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”Wild” di Cheryl Strayed, in Italia l’acclamato caso della letteratura di viaggio al femminile dell’anno

A soli 22 anni, Cheryl perde tutto: sua madre, che muore prematuramente di cancro; il compagno di quest’ultima, che si risposa con un’altra donna...

A soli 22 anni, Cheryl perde tutto: sua madre, che muore prematuramente di cancro; il compagno di quest’ultima, che si risposa con un’altra donna; i suoi fratelli adottivi, che non la considerano più parte della famiglia; e suo marito, al quale non riesce più a essere fedele. Quattro anni più tardi, non avendo più niente da perdere e dopo essersi ribattezzata “Strayed” nel firmare le carte per il divorzio, Cheryl fatica a uscire da un tunnel di autodistruzione, fatto di sesso e droga, e decide che è ora di andare avanti. Si ricorda di un libro che aveva preso in mano in un autogrill, una guida per percorrere il Pacific Crest Trail – una strada selvaggia che parte dal Mojave Desert e attraversa la California e l’Oregon fino allo stato di Washington. E, da qui, decide di intraprendere il più grande viaggio della sua vita: camminando per più di mille miglia, con uno zaino pesante soprannominato “Monster” e un paio di scarponi di una misura più stretta, Cheryl guarderà in faccia la bellezza della natura. E riscoprirà, finalmente, anche quella dell’essere umano – il quale, ogni volta con un volto diverso, le saprà offrire gentilezza e nuove storie da raccontare.

 

Rimasto a lungo al primo posto nella classifica dei best-seller del New York Times, l’ultimo romanzo di Cheryl Strayed – Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail – è il nuovo, acclamato caso della letteratura di viaggio al femminile dell’anno. Ma se è vero che la sua storia – dichiaratamente autobiografica – può rimandare per molti versi a quella di Tracks (1995), il libro con cui Robyn Davidson raccontava di come all’età di 27 anni aveva attraverso il deserto australiano con un cane e tre cammelli, è anche vero che l’autenticità e l’originalità del suo romanzo sanno distanziarsi di gran lunga da qualsiasi altra opera letteraria sul genere vi possa venire in mente. Questo accade, in gran parte, proprio perché la Strayed non è mai stata un’avventuriera; non all’inizio, almeno: la sua più grande ambizione, nella vita, è sempre stata, piuttosto, quella di scrivere un libro. E infatti, prima di dare vita a Wild…, nel 2006 pubblicava Torch: la storia di due bambini del Minnesota che devono affrontare la morte prematura della loro madre, in quello che non è un memoir ma che contiene di sicuro alcuni degli elementi del genere letterario.

 

“I felt right in my pushing, as if the effort itself meant something. That perhaps being amidst the undesecrated beauty of the wilderness meant I too could be undesecrated, regardless of what I’d lost or what had been taken from me, regardless of the regrettable things I’d done to others or myself or the regrettable things that had been done to me. of all the things I’d been skeptical about, I didn’t feel skeptical about this: the wilderness had a clarity that included me.”

 

Tempestivamente adattato per il grande schermo dallo scrittore inglese Nick Hornby, con il titolo più minimalista di Wild e per la regia di Jean-Marc Vallée, il film è stato presentato in anteprima al London Film Festival ed è interpretato dall’attrice Reese Witherspoon (quest’anno in odore di Oscar proprio per la sua toccante performance nei panni della Strayed). D’altronde, la sola storia su carta è già intrisa di un disarmante appeal cinematografico, che scaturisce dal potente connubio fra una penna così abile e un’esperienza tanto straordinaria. Ancora di più se le descrizioni dell’autrice richiamano volutamente il mito – saldo e indistruttibile – della scrittura di Jack Kerouac e Bruce Chatwin; e, al contempo, restituiscono intatta e privilegiata una visione tutta al femminile del viaggio, impetuoso e spietato, di quella che è in primis una donna. Coi suoi pregi e i suoi difetti.

 

Eva Barros Campelli

19 ottobre 2014

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