Una vita tutte curve è quella che preferisco.
Non mi piacciono le strade piane, ma le sterzate, l’ebbrezza del moto irregolare, i battiti del cuore che si uniformano alla linea dei tornanti.
Se si vuole raggiungere la sommità di un monte, infatti, bisogna scalarlo o, muniti di scarponcini da consumare, di biciclette su cui sudare o di un auto su cui dimostrare la propria maestria di provetti piloti, prepararsi ad un’ascesa a spirale, prima di godere della solennità del panorama.
Le curve, dunque, portano in alto, senza l’ausilio di ali, oppure, su un terreno pianeggiante, permettono di addentrarsi e di scorgere ciò che nella retta via, talvolta, si perde. Se si opta per il sentiero curvilineo, pertanto, si taglierà il traguardo più stanchi e più in ritardo, ma con i chilometri “posseduti” nelle membra e nell’anima, non solo attraversati.
“A me piace trovare le curve nei rettilinei”.
Tonino Guerra
Ma ci sono altre curve sulle quali cui vale la pena di soffermarsi, quella di un sorriso o quelle che disegnano il corpo di una donna.
Elisa D’Ospina, nel suo libro, edito nel 2014 per Giunti, è di queste ultime che si propone trattare, tramite un linguaggio semplice, chiaro e chiarificatore.
E’ la storia, narrata in prima persona, di una ragazza in carne, dalle forme morbide, che riesce ad accettare, inizialmente con fatica, la propria fisicità, così diversa dai modelli di bellezza imposti dai media, e che, dopo un percorso di crescita personale e autostima, arriva non solo ad affermarsi come top model, senza straziarsi in diete snaturanti e nocive, ma perfino ad essere testimonial contro i disturbi alimentari.
Nelle pagine di “Una vita tutta curve” possiamo ritrovarci tutti.
In primis esse veicolano un messaggio di salvezza per gli adolescenti che, cercando di rispondere a canoni estetici inumani, incappano in siti web che esaltano Ana e Bia, sillabe apparentemente suadenti e innocue, che celano, invece, una religione dell’orrore, i cui adepti finiscono, in bilico, sull’altare del sacrificio mortale. I loro veri nomi sono, infatti, Anoressia e Bulimia.
Ma non è solo un libro per teenagers, ma per quanti credono nel fascino di un viso segnato dalle rughe, quali tatuaggi originali dipinti dalla vita, piuttosto che levigato dall’uso improprio del botulino o degli interventi di chirurgia estetica, che non devono essere demonizzati, ma posti al servizio della salute e della bellezza.
Mi intristisce lo spettacolo di uomini e donne che, nell’assurda pretesa di cancellare la memoria, l’identità e la peculiare individualità, i beni più preziosi che abbiamo, si battono per sollevare gli zigomi e celare incipienti calvizie.
“La bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l’una all’altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, e un possesso per tutta l’eternità”.
Oscar Wilde
Durante gli stralci della mia vita trascorsi nel mondo arabo, osservavo le donne passare, davanti a me, chiuse nel burqa. Alcune erano ombre silenti, che tradivano appena, fra il nero del tessuto, le forme di chi ha cresciuto più figli che sogni; altre erano figure snelle e fiere, con i profili della veste scura ricamati con dettagli colorati e con il velo fermato da una spilla luccicante; altre erano simili a dee lunari, tondeggianti e misteriose, dai visi scoperti solo nell’ovale morbido e dagli occhi sapientemente bistrati.
Occorre domandarci se, spesso, la nudità ostentata, nei paesi di cultura occidentale, frutto della magia di Photoshop e di una vita svilita nella ricerca affannosa e sterile di un’irreale perfezione, sia da intendersi come libertà conquistata o, invece, come il fardello acuminato di un novello cilicio, posto sotto un burqa di carne.
“La bellezza non è qualcosa per cui si gareggia: ciascuno ha qualcosa di bello da scoprire; l’attenzione è la chiave della scoperta”.
Dacia Maraini
Emma Fenu
6 ottobre 2014
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