Un anno quasi perfetto (Rizzoli), romanzo corale scritto da Giacomo Visconti, racconta un intenso spaccato di vita attraverso gli occhi di Alessandro Laghi, un giovane professore che si trasferisce dalla provincia di Bologna a Roma per insegnare in un liceo scientifico. Alessandro si trova di fronte a una sfida cruciale, non solo come insegnante ma anche come individuo in costante evoluzione.
Il libro Un anno quasi perfetto si distingue per la sua natura corale, dove la storia di ciascun personaggio non è isolata ma si intreccia con quella degli altri, creando una rete complessa di relazioni ed emozioni. Ogni studente diventa una voce importante nel mosaico narrativo, e attraverso le loro vicende personali emerge la dimensione più intima della vita scolastica. Non si parla solo di lezioni in aula, ma delle sfide che questi giovani affrontano ogni giorno: l’amore, l’amicizia, il senso di appartenenza e la ricerca della propria identità.
Serena, ad esempio, rappresenta l’immagine di una giovane donna alle prese con le aspettative familiari e sociali, mentre Marco deve affrontare le sue paure e le incertezze sul futuro. Jocelyn è la figura che cerca di ribellarsi agli schemi prestabiliti, mentre Edoardo e Rebecca esplorano il mondo delle relazioni e dell’amore adolescenziale. Christian e Paolo, con le loro rispettive vicende, completano il quadro di un gruppo eterogeneo, ma unito da un percorso comune.
Questo libro non è solo un racconto di formazione, ma anche una profonda riflessione sulle esperienze e le dinamiche umane che attraversano le vite di persone diverse e interconnesse.
Un anno quasi perfetto di Giacomo Visconti
Sinossi del libro
Alessandro arriva a Roma con grandi aspettative e un entusiasmo genuino verso il suo nuovo ruolo. Con il suo ingresso in classe, porta non solo i libri per insegnare, ma anche la voglia di instaurare un dialogo autentico con i suoi studenti. La scuola diventa quindi il terreno in cui non solo si impartiscono lezioni di letteratura, ma dove si scambiano insegnamenti di vita.
I ragazzi con cui Alessandro entra in contatto sono Serena, Marco, Jocelyn, Edoardo, Rebecca, Christian e Paolo. Ognuno di loro porta con sé un mondo di emozioni, sogni, paure e sfide.
Questi giovani protagonisti rappresentano l’umanità nelle sue varie sfumature: c’è chi insegue grandi aspirazioni, chi deve fare i conti con insicurezze profonde, chi commette errori e impara da essi, ma anche chi lotta per comprendere chi è e cosa desidera dal futuro. Nel corso del romanzo, il rapporto tra insegnante e studenti evolve, svelando come l’apprendimento non sia un processo unidirezionale: Alessandro non è solo colui che insegna, ma anche chi riceve e cresce grazie alle esperienze dei suoi ragazzi.
Lezioni che vanno oltre la letteratura
Un aspetto fondamentale del romanzo è la consapevolezza che le lezioni più importanti che si imparano a scuola non sono sempre quelle legate ai libri di testo. Gli insegnamenti di Alessandro vanno oltre la letteratura, perché ciò che i suoi studenti gli trasmettono riguarda l’essenza stessa dell’esperienza umana. Nel corso dell’anno, il professore scopre che la crescita e l’apprendimento non sono limitati all’età o al ruolo. Sia gli studenti che Alessandro si confrontano con i loro limiti, i loro difetti e i loro sogni infranti, ma è proprio attraverso questi momenti che emergono le lezioni più preziose.
Visconti ci mostra che, in fondo, le sfide che ogni individuo affronta, indipendentemente dall’età o dal ruolo che riveste, sono spesso simili. L’insegnamento diventa una metafora del percorso umano: imparare a essere se stessi, a sbagliare, a rialzarsi e a costruire relazioni significative con chi ci circonda.
Romanzo di formazione e riflessione
Un anno quasi perfetto non è solo la storia di un professore e dei suoi studenti, ma un romanzo di formazione che invita il lettore a riflettere su ciò che significa crescere, imparare e confrontarsi con le proprie paure e aspirazioni. Giacomo Visconti riesce a tessere una trama coinvolgente e autentica, capace di toccare corde profonde e universali.
L’intreccio tra le vite dei vari personaggi rende il romanzo una lettura empatica e densa di significato, dove ogni lettore può ritrovare una parte di sé, sia nelle paure dei giovani protagonisti, sia nelle riflessioni di un adulto che si riscopre in continuo divenire. Le sfide che affrontiamo, a qualsiasi età, sono parte di un viaggio che non ha mai fine, e Visconti ci ricorda che, anche nei momenti più difficili, c’è sempre una lezione da imparare e qualcosa da scoprire su noi stessi e sugli altri.
Intervista a Giacomo Visconti
Il libro è un romanzo corale, dove diversi personaggi si intrecciano tra loro. Cosa ti ha spinto a raccontare la storia attraverso molteplici punti di vista?
Il mio modo di concepire il sapere, in generale. Siamo Uno, Nessuno e soprattutto Centomila. C’è bisogno di tanti punti di vista per comprendere il reale. E’ stato molto difficile mettere da parte il professor Laghi, che può considerarsi il mio alter ego, il che mi porta inevitabilmente a rispondere alla seconda domanda.
Alessandro Laghi è un giovane insegnante che cerca di ispirare i suoi studenti e allo stesso tempo impara molto da loro. Quanto c’è di autobiografico nel personaggio di Alessandro?
Io ho donato ad Alessandro il nome, che avrebbe dovuto essere il mio, se la tradizione di famiglia non avesse voluto che io portassi nome e cognome del nonno paterno. Gli ho donato le origini bolognesi, il trasferimento a Roma e la passione. Ma Alessandro mi permesso di fare quello che io non riesco: Alessandro sceglie di pancia, usa il cuore. Io sono troppo razionale.
I personaggi degli studenti (Serena, Marco, Jocelyn, ecc.) affrontano sfide molto diverse tra loro. Come hai costruito le loro storie e quali temi universali hai voluto mettere in risalto?
Essere insegnanti significa “guardare” e guardare ha in sé la radice della sentinella. Ecco, come una guardia ho messo in azione le antenne e ho guardato tante storie che mi passavano davanti. Ovviamente, sono tutte romanzate e ci parlano di inclusione, diversità, orientamento scolastico, social network, genitori e… non posso dirtelo, per non svelare il finale a sorpresa.
Nel romanzo, ci sono delle lezioni che non riguardano solo la letteratura. C’è un episodio o un insegnamento che senti particolarmente importante e che vorresti trasmettere ai lettori?
Ho sempre pensato che la letteratura potesse salvarci la vita, ma forse quando la vita irrompe con violenza non è poi così vero. In questo romanzo, ho voluto percorrere un’altra strada: ho tolto alla letteratura il suo potere salvifico. Chi sa come la prenderanno i lettori
Il passaggio dalla provincia di Bologna a Roma rappresenta per Alessandro un grande cambiamento. Cosa simboleggia questo spostamento geografico e come influenza il suo modo di insegnare e di vivere? Alessandro lascia le sue certezze, perché gli stavano strette e si fa esempio per i suoi ragazzi. Laghi ha paura, proprio come loro, ma non si insegna con le parole, bensì con l’esempio e la testimonianza. trasferirsi è stato per lui un dovere morale.
Nel libro, Alessandro entra in classe con l’entusiasmo di chi sa di avere qualcosa da insegnare, ma anche molto da imparare. Credi che questo scambio reciproco sia fondamentale nell’insegnamento moderno?
Non ci possiamo mettere dietro o sopra una cattedra e trasmettere contenuti. Le conoscenze sono amplificate dai social media e non possiamo stare dietro a tutto: un insegnante deve dare gli strumenti per districarsi nella complessità del reale e calarsi lui stesso in un naufragio che deve essere dolce, per dirla con Leopardi.
Oggi si parla spesso di una “crisi” dell’educazione scolastica. Qual è la tua visione sullo stato attuale dell’insegnamento in Italia e quali sono, secondo te, le sfide maggiori che gli insegnanti devono affrontare?
Tre sono gli ostacoli: la presenza invasiva delle famiglie, e sottolineo invasiva, perché la loro presenza è necessaria; l’eccesso di burocrazia; e la connessione costante, che porta al cosiddetto burnout.
Nel romanzo i personaggi affrontano paure e insicurezze tipiche della gioventù. Come pensi che la scuola e gli insegnanti possano supportare i ragazzi non solo accademicamente, ma anche nel loro sviluppo emotivo e personale?
Come in qualche modo ho già detto, ponendosi come primi inter partes, e non al di sopra. Tuttavia, devono restare primi, perché il rapporto non può e non deve essere simmetrico: ci sono dei ruoli che vanno rispettati. Insegnanti e genitori non sono amici.
Il tuo romanzo affronta temi come sogni, paure, errori e lezioni. Come pensi che la scuola possa essere un luogo non solo di formazione culturale, ma anche di crescita personale?
Dobbiamo riflettere di più sulla parola desiderio, la mancanza di stella così forte che ci spinge a desiderarla. E le stelle sono tante, milioni di milioni, direbbe una pubblicità: per questo è necessario l’orientamento scolastico, sin dalla più tenera età. Dobbiamo riflettere di più sulla parola desiderio, la mancanza di stella così forte che ci spinge a desiderarla. E le stelle sono tante, milioni di milioni, direbbe una pubblicità: per questo è necessario l’orientamento scolastico, sin dalla più tenera età.
Nel mondo contemporaneo, dove il ruolo dell’insegnante è spesso messo in discussione, quale pensi sia il valore che l’educazione scolastica tradizionale può ancora offrire ai giovani?
É fondamentale riconoscere il ruolo dell’insegnante nella società, e questo passa anche da un riconoscimento economico. Purtroppo, siamo tra le categorie più sottopagate in Europa, e direi nel mondo. Se nemmeno le Istituzioni investono nella cultura, possiamo fare ben poco. Certo, da parte nostra, insegnare non può essere un ripiego.
Cosa ti ha ispirato a scrivere questo libro e a concentrarti sulle sfide della vita, a qualsiasi età? La voglia di riscattare me stesso e tante persone che avrebbero voluto per sé una scuola diversa. Queste pagine ti riportano a scuola e la narrazione è così potente che spero possa avere un effetto catartico.
Quale messaggio speri che i lettori portino con sé dopo aver letto il tuo libro?
Spero trovino il tempo di capire cosa desiderano dalla loro vita, la mettano in discussione e vivano vite realizzate, perché, come dicevano gli antichi, tempus fugit.
L’autore
Giacomo Visconti è nato a Bologna nel 1991, dove si è laureato prima in Lettere moderne con una tesi sulle patologie dell’Inferno dantesco, poi in Italianistica, con una tesi sulle epistole del Petrarca e infine si è diplomato come Archivista di Stato. Vive a Roma, dove insegna alle scuole superiori. Il suo canale di divulgazione linguistica e culturale totalizza milioni di visualizzazioni.