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Walter Siti, ”Vincere il Premio Strega cambia la vita dal punto di vista economico, non professionale”

Aumentano gli impegni ed il rendiconto personale, ma non cambia l’approccio personale con la scrittura e la letteratura. E’ questa la sintesi di un anno da “vincitore in carica” del Premio Strega secondo lo scrittore Walter Siti...

Protagonista a Gavoi, l’autore di “Exit Strategy” ci spiega come è cambiata la sua vita da “vincitore in carica” del Premio Strega e anche cosa andrebbe rivisto a suo parere dell’attuale formula del prestigioso premio letterario, che lo ha visto vincitore nel 2013

 

MILANO – Aumentano gli impegni ed il rendiconto personale, ma non cambia l’approccio personale con la scrittura e la letteratura. E’ questa la sintesi di un anno da “vincitore in carica” del Premio Strega secondo lo scrittore Walter Siti, vincitore dell’edizione 2013. Protagonista a Gavoi dell’Isola delle Storie lo scorso week end, l’autore di “Exit Strategy” ci spiega anche cosa andrebbe rivisto a suo parere dell’attuale formula del prestigioso premio letterario.

 

Come nasce la sua passione per la lettura?

E’ nata quando ero molto piccolo. La lettura era l’alternativa allo stare insieme agli altri, cosa che non mi piaceva molto, per cui mi ritiravo all’epoca sotto qualche albero d’estate o vicino al caminetto d’inverno a leggere un libro che mi procuravo alla Biblioteca comunale, in quanto in casa non c’erano libri e non avevamo soldi per comprarceli. Mi sono divorato classici come Dostoevskij, Shakespeare… La letteratura era un mondo alternativo, dove potevo rifugiarmi.

 

E’ stato recente protagonista all’Isola delle Storie di Gavoi. Di cosa si è parlato nel corso dell’incontro “Povera Patria”?

C’erano molte persone all’incontro. Il titolo l’abbiamo un po’ dribblato, nel senso che non si è parlato tanto dell’Italia contemporanea, cosa di cui nel mio ultimo libro si parla abbastanza. L’incontro è stata una rivisitazione del mio percorso in generale, in cui si è parlato dei rapporti tra vita-letteratura in generale, senza riferimenti politici.

 

Il suo ultimo romanzo è “Exit Strategy”. Qual è a suo giudizio la strategia giusta per uscire dalla crisi dell’uomo contemporaneo?

Il mio libro parla del tentativo da parte di un singolo di uscire da un’ossessione privata, quella sessuale, riconvertendo il cervello in un’altra dimensione di desiderio che non sia quella del possesso. Questo meccanismo per una società diventa più difficile da applicare: una società ha una specie di inerzia che tende a spingerla in una certa direzione, indipendentemente dalla volontà dei singoli individui. Nel corso dell’incontro a Gavoi abbiamo cercato di capire quali altri valori si potevano sostituire in questo momento a questa ideologia del denaro che, prima della crisi, sembrava dominante.

 

Quali sono questi valori?

C’è chi dice che occorre insegnare ai giovani che esistono cose che non si possono comprare o vendere, come i sentimenti, i rapporti umani. Io però ho voluto mettere tutti in guardia sulle soluzioni troppo facili di tipo moralistico, facendo notare che oggi ai tempi dei social network anche l’amicizia, ad esempio su Facebook, sembra sia diventata qualcosa che si può comprare e vendere…

 

Si è da poco concluso il suo anno da “vincitore in carica” del Premio Strega. Cosa ha significato per lei, sia dal punto di vista personale che professionale?

Da un punto di vista personale, è cambiato che nei primi 3 mesi dopo la vittoria sono aumentati gli impegni: sono stato costretto ad andare in giro per l’Italia. Poi però, dovendo ultimare di scrivere il mio ultimo libro uscito a marzo, ho dovuto limitare questi appuntamenti. Vincere lo Strega ha anche dei risvolti economici importanti: quando sono arrivati a fine anno i rendiconti delle vendite del 2013, il bilancio è stato molto buono e quindi mi è arrivata una cifra consistente che per me che non nuoto nell’oro vuol dire che per un paio d’anni posso permettermi di fare quello che voglio senza essere obbligato a fare delle cose per guadagnare per forza.

Dal punto di vista umano e della scrittura, non è cambiato nulla per quanto riguarda il mio rapporto con la letteratura. Ho quasi 68 anni e sarebbe stupido se per un Premio letterario cambiassi direzione. Da questo punto di vista, i premi letterari non spostano nulla. Io continuo a fare del mio meglio, come facevo prima.

 

In merito al Premio Strega, secondo lei il format va ripensato, in particolare quello televisivo?

In televisione non l’ho visto, essendo impegnato lì direttamente. Dal tipo di rapporto che si era creato sul palco tra il salottino televisivo allestito e la diretta che stavamo facendo, ho avuto l’impressione che il problema per la televisione sia che si riprendesse tutto in tempo reale, la cosa risulterebbe molto noiosa. Per la tv si ha bisogno evidentemente di inserire egli elementi, delle interviste all’interno della diretta per renderla movimentata. La cosa che al momento non funziona è che tutto quello che viene trasmesso in televisione non arriva al pubblico del Ninfeo. Sembrano due mondi che non s’incontrano, con delle attese inspiegabili. Occorrere integrare un po’ meglio i due pubblici, quello televisivo che è a casa con quello presente al Ninfeo.

 

Oggi si celebrano i funerali di Giorgio Faletti. Qual è il suo ricordo?

Sinceramente non lo conoscevo bene. Ho letto un paio dei suoi libri e l’avevo visto diverse volte a teatro ed al cinema. La cosa che mi colpiva di lui, oltre al fatto di essere un uomo molto attraente, è stata il suo eclettismo, una specie di talento mobile capace di applicarsi in tanti settori, riuscendo a fare delle cose molto dignitose nella musica, nel cabaret, nella scrittura. Non è una dote molto italiana, è più americana. Da questo punto di vista, Faletti era un personaggio molto anomalo.

8 luglio 2014

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