Rispetto, la parola protagonista nelle tracce della Maturità 2025

18 Giugno 2025

Scopri perché l'articolo che analizza "Rispetto" come parola dell'anno è stato scelto tra le tracce della Maturità 2025. Un tema attuale e significativo: Rispetto.

Rispetto, la parola protagonista nelle tracce della Maturità 2025

Ogni anno la Treccani seleziona una parola per raccontare il nostro presente. Un po’ come un hashtag esistenziale, uno specchio lessicale in cui proviamo a guardarci per capire chi siamo diventati. Nel 2024, la scelta è caduta su un termine che sembrava scomparso dalle bacheche dei social e persino dalle chiacchiere quotidiane: rispetto. Semplice, antico, fuori moda. Ma urgentissimo.

Tale parola è oggetto di una delle tracce uscite durante l’esame di Maturità 2025. In particolare, si tratta dell’articolo di Riccardo Maccioni, “Rispetto” è la parola dell’anno Treccani, uscito su Avvenire il 17 dicembre 2024.

Rispetto, la parola, sottovalutata, che può salvarci tutti

La scuola ha scelto questa traccia per far riflettere i maturandi su qualcosa che va oltre i libri. La parola dell’anno è un piccolo esercizio di cittadinanza attiva. È la dimostrazione che le parole non sono solo parole. Sono scelte. E che anche scrivere una traccia alla maturità può essere un primo atto di rispetto: per sé stessi, per gli altri, per il mondo che ci circonda.

Lo spiega bene Riccardo Maccioni nel suo articolo apparso su Avvenire il 17 dicembre 2024: «Una decisione che sembra un auspicio, che porta con sé il desiderio di costruire, di usare il dizionario non per demolire chi abbiamo di fronte ma per provare a capirne le ricchezze». E in effetti, mai come oggi, il rispetto sembra qualcosa da riscoprire e ricostruire: nei dibattiti pubblici, nelle relazioni quotidiane, nel modo in cui trattiamo l’ambiente, i dati, i corpi e le parole.

Viviamo nell’epoca dell’algoritmo emotivo, dove ciò che non urla non esiste. E in questo caos di like, cancel culture, indignazioni lampo e giudizi a pioggia, il rispetto si muove in sordina, senza filtri vintage o sticker brillanti. È una virtù poco telegenica, eppure essenziale. Perché dove non c’è rispetto, nasce l’arroganza, e l’arroganza è la radice sottile di ogni sopruso.

Il rispetto non è il contrario del conflitto, ma il suo migliore alleato: ci permette di discutere senza distruggere. È il codice d’onore invisibile che ci impedisce di “vincere” annullando l’altro. Non è solo buona educazione. È riconoscimento dell’alterità. È accettare che esistano visioni del mondo diverse, corpi diversi, desideri diversi. È ammettere che non siamo il centro dell’universo. È sapere che, in una società pluralistica, la convivenza richiede empatia, non omologazione.

Nel 2025, parlare di rispetto significa anche parlare di intelligenza artificiale, privacy, femminismo, diritti LGBTQIA+, disabilità, ecologia. Significa chiederci: come si declina la capacità di dialogo e accettazione nella realtà aumentata in cui viviamo?

Un errore comune è pensare che, la parola scelta, o sia un valore neutro, applicabile a tutto e a tutti. In realtà, va meritato? Va preteso? Va insegnato? La risposta è: va coltivato. E va anche scelto. Non lo si piò chiedere per le idee violente, per i comportamenti razzisti, per i valori che negano la dignità dell’altro. Il rispetto non è mai complice dell’oppressione.

Chi crede che i giovani non conoscano più di rispettare se stessi e gli altri, dovrebbe farsi un giro nei collettivi scolastici, nei gruppi trans-femministi, tra i ragazzi che manifestano contro l’alternanza scuola-lavoro o che chiedono spazi sicuri per essere se stessi. Il riguardo, per loro, è spesso un atto radicale: non forma, ma contenuto. Non cortesia, ma posizione politica.

E in questo senso, la scelta della Treccani è tutto fuorché banale. È un invito a riscrivere il vocabolario non con la penna del perbenismo, ma con quella della partecipazione consapevole.

Forse “rispetto” è davvero la parola che serviva nel 2024. Dopo anni segnati da pandemie, polarizzazioni, guerre, crisi ambientali e tensioni sociali, il mondo ha bisogno di rammendare i suoi tessuti strappati. E il primo filo da usare è quello del rispetto: lento, resistente, discreto. Ma capace di tenere insieme tutto. Una parola tanto leggendaria quanto banale, che molto spesso viene sottovalutata e la prima a essere sottratta, quando dovrebbe essere una delle poche parole a dover aver importanza.

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