“A questo punto” (1973) di Eugenio Montale, la poesia che ci insegna a liberarci dalle ombre

19 Giugno 2025

Scopri "A questo punto" di Eugenio Montale, poesia della maturità che invita a sciogliersi da ogni maschera interiore. Un viaggio nell’identità, nella voce e nel distacco.

"A questo punto" (1973) di Eugenio Montale, la poesia che ci insegna a liberarci dalle ombre

C’è un momento, nella vita, in cui ci si sente pronti a mettere in discussione ogni cosa: la propria voce interiore, le certezze, persino le illusioni più radicate. “A questo punto“, poesia di Eugenio Montale contenuta nella raccolta Diario del ’71 e del ’72, ci porta esattamente lì, in quell’istante critico in cui l’ombra che ci ha accompagnati – pensiero, maschera, autoinganno – si rivela per ciò che è: una proiezione da lasciar andare.

Montale, Premio Nobel per la Letteratura nel 1975, non è nuovo a questa operazione: scavare nel linguaggio, sbucciare la realtà per arrivare al nocciolo, mostrare il vuoto e insieme la possibilità di senso. In questa poesia, però, la voce è più esplicita, più matura, più disincantata. Ed è proprio in questo disincanto che si nasconde una nuova forma di libertà.

Leggiamo la sua poesia e lasciamoci trasportare dai suoi versi.

“A questo punto”, di Eugenio Montale

A questo punto smetti
dice l’ombra.
T’ho accompagnato in guerra e in pace e anche
nell’intermedio,
sono stata per te l’esaltazione e il tedio,
t’ho insufflato virtù che non possiedi,
vizi che non avevi. Se ora mi stacco
da te non avrai pena, sarai lieve
più delle foglie, mobile come il vento.

Devo alzare la maschera, io sono il tuo pensiero,
sono il tuo in-necessario, l’inutile tua scorza.
A questo punto smetti, strappati dal mio fiato
e cammina nel cielo come un razzo.
C’è ancora qualche lume all’orizzonte
e chi lo vede non è un pazzo, è solo
un uomo e tu intendevi di non esserlo
per amore di un’ombra. T’ho ingannato
ma ora ti dico a questo punto smetti.

Il tuo peggio e il tuo meglio non t’appartengono
e per quello che avrai puoi fare a meno
di un’ombra. A questo punto
guarda con i tuoi occhi e anche senz’occhi.

Il significato di questa poesia

L’ombra: guida e inganno

La poesia si apre con una voce che si rivolge all’“io” poetico: “A questo punto smetti / dice l’ombra.” È un’invocazione strana, quasi un congedo.

L’ombra ha seguito il soggetto in guerra e in pace, è stata sua compagna, musa, nemica invisibile. L’ha esaltato e l’ha depresso, gli ha donato virtù fasulle e vizi estranei. L’ombra, insomma, è tutto ciò che nel tempo ha deformato l’identità: un pensiero parassita, una scorza superflua, una maschera troppo a lungo portata. Il tono dell’ombra è autoritario ma non ostile.

Non accusa, anzi: si confessa. “Sono il tuo pensiero, / sono il tuo in-necessario, l’inutile tua scorza.” È la voce interiore che finalmente si rivela per quello che è: un costrutto, una proiezione, una guida che ha smesso di servire.

Eugenio Montale dà corpo al momento raro – e spesso doloroso – in cui ci si accorge che non c’è nulla da salvare in certi meccanismi interiori, che per crescere bisogna tagliare via ciò che sembrava inseparabile.

Il distacco come atto creativo

L’imperativo “smetti” ricorre più volte nel testo, ma non è un invito alla resa. È, piuttosto, una spinta verso un nuovo inizio, un rilascio di energia. L’io poetico viene esortato a “strapp[arsi] dal fiato” dell’ombra e a “cammina[re] nel cielo come un razzo”.

Immagine insolita per Montale, spesso associato a simboli più scabri e terreni. Ma proprio qui sta la potenza della poesia: nell’andare oltre la terra, nel concedersi la leggerezza del volo.

La levità è un tema chiave. “Sarai lieve / più delle foglie, mobile come il vento.” Montale non invita a dimenticare o a fuggire, ma a sciogliersi dai pesi dell’autoidentificazione: le convinzioni, i pregiudizi, le paure cristallizzate. È un processo di purificazione, quasi mistico, che non ha bisogno di dogmi. Il poeta non predica: suggerisce, accenna, apre spiragli.

Umanità senza aggettivi

Verso la fine della poesia, l’ombra afferma: “Chi lo vede [il lume all’orizzonte] non è un pazzo, è solo / un uomo e tu intendevi di non esserlo / per amore di un’ombra.” Il passaggio è tra i più intensi. Ci racconta la tentazione di chi si crede fuori dal comune, superiore o diverso, ma a prezzo dell’autoalienazione.

L’ombra è quella parte di noi che ci fa credere speciali, irripetibili, ma che ci allontana dalla nostra umanità condivisa. Solo nel momento in cui la si lascia andare si può tornare “uomini”, e non è una perdita: è una liberazione.

Anche il finale è straordinario, nella sua ambiguità apparente: “Guarda con i tuoi occhi e anche senz’occhi.” Un paradosso solo in apparenza, che ci invita a guardare oltre la visione ordinaria. A vivere con autenticità, ma anche con intuizione. A essere senza dover sempre vedere.

Un invito alla rinascita interiore

“A questo punto” non è solo una poesia, ma un invito sommesso e potente a sciogliersi dalle proprie maschere.

Eugenio Montale non ci offre una verità assoluta, ma ci mostra l’istante in cui è possibile intravedere un’altra via: un sé meno costruito, meno ingannato, più leggero. In un tempo in cui si è costantemente spinti a performare, a definire se stessi attraverso etichette, aspettative e pensieri ricorsivi, questa poesia è un atto di liberazione interiore.

Una piccola epifania per chi si sente ingabbiato nei propri pensieri. Per chi, finalmente, sente che a questo punto, è tempo di smettere. Per davvero.

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