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Viaggiare alla ricerca di libri antichi

Sentirne la presenza, fra la folla. Percepirne il richiamo del tutto silenzioso: neppure l’eco di un flebile sussurro, neppure uno spostamento, millimetrico, d’aria. C’è già un’intesa segreta, fra noi...

Sentirne la presenza, fra la folla.

Percepirne il richiamo del tutto silenzioso: neppure l’eco di un flebile sussurro, neppure uno spostamento, millimetrico, d’aria.

C’è già un’intesa segreta, fra noi.

Pochi passi ancora, e, finalmente, vederlo. Talvolta si nasconde, talvolta, invece, fa sfoggio di sé, impavido. Mi invita a scoprirlo, non ha pudori, neppure quando fa capolino fra mille altri.

 

Ecco, ci siamo, sei sotto la mia pelle morbida e bianca, sei velluto che accarezza i polpastrelli, sei seta purissima che scivola sinuosa sotto le mie mani.

Ci apparteniamo.

Dischiudo il tuo corpo muto, respiro il tuo profumo penetrante, mi nutro delle tue viscere e mi disseto del tuo sangue. Ora sei parole, memorie, storie, riflessioni. Ora fai parte di me e io di te.

 

Il libro non è un ente chiuso alla comunicazione: è una relazione, è un asse di innumerevoli relazioni”.

Jorge Luis Borges

 

Scegliere un libro è danzare al ritmo di un minuetto, con passi minuti, ma sguardi audaci. Sono coinvolti tutti i sensi, non è una questione solo di mente, si tratta di un’irresistibile infatuazione.

Io amo il mondo del vintage, ossia la struggente nostalgia di epoche mai vissute, che, nonostante tutto, ci appartengono, come la collana in filigrana custodita nel primo cassetto del comò della nonna, mai indossata attorno al collo, ma che ha impresso un segno, una sorta di calco su gesso, all’interno del nostro cuore.

E adoro i libri dalle copertine logore, con motivi geometrici o floreali, dalle pagine ingiallite, delicate come le ali di un pulcino, e fissate alla rilegatura con punti allentati a causa delle troppe lune trascorse. 

Ci vuole la sapienza di un amante esperto per possederli nella totalità della loro essenza, senza violarne la sofisticata e soave bellezza.

Per inseguire l’anima turbolenta della mia passione, percorro innumerevoli vie, da Copenhaghen, a Londra, a Parigi.

Mi mischio fra la folla di mercatini densi di odori e profumi o mi insinuo, come un gatto fra le grate, in piccoli negozi immersi nella penombra, dove sono esposti, accatastati, ricordi attraversati da una vena di dolce malinconia.

Gli oggetti antichi hanno il gusto dei dolci alle mandorle amare, quelli che crepitano nei forni del cuore della mia isola natale, nelle case dai muri in pietra e dalle tende di pizzo inamidato, che adornano le finestre.

Spesso mi fermo a parlare, per alcuni minuti, con i rivenditori. Alcuni hanno occhi chiari e profondi come laghi, circondati da un reticolo fitto di rughe, come se un ragno vi avesse tessuto il suo capolavoro con caparbietà e maestria. Discorriamo di libri, di edizioni limitate, di bauli ritrovati e poi disserrati, in cui sconosciuti racchiusero le proprie vite, affinché, un giorno, in un tempo imprecisato, altri ne facessero parte, leggendo le medesime righe, sfogliando le medesime carte.

Non vi citerò nessun titolo. Immaginatelo. Sognate il tomo che vorreste possedere, anche solo per un attimo fugace, il tempo di un bacio.

 

Ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine”.

Paul Auster

 

Emma Fenu

22 agosto 2014

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