“Una stanza per Momoko” di Chisako Wakatake è un romanzo breve e concentrato, poco più lungo di 100 pagine, che contiene dentro di sé una vita intera. È uno di quelli che definiremmo “libri coccola” e che si promette tale sin dalla copertina dove un bel gattone se ne sta accoccolato in attesa di un grattino dietro le orecchie.
L’autrice, Chisako Wakatake non è una giovane promessa, ma una scrittrice che ha trovato la sua voce in età matura, dopo la morte del marito. È allora che ha iniziato a scrivere, trasformando il dolore in un linguaggio sobrio e potente.
Con le sue parole, Chisako Wakatake stringe in un abbraccio caloroso i lettori di “Una stanza per Momoko” dopo averli portati di fronte a una vita di vuoti e rinunce, mostrando loro cosa significa la parola “rinascita”.
L’esordio di Chisako Wakatake
Wakatake ha vinto l’Akutagawa Prize, il riconoscimento letterario più importante del Giappone, sorprendendo tutti per la capacità di raccontare la solitudine senza giri di parole.
Con “Una stanza per Momoko” torna a parlare della condizione femminile in modo intimo e confidenziale: una scrittura che sembra sussurrare nelle orecchie del lettore per raccontare e raccontarsi.
“Una stanza tutta per Momoko” è davvero un libro coccola?
Momoko è una donna che da giovane ha lasciato la provincia per inseguire i suoi sogni a Tokyo; tuttavia, la vita è andata avanti e quel sogno si è perso tra amore, famiglia e doveri. Ora, Momoko è sola e si guarda indietro, accorgendosi che una parte di sé è persa chissà dove per strada…
Il romanzo racconta questa riscoperta lenta e dolorosa, fatta non di grandi eventi, ma di piccoli gesti quotidiani.
“Momoko cuoce il riso ogni giorno così impara a volersi bene un chicco alla volta.”
È questa frase, semplice e luminosa, che racchiude il senso del libro.
Non ci sono eventi eclatanti nella storia di Momoko: non è una super eroina, una spia, una modella o una star; la sua è una storia come un’altra, come la nostra e come la vostra, una storia che riguarda tutti. Quante volte anche noi abbiamo sacrificato i nostri desideri per gli altri? Quante volte ci siamo messi da parte senza nemmeno rendercene conto?
Ma Wakatake ci mostra che la solitudine, spesso vissuta come una condanna, può invece diventare uno spazio fertile. Non un vuoto, ma un’occasione per trovare il proprio centro e guardarsi con occhi nuovi.
Lo stile di Wakatake
La scrittura di Wakatake è scarna e poetica insieme, capace di dire l’essenziale senza mai scivolare nel sentimentalismo. Ogni pagina ha il ritmo di un respiro trattenuto, come in una conversazione a due, e ogni frase sembra un sussurro che contiene molto più di ciò che dice.
Non sorprende che la critica internazionale abbia lodato la sua “finezza linguistica ed eleganza profonda”: dietro le parole misurate si nasconde una forza emotiva che colpisce con precisione.
“Una stanza per Momoko” è un libro che parla soprattutto a chi ha l’impressione di aver perso il filo della propria vita, una sorta di “libro di auto-aiuto” — anche se di auto-aiuto non è — che potremmo paragonare ai bellissimi libri esperenziali del grande autore italiano Gianluca Gotto.
Non promette soluzioni miracolose, ma invita a ricominciare dall’inizio, dalle cose più semplici, da un chicco di riso, da un piccolo gesto di cura verso se stessi. È un romanzo che, una volta chiuso, continua a risuonare: non tanto per ciò che racconta, ma per ciò che risveglia dentro di noi.
Non è mai troppo tardi per rinascere, ci dice Wakatake. E questa è forse la lezione più universale che un romanzo possa offrire.