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Vanessa Diffenbaugh, “Ecco il mio nuovo romanzo, tra natura, maternità e problematiche sociali”

A quattro anni di distanza del suo romanzo d’esordio “Il linguaggio segreto dei fiori”, successo editoriale planetario senza precedenti, Vanessa Diffenbaugh ritorna con il suo nuovo libro, “Le ali della libertà”...

Abbiamo intervistato Vanessa Diffenbaugh, l’autrice americana best-seller con il suo romanzo d’esordio, “Il linguaggio segreto dei fiori”. Ci ha parlato del suo ultimo libro, “Le ali della vita” uscito in questi giorni per i tipi di Garzanti

 

MILANO – A quattro anni di distanza del suo romanzo d’esordio “Il linguaggio segreto dei fiori”, successo editoriale planetario senza precedenti, Vanessa Diffenbaugh ritorna con il suo nuovo libro, “Le ali della libertà” (ed. Garzanti). Una storia di formazione: un ragazzo adolescente che cerca il suo posto nel mondo, una giovane donna che dovrà imparare a essere madre dei suoi figli, un nonno appassionato collezionista di piume di uccelli.

 

Dopo il grandissimo successo del suo romanzo d’esordio, in molti si sarebbero aspettati un sequel per cavalcare l’onda…

Sì, in effetti mi è stato chiesto spesso se avrei mai scritto un seguito de ‘Il linguaggio segreto dei fiori’. Io ho sempre risposto che non avevo mai pensato di dare un seguita a quella storia. Però c’è anche da dire che nel primo finale che avevo pensato per quel romanzo, la madre sarebbe tornata dalla figlia a distanza di 15 anni. Era una conclusione che io adoravo: una madre che torna da una figlia ormai adolescente e insieme devono riuscire a costruire un rapporto. Il mio editor mi ha poi suggerito di cambiare questo finale. Quando poi mi sono seduta alla scrivania per scrivere questo secondo romanzo – nel frattempo ho avuto anche l’esperienza dell’adozione di mio figlio Trevor, in cui ho dovuto davvero cercare di creare un legame con un ragazzo adolescente – ho capito che, in realtà, avrei ricominciato proprio da dove avevo interrotto.

 

Come è stato affrontare questa sua seconda fatica narrativa, con il peso sulle spalle di un grandissimo successo all’esordio?

È stato molto difficile e in effetti non è che non me lo aspettassi. Le persone mi mettevano in guardia, mi dicevano ‘Stai attenta, il secondo romanzo è ancora più difficile’. Io non pensavo che avrei avuto tutti questi problemi: di mio non leggo molte recensioni e non bado molto al giudizio dei giornali. Quello che invece mi sta molto a cuore sono i miei lettori. Quindi mi sono messa a pensare a cosa potessero volere i miei lettori, cosa li aveva portati ad amare la mia prima storia o cosa li aveva invece fatto storcere il naso. Questo in effetti mi ha messo un po’ sotto pressione. Ma quando le cose diventano complicate ho sempre pensato che l’unica soluzione è impegnarsi ancora di più. C’è stato addirittura un momenti in cui, per trovare la concentrazione necessaria, sono andata a stare in hotel. Lì ho scritto anche per 36 ore di seguito. Sono molto soddisfatta del risultato, e spero possa essere così anche per i miei lettori.

 

Quanto troviamo della donna e della madre Vanessa Diffenbaugh ne “Le ali della vita”?

Quando inizio a scrivere un romanzo penso sempre che non ci metterò mai nulla riguardante la mia vita. Poi succede che, mentre scrivo, mi accorgo di come alcuni fatti e alcune situazioni siano capitate anche a me, le abbia in qualche modo vissute sulla mia pelle. In questo romanzo c’è parecchio di mio, per esempio il fatto di riuscire a stringere un rapporto con un ragazzo di quindici anni, che ha già una sua personalità formata e delle sue idee. È quello che mi è successo con l’adozione di Trevor. Letty, la protagonista de ‘Le ali della vita’, si trova in una situazione analoga, perché fino a quel momento erano state altre persone a crescere i suoi figli; riuscire a costruire un rapporto con loro equivale a riscoprirli e conoscerli forse per la prima volta.

 

Anche in questo romanzo, come ne “Il linguaggio segreto dei fiori”, la natura ha un ruolo importante…

Sono cresciuta in una cittadina della California del Nord, circondata da zone verdi e da frutteti. Ovviamente, da adolescenti, non avevamo molto altro da fare oltre a prendere le nostre biciclette per fare lunghe passeggiate nei campi. Sì, ho passato tantissimo tempo immersa nella natura, la amo profondamente, quindi penso sia normale riversare questo mio amore nei miei romanzi. È vero, nel primo si dava grande spazio ai fiori, in questo lo si dà alle piume degli uccelli, ma comunque la natura è un elemento narrativo che mi permette di parlare degli argomenti che più mi stanno a cuore. Nel primo romanzo ho voluto parlare di adozione e affidamento, in questo voglio parlare di istruzione, immigrazione e tante problematiche sociali che sono attualissime negli Stati Uniti. Ma per me un libro non è veramente vivo finché non ritrovo al suo interno degli elemento naturali.

 

Essendo cresciuta a stretto contatto con la natura ed essendone così appassionata, non è strano che abbia scelto una strada più letterario/artistica che scientifica?

Io non sono assolutamente una scienziata, ma conosco molto persone che lo sono. Mio fratello, per esempio, ha studiato cambiamenti climatici a Standford, è un eccellente scienziato e la persona più lontana dall’arte che io conosca. Eppure ci sono stati molti momenti della nostra vita in cui ci siamo resi conti che le nostre menti sono molto simili, forse perché la scienza, quando arriva a un determinato livello, diventa creativa. Su questi binari si sviluppa il rapporto tra il nonno e Alex, il protagonista adolescente del libro. La creatività del nonno e la mente matematica di Alex, combinandosi insieme, danno origine a un bellissimo legame.

 

Prima ci ha raccontato della full immersion di scrittura da 36 ore in un hotel. La carriera di scrittrice e la carriera di madre sono compatibili, secondo lei?

Scrivere il secondo romanzo è stato difficile. So che in passato molte scrittrici hanno abbandonato le famiglie e i propri figli per poter seguire la loro vocazione letteraria. In particolare ho scoperto di recente che anche Doris Lessing ha abbandonato la propria famiglia. Se io dovessi scegliere tra mio marito e i miei figli,  oppure la mia carriera, io sceglierei senza dubbio la famiglia. Secondo me, comunque, non è necessario scegliere, le due attività possono coesistere. Al giorno d’oggi forse può essere difficile, i genitori moderni vogliono essere forse anche troppo presenti nelle vite dei figli e riuscire a ritagliarsi del tempo per scrivere può essere complicato. Bisogna organizzarsi.

 

20 maggio 2015

 

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