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Binge watching, alla scoperta del neologismo legato al mondo delle serie tv

"Ho fatto binge watching tutto il giorno". Quante volte sentiamo pronunciare questa frase senza afferrarne appieno il senso? Oggi andiamo alla scoperta di un neologismo che è sempre più presente nel linguaggio e che ha origini antiche.

Al mattino al lavoro occhiaie scure, sbadigli e nessuna voglia di dare inizio la giornata. Sono tutti i sintomi del “binge watching“, termine sempre più presente nelle nostre conversazioni ma talvolta poco chiaro, soprattutto per chi non è molto avvezzo al mondo delle serie tv.

Cos’è il “binge watching”

Il termine “binge watching” ha cominciato a circolare in Italia dapprima sul web, qualche anno fa, quando Netflix e le altre piattaforme di streaming più note si affacciavano sul mercato nazionale offrendo prodotti seriali al grande pubblico. Si sa, guardare un film significa prendersi un paio d’ore alla sera e dedicarsi alla visione solo per quel tempo, che è ben definito dal principio alla fine. Con le serie tv, è tutto un po’ diverso.

Ti siedi sul divano, trovi una serie che pensi possa piacerti, o una che ti è stata consigliata e di cui hai sentito parlare dappertutto e ti avventuri. La prima puntata vola, e magari si tratta di un episodio che ti induce a guardarne subito un altro. Via con la seconda, e con la terza, perché le puntate della serie tv durano decisamente meno di un film, e all’inizio non ci si accorge di star passando così tanto tempo davanti ad uno schermo.

Ecco cos’è il “binge watching”: letteralmente, divorare, abbuffarsi di un prodotto audiovisivo che, nella maggior parte dei casi, è proprio una serie tv per via della sua natura non autoconclusiva. Ora che lo sapete, magari state pensando a tutte le volte che avete fatto binge watching, immergendovi nel mondo delle vostre serie tv preferite per ore senza avvertire la necessità di riemergerne.

Alle origini del termine

Il termine “binge watching” non ha esattamente un’accezione positiva. Se andiamo a rintracciare le sue origini, scopriamo che si tratta di un binomio, ovviamente proveniente dalla lingua inglese, composto dal lemma “binge” e da “watching”. Su “watching” possiamo essere abbastanza rapidi: il “guardare” ha a che fare con l’audiovisivo. Il termine “binge”, invece, ha una storia più ingarbugliata.

Facciamo un passo indietro fino al Medioevo, quando negli antichi dialetti di matrice britannica “binge” indicava l’ammollo di contenitori di legno per prevenire perdite. Il lemma si è poi perso nelle pieghe del tempo fino ad apparire, nell’inglese del XIX secolo, ad indicare l’assunzione esagerata di alcolici: “to binge” voleva dire “bagnare fradici se stessi” mediante l’alcol, bere come una spugna, diremmo noi italiani, per usare una delle nostre espressioni idiomatiche.

La nascita del neologismo

Risale al secolo successivo l’impiego, in lingua inglese, del termine “binge” associato tanto a “drinking” quanto ad “eating” nei trattati medici e psicanalitici per designare gli eccessi nell’assunzione di alcolici e nell’alimentazione. Nel 1959, infatti, “binge eating” compare per la prima volta negli studi di medicina riferiti ai disturbi dell’alimentazione. Oggi, anche in Italia ci sono alcune patologie che vengono raggruppate sotto l’etichetta del “binge disorder eating”.

Qualche decennio dopo, ecco apparire per la prima volta negli Stati Uniti il termine “binge watching” che solo da qualche anno è approdato anche in territorio italiano.

Fra gli anni ’70 e gli anni ’80, con la nascita di serie cult come Ai confini della realtàStar Trek e Monty Python’s Flying Circus, pare quasi naturale coniare il nuovo termine da associare al fenomeno dei prodotti seriali. Perché come ci si abbuffa di cibo, senza quasi rendersene conto ed annullando qualsiasi altra azione del proprio quotidiano, ci si abbuffa di serie tv, puntata dopo puntata, senza rendersi conto del fluire del tempo e delle giornate.

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