Scopri l’origine di “OK”, una parola che ormai fa parte della lingua italiana

30 Marzo 2025

La parola "OK" è ormai diventata globale. Ma, com'è nato e come si è diffuso questo termine che milioni di persone utilizzano tutti i giorni?

Scopri l'origine di "OK", una parola che ormai fa parte della lingua italiana

Semplice, immediato, universale. La parola “OK” è probabilmente tra le più riconosciute e citate al mondo. La diffusione della globalizzazione che ha come lingua ufficiale l’inglese ha reso la parola presente in tutte le culture del Pianeta. Ma da dove viene davvero? Perché la usiamo anche in Italia? E com’è che un’espressione così piccola è riuscita a conquistare il pianeta?

Proviamo a condividere alcune informazioni riguardo all’origine storica di un termine che ormai fa parte a pieno titolo della lingua italiana e del nostro parlato.

L’origine della parola OK

Per offrire un’origine accreditata da valide fonti della parola “OK” riprendiamo un articolo del Los Angeles Times dedicato alla scomparsa di Allen Walker Read, uno dei più illustri etimologi statunitensi. Fu proprio Read ad iniziare la ricerca sull’origine della parola, quando nel 1941 in qualità di ex assistente di ricerca del Dictionary of American English, pensò di aiutare i vecchi amici che lavoravano ancora nell’Istituto a trovare un riferimento storico ad OK per “aggiungere un po’ di freschezza alla loro voce”.

L’etimologo americano Scoprì che “OK” non derivava dalla parola Choctaw okeh o oke, una teoria popolare all’epoca. Né deriva da “aux cayes”, il porto haitiano di Aux Cayes da cui veniva esportato il rum pregiato. Oppure olla kalla, che in greco significa “tutto buono”. O da Orrin Kendall, che produceva un biscotto dell’esercito migliore della media, tanto per citare alcune convinzioni in auge fino alla sua ricerca.

Sapendo che il primo uso generale dell’OK è iniziato nel 1840, Read iniziò a fare un accurata ricerca utilizzando gli organi d’informazione di quel decennio, quindi principalmente i giornali dell’epoca. Allen Walker Read riuscì a documentare, e la cura delle fonti è la chiave tra gli etimologi, che “OK” stava per “Old Kinderhook”, un riferimento al presidente Martin Van Buren, nativo di Kinderhook, N.Y., che si candidò senza successo alla rielezione per le presidenziali americane del 1840.

Read scoprì che i democratici che sostenevano Van Buren si erano soprannominati il “Club Democratico dell’O.K.”. Più tardi, uno scrittore che sosteneva Van Buren chiese: “Non direte O.K.? Vai avanti!”.

L’etimologo anni dopo incalzato dalla concorrenza scientifica di altri etimologi riguardo alla vera origine della parola “OK” decise di non fermare la propria ricerca e di andare ancora più a fondo riguardo alla sua scoperta.

Lo studioso americano trovo  una fonte ancora più antica: un giornale di Boston del 1838 che usava scherzosamente le iniziali per frasi come G.T.D.H.D. (give the devil his due) e O.K.K.B.W.P. (one kind kiss before we part). In questo vernacolo, “OK” stava per “all correct” (tutto corretto), scritto per gioco come “oll korrect”.

La sua prima apparizione certa, nella forma “OK”, seguendo la scoperta di Read, risale al 23 marzo 1839, nel The Boston Morning Post. Nell’edizione del sabato Charles Gordon Greene cercò di prendersi gioco del Providence Journal inserendo l’abbreviazione “o.k.” alla fine di un paragrafo. Successivamente l’espressione venne ripresa anche da altri giornali, sia nella forma abbreviata che in quella estesa “oll korrect”.

La diffusione di OK in Italia

La parola inizia a circolare in Italia ben prima della seconda guerra Mondiale. Basta dire che la tesi di Allen Walker Read era già confermata da Alfredo Panzini nella sesta edizione del suo Dizionario Moderno del 1931, che aveva registrato la sigla O.K., sciogliendola in “all correct”, la stessa glossa della più antica attestazione accertata di o.k. (precisamente in questa forma), contenuta nel su citato articolo a firma C. G. Greene sul Boston Morning Post del 23 marzo 1839.

Nel libro Così si parla in America di Carlo Rossetti del 1937, l’autore italiano citava il termine, scrivendolo come “okay”.  Il termine però conobbe la sua circolazione più diffusa con lo sbarco in Italia dei soldati statunitensi durante la seconda guerra mondiale.

Si afferma anche un più maccheronico “occhei”, adattamento dell’originale americano. Anche i due gesti universalmente noti, che ne rappresentano la “traduzione” gestuale iniziarono a diventare sempre più manifesti: la mano chiusa con il pollice alzato verso l’alto; il pollice e l’indice uniti a formare un cerchio, con le rimanenti dita posizionate all’insù. L’ascesa dell’utilizzo del termine soi consolidò sempre di più diventando parte integrante delal nostra lingua.

Riguardo alla diffusione in Italia, ci sono altre ipotesi sull’origine del termine. Una di queste molto credibile è legata allo sbarco in Italia delle forze USA. Seguendo questa interpretazione, il termine “OK” è entrato nel linguaggio italiano comune dopo la Seconda Guerra Mondiale. Al termine di un combattimento i militari americani facevano un giro di perlustrazione per contare o recuperare i soldati rimasti uccisi durante le battaglie.

Alla fine scrivevano su una bandiera il numero dei morti seguito dalla lettera K, l’iniziale di “Killed” che in inglese significa “uccisi“ . Quando, in rari casi nessuno era morto, sventolavano la bandiera con scritto OK. Zero uccisi. Questo simbolo si è così trovato ad indicare una situazione in cui tutti stanno bene.

Ci sono ancora altre interpretazioni riguardo all’origine del termine OK. Dal nostro punto di vista riteniamo che queste siano le più credibili, se ci riferiamo alla diffusione del termine così come ormai lo utilizziamo.

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