
L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
E teco la mortal vita saria
Simile a quella che nel cielo india.Per le valli, ove suona
Del faticoso agricoltore il canto,
Ed io seggo e mi lagno
Del giovanile error che m’abbandona;
E per li poggi, ov’io rimembro e piagno
I perduti desiri, e la perduta
Speme de’ giorni miei; di te pensando,
A palpitar mi sveglio. E potess’io,
Nel secol tetro e in questo aer nefando,
L’alta specie serbar; che dell’imago,
Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.Se dell’eterne idee
L’una sei tu, cui di sensibil forma
Sdegni l’eterno senno esser vestita,
E fra caduche spoglie
Provar gli affanni di funerea vita;
O s’altra terra ne’ superni giri
Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
E più vaga del Sol prossima stella
T’irraggia, e più benigno etere spiri;
Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
Questo d’ignoto amante inno ricevi.
La vera donna d’amare è una mera illusione da non “toccare” mai
Alla sua donna è una poesia di Giacomo Leopardi in cui il poeta dona un inno alla “donna più bella”, quella che lo ispira e che lo aiuta nella sua immaginazione e nella sua ispirazione.
Per il poeta la “donna più bella” non può essere reale, non esiste in Terra. La sua “Musa” è qualcosa di “sovraumano”, qualcosa che trova vita nella sua anima e nella sua mente.
Ci preme sottolineare che non si sta parlando di misoginia, sarebbe banale percepire questo. In Leopardi l’amore per la donna è qualcosa di immenso, di grande, possiamo dire infinito.
Lui in più occasioni ha mostrato attrazione e desiderio per le donne, il problema derivava dal sentirsi non conforme alle esigenze, in termini di attrazione, femminili. Ciò gli ha provocato un’infelicità mai nascosta ed esibita nella sue poesie più belle.
Alcuni canti come Il Primo amore, A Silvia, A se stesso, solo per citarne alcuni mettono in evidenza le attenzioni femminili che mancano al poeta.
Alla sua donna un inno alla bellezza
Alla sua donna è un Canto amoroso, dedicato a questa “bella” creatura, che tanto prende ispirazione da Petrarca. La donna che il poeta “ama” non è una persona incontrata nella sua vita, ma un essere celeste, o più precisamente, un essere celebrato dall’immaginazione come una divinità.
Ciascuna delle cinque strofe della poesia si rivolge a questa donna ideale, una sorta di entità invisibile agli occhi umani. Nella poesia mentre ritrae questa donna ideale, il poeta parla spesso di sé, dei suoi desideri e delle sue fantasticherie.
Così, la celebrazione della donna ideale è al tempo stesso la celebrazione del desiderio del poeta, un desiderio incapace di trovare realizzazione nella realtà, che esiste e si ravviva nella misura in cui il suo oggetto si nega. Più la donna è introvabile, più il desiderio la cerca, le attribuisce una realtà soprannaturale e si alimenta di questa idealizzazione.
Possiamo dirlo Leopardi amava magnificarsi della sua immaginazione e più si alimentava più trovava godimento. Piaceri che, purtroppo, non viveva nella vita sociale.
La bellezza la musa desiderata
Il poeta inizia la poesia come una sorta di lettera o, meglio come un vero inno a questa “immaginaria” figura femminile.
Protagonista è appunto “beltà”, ovvero la “Bellezza” l’unica ad infondere al poeta amore da lontano, ovvero non attraverso la sua presenza reale. E allo stesso tempo tale bellezza “nasconde il viso” dice Leopardi, non si mostra fisicamente.
Appare invece come un'”ombra divina” e colpisce il cuore, soltanto quando l’autore sogna. O quando è immerso a contemplare la natura che di giorno lo circonda, quindi, quando è immerso nella sua immaginazione e nel suo pensiero poetico.
La bellezza amata da Leopardi è la stessa che è riuscita a conquistare il pensiero dei grandi classici e sicuramente riuscirà a stimolare l’attrazione delle future generazioni.
L’essenza divina dell’amata emerge anche dagli ultimi versi della prima strofa, in cui il carattere universale della bellezza appare come perenne e non contaminata dal tempo.
La donna amata da Leopardi non è terrena
Nella seconda strofa, Giacomo Leopardi ribadisce il carattere ultraterreno di questa donna. Il poeta afferma, infatti, che non ci sarà mai la speranza di poter incontrare e “ammirare” dal vivo questa meravigliosa donna, se non quando lui lascerà la vita terrena per essere accolto nella nuova sconosciuta dimora.
Solo attraverso il passaggio della morte sarà possibile per l’autore incontrare la sua amata e finalmente poter vivere le illusioni terrene.
E poi, Leopardi continua dicendo che fin dalla nascita lui immaginava lei come una guida incerta e scura, nell’arido deserto di ciò che lo circonda. Non c’è nessuna cosa sulla terra che assomigli a così tanta “bella donna”. E se anche si trovasse una donna simile in viso, poi nei fatti, nei comportamenti, nella conversazione sarebbe sicuramente meno bella della donna che il poeta ama.
Se la sua donna fosse amata anche dagli umani la Terra sarebbe in armonia
Nella terza strofa, Giacomo Leopardi offre una chiara dichiarazione della percezione che ha del mondo in cui vive e delle persone terrene. È convinto infatti che se anche il resto dell’umanità amasse questa figura femminile come l’ama il suo pensiero, la vita terrena sarebbe beata per tutti.
La visione salvifica della donna della poesia emerge con la massima evidenza. La “Beltà” rappresenta quella perfezione, quell’armonia che nessun umano sarà mi capace di rappresentare.
Quindi, il poeta sottolinea che attraverso l’amore per questa “donna” è la via per la sua salvezza, la possibilità di conseguire gioia e virtù. La vita umana è dolorosa e piena di sofferenza e affanni, ma se lei fosse reale la vita umana sarebbe simile al Paradiso.
Solo la sua amata riesce a risvegliare i palpiti del cuore
Nella quarta strofa, il poeta parla della sua vita di giovane intento a vagare per la valli di proprietà della famiglia, immerso nel dolce far nulla, che era concesso alle persone di nobili natali.
E il canto degli agricoltori impegnati nel faticoso lavoro, stride con il giovane Leopardi seduto a riflettere sulla sua esistenza e a lamentare le illusioni della gioventù che non riescono ad abbandonarlo. E proprio sui colli, dove il poeta ricorda i suoi desideri perduti, la speranza smarrisce, ma, pensando all’amata sente risvegliare i palpiti di vita.
E Leopardi dice ancora, se solo potesse conservare quella immagine divina, nel secolo oscuro, nel periodo scellerato, che quell’immagine di vera bellezza gli ha tolto, lui sarebbe appagato.
La speranza che l’amata possa accogliere le sue parole
Nella quinta è ultima strofa si eleva il desiderio che l’amata possa accogliere i versi del suo amato.
Se sei una delle eterne idee che Dio, l’eterno senno sdegna, facendola restare pura immagine, di rivestire di una forma sensibile e visibile, di un corpo terreno e corruttibile che prova gli affanni dolorosi di una vita mortale.
Oppure se ti accoglie un’altra terra, un altro pianeta fra gli infiniti mondi dell’universo che costituiscono le lontane galassie, “i superni giri” e ti illumina una stella vicina più splendente del Sole e su quella terra spiri un’aria più benigna, ricevi “questo inno di ignoto amante” da questa terra in cui il corso della vita è breve e infausto e gli anni, nel loro rapido scorrere rendono più inutile lo stesso dolore umano.
La donna amata è l’essenza dell’ispirazione poetica di Leopardi
Come si è potuto percepire, cercando di tradurre il pensiero di Giacomo Leopardi, attraverso quest'”inno alla bellezza” emerge l’incapacità del poeta di Recanati, di riuscire a vivere e a saper godere dei piaceri terreni. Nessun amore reale potrà mai prendersi cura di lui e nessuna donna terrena potrà mai rivolgergli le attenzioni che lui spera di ricevere.
L’idealizzazione della figura amata diventa l’unico modo per sopravvivere alla disillusione terrena e a dare speranza all’illusione che ci sarà un nuovo mondo dove finalmente tenenere tra le sue braccia l’amore sperato.
Allo stesso tempo, La “beltà” diventa per lui la musa ispiratrice di tutta la sua poetica. Senza la sua poesia la vita già un inferno per lui, diverrebbe solo ed esclusiva agonia. Per i lettori che trovano assurdo il senso di affrontare l’esistenza da parte di Leopardi, si può solo rispondere che senza tale sofferenza interiore non avremmo mai avuto in dono i suoi capolavori.
La sofferenza e l’ispirazione artistica, purtroppo, molte volte s’incontrano e finiscono per fondersi. A maggior ragione ciò vale per la poesia dove ogni verso, ci piace dirlo, non è esibizione stilistica, ma un pezzo della sua sofferenza interiore che cerca di essere liberata.
Nell’artista, nel poeta l’idea di bellezza travalica ogni cosa. Diventa la luce del cammino, la linfa per la propria opera, la spinta alla stessa sopravvivenza.
In Giacomo Leopardi è tangibile non c’è pace interiore. C’è la sfrenata voglia di accelerare al massimo la vita per far finire la disillusione terrena, in nome di una speranza universale che possa finalmen te offrire pace al proprio cuore.