Agosto di Hermann Hesse è una poesia che segna con sensibilità e un pizzico di malinconia un momento di passaggio della vita del poeta. Hesse ci propone dei versi che evidenziano la fine di un momento di grazia, l’inevitabile dissolversi della gioia, anche quando si manifesta nella sua forma più pura.
È il canto di un’anima che ha toccato la felicità, ma che ne avverte già la perdita imminente. Hesse ci parla con delicatezza di quanto sia struggente sapere che ciò che ci ha resi felici può svanire, lasciando dietro di sé un’eco dolcissima e malinconica.
Agosto fu scritta nel 1899 e fa parte della raccolta di poesie Gedichte di Hermann Hesse pubblicata per la prima volta nel 1902. La versione italiana fa parte del libro Le stagioni, con la traduzione curata da Maria Grazia Galli, pubblicato da Guanda nel 2021.
Il periodo in cui fu scritta la poesia coincide con il periodo in cui Hesse si trasferì a Basilea dove diventò assistente presso la libreria Reich, fino al 1903. Durante questo periodo continuò la sua attività letteraria, facendo anche molte conoscenze, sebbene fosse visto dagli altri più come un solitario e un emarginato.
Leggiamo la poesia di Hermann Hesse per coglierne la bellezza e condividere il significato.
Agosto di Hermann Hesse
Fu il giorno più bello dell’estate,
Ora, di fronte alla casa silenziosa
Tra il profumo e il dolce canto degli uccelli
Suona perduto per sempre.In quest’ora dal suo corno ricolmo
Versa con voluttà in rosso sfarzo
L’estate i suoi raggi d’oro
E festeggia l’ultima sua notte.
August, Hermann Hesse
Das war des Sommers schönster Tag,
Nun klingt er vor dem stillen Haus
In Duft und süßem Vogelschlag
Unwiederbringlich leise aus.In dieser Stunde goldnen Born
Gießt schwelgerisch in roter Pracht
Der Sommer aus sein volles Horn
Und feiert seine letzte Nacht.
Ogni attimo di luce è destinato a svanire
Agosto è una poesia di Hermann Hesse che possiamo considerare un piccolo gioiello lirico, che sintetizza e mette in evidenza, attraverso l’atmosfera del mese estivo che accompagna alla fine dell’estate, tutta la malinconia e la bellezza di una stagione felice che si chiude nel suo massimo splendore, mentre già si avverte il presagio del tempo che passa e si dissolve.
Per comprendere la poesia è necessario leggerla nel contesto della biografia del suo autore. La vita di Hesse, soprattutto negli anni giovanili, fu segnata da una costante tensione tra costrizione e desiderio di libertà. Nato a Calw e cresciuto in una famiglia pietista e severa, Hesse visse l’infanzia tra Calw e Basilea, dove si era trasferita la sua famiglia. L’educazione religiosa e le aspettative paterne pesarono profondamente sul giovane Hesse, fino a spingerlo alla fuga e a un tentativo di suicidio nel 1892, durante gli studi nel seminario evangelico di Maulbronn.
Dopo anni travagliati tra scuole, cliniche e ritorni forzati a casa, nel 1895 ottenne finalmente il permesso di iniziare un apprendistato come libraio a Tübingen. Fu il primo vero atto di emancipazione. In questa città universitaria, Hesse poté finalmente seguire la sua vocazione letteraria: lesse, scrisse, frequentò intellettuali, e iniziò a trovare la propria voce. Ma fu il trasferimento a Basilea, nel 1899, che segnò un nuovo passaggio fondamentale. Qui lavorò presso la libreria Reich, continuando a scrivere e a riflettere sulla propria identità, ancora ai margini, ma finalmente libero.
È in quel mese di agosto, durante questa transizione fragile e intensa, che nacque la poesia. Ecco perché Agosto non è solo una lirica sulla natura, ma un canto memoriale su un attimo di grazia personale: una giornata perfetta, vissuta nella pienezza del corpo e dello spirito, in cui l’autore, per la prima volta, percepì una gioia autentica — e la consapevolezza struggente che non sarebbe durata per sempre.
L’attimo di felicità che fugge via in un sitante
Hesse inizia con un tono che trapela malinconia. Quel giorno, il più bello, è già passato. Non lo vive, lo ricorda. E lo fa da una casa silenziosa, simbolo sia di un presente più quieto e riflessivo, sia della distanza emotiva con cui si osservano i momenti felici solo dopo che sono finiti.
Emerge la solitudine interiore, l’inquietudine di una vita che cerca di trovare la sua pace, la sua esistenza.
Tra il profumo e il dolce canto degli uccelli
Suona perduto per sempre.
L’esperienza sensoriale è potente, profumi e canti si intrecciano in un quadro vivo. Ma quel giorno “suona perduto per sempre”. Il verbo suonare richiama la musicalità dell’istante, è un’eco, un’armonia svanita che continua a risuonare nella memoria.
In quest’ora dal suo corno ricolmo
Versa con voluttà in rosso sfarzo
L’estate i suoi raggi d’oro
La scena diventa mitologica. L’estate è una divinità generosa che, attraverso un corno dell’abbondanza, sparge luce, bellezza, calore. L’uso dei termini voluttà, sfarzo, oro sottolinea la sensualità del momento. È l’apice dell’esperienza emotiva, che proprio nel suo culmine comincia a dissolversi.
E festeggia l’ultima sua notte.
Non c’è un addio cupo, ma un’estrema celebrazione. È l’ultima notte, vissuta con intensità e consapevolezza. Proprio perché sta finendo, quella gioia si fa ancora più bruciante e memorabile. In questo Hesse anticipa uno dei suoi grandi temi futuri: la bellezza è inseparabile dal suo svanire.
La poesia Agosto è una dichiarazione lirica di gratitudine e perdita. Hermann Hesse cattura un giorno in cui la vita gli è sembrata piena, sensuale, densa di possibilità. Un attimo che segna la nascita della sua identità di scrittore, ma anche la scoperta che ogni luce porta con sé la sua ombra. È un addio lieve, che lascia però nell’anima del lettore una traccia eterna: la consapevolezza che la felicità vera è irripetibile, e proprio per questo profondamente vera.