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Timur Vermes, ”Nella società di oggi, i dittatori esistono ancora”

Le persone hanno semplificato troppo la loro considerazione di Hitler: se oggi tornasse, si renderebbero conto che in realtà lui avrebbe molto più appeal di quanto non pensino. È quanto affermato da Timur Vermes, l'autore di ''Lui è tornato'', libro che ci chiama a ripensare, attraverso questa figura storica, quanto siano ancora insidiose certe vecchie idee...
Il giornalista e scrittore tedesco ci presenta il suo romanzo d’esordio, “Lui è tornato”, campione di vendite in Germania e all’estero, tradotto in 25 lingue

MILANO – Le persone hanno semplificato troppo la loro considerazione di Hitler: se oggi tornasse, si renderebbero conto che in realtà lui avrebbe molto più appeal di quanto non pensino. È quanto affermato da Timur Vermes, l’autore di “Lui è tornato”, libro che ci chiama a ripensare, attraverso questa figura storica, quanto siano ancora insidiose certe vecchie idee. La storia ha inizio quando Hitler si risveglia nella Berlino del 2011, trovando una Germania completamento diversa da come la ricordava. Si getta dunque di nuovo nell’agone politico, per iniziare una nuova carriera, ma naturalmente tutti lo credono uno straordinario imitatore, il ritratto esatto del Führer, dunque perfetto per fare il comico in televisione, spopolare su youtube e i social network. Lui però non scherza affatto, anzi è semplicemente se stesso.

Come le è venuta l’idea per questo libro?

Da una vacanza in Turchia. Mi trovavo a Taşucu, un piccolo paese sul mare, e c’era un mercatino di libri usati. Lì ho trovato una versione inglese di un libro di Hitler, dal titolo “Hitler’s second book”. Non ne avevo mai sentito parlare, perché, almeno in Germania, non era mai stato pubblicato. L’idea che Hitler avesse scritto un secondo libro mi suonava così  assurda che ho cominciato a pensare: “Se le cose stanno così, potrei scrivere io il terzo”.

Perché ha scelto di trattare un argomento così delicato, che tocca una grande tragedia del passato, attraverso una storia comica, a tratti esilarante?

Non credo che quello che ho fatto sia stato trasformare una tragedia in commedia. In verità ho mescolato elementi piuttosto tradizionali. Ho scritto la storia di un viaggio nel tempo, tema molto frequente in letteratura, e ho scelto come protagonista una persona con cui nessuno vorrà mai trovarsi d’accordo, specialmente in Germania. L’ho fatto in primo luogo perché è stato molto, molto interessante per me scrivere questo libro. Il personaggio di Hitler, la sua logica, il modo in cui le persone lo seguivano erano tutti aspetti che mi affascinavano. Per me è stato spassoso e istruttivo allo stesso tempo scrivere dialoghi divertenti da cui imparavo sempre qualcosa. Se si legge il libro, si può ascoltare la difesa del “Mein Kampf” (che quasi nessuno della mia generazione in Germania si azzarderebbe a sostenere), si può sentire Hitler spiegare il PERCHÉ ha fatto ciò che ha fatto. Al di là di scrivere testi divertenti, mi piace spiegare cose difficili in modo semplice. Insomma, per me questo libro è stato puro infotainment.

Pensa che il suo libro abbia un potere catartico?

Lo spero. Di sicuro ha un effetto in qualche modo scioccante, perché fa vedere che le persone, per la maggior parte, hanno semplificato troppo la loro considerazione di ciò che Hitler ha rappresentato e mostra loro che, se tornasse oggi, conoscerebbero un Hitler diverso da come se lo immaginano: “gli Hitler” continuano sempre a fomentare le persone e a diffondere le loro idee stupide. Ora, questo Hitler torna, pensa cose strane, e tuttavia c’è una qualche logica in ciò che sostiene, è gentile con la sua segretaria, è intelligente, manipolatore e – si nota – queste sue abilità sono sufficienti a renderlo in un certo senso affascinante, quanto meno più affascinante di altri politici o della media della altre persone. Il potere catartico del libro potrebbe essere proprio questo: ci si rende conto che c’è molto da ri-pensare.

Quali sono i modelli e riferimenti per il suo stile di scrittura così ironico? Rispecchia un suo modo di vedere la vita?
Il mio stile è una miscela di quello che ho imparato da altri autori e scrivendo per i tabloid. Mi piacciono le commedie con un ritmo spedito, le battute di spirito di Woody Allen, quella maniera di gonfiare tutto oltre misura tipica di una sitcom come “Seinfeld”, ho amato “Il diario segreto di Adrian Mole”, che fa qualcosa di molto simile a quello che ho fatto io, non con Hitler ma con un ragazzino.
Non è un mio modo di vedere la vita. Non sono sicuro di averne uno. Resto sempre scioccato dalla constatazione di quanto velocemente corra il tempo. Non hanno installato un freno o qualcosa del genere da qualche parte? Dov’è il dannato libretto di istruzioni?

Se Hitler tornasse realmente, pensa che il nostro mondo oggi rifiuterebbe le sue idee? La storia insegna davvero qualcosa, è davvero magistra vitae?

Beh, questo Hitler non tornerà, ma le sue idee, o altre stupide idee, non moriranno mai. Le si impacchetta in maniera diversa, si dà loro un altro nome e le persone pensano che si tratti di qualcosa di nuovo. Prendiamo per esempio l’Ungheria.  Nella stessa città dove si trova il memoriale delle “Scarpe sulle rive del Danubio” [installazione realizzata dal regista Can Togay insieme allo scultore Gyula Pauer, a Budapest – N.d.R.] per ricordare i cittadini ebrei uccisi, già si parla di fare un censimento degli ebrei presenti in Ungheria.

Si aspettava che il libro avesse così successo?
No, soprattutto perché non mi aspettavo che i lettori lo trovassero un regalo perfetto per Natale. So che ci sono persone cui piace il mio humor, ma pensavo che l’ammontare dei “clienti” fosse molto, molto più limitato.

Perché ha deciso di dedicarsi alla scrittura nella vita? Da scrittore e lettore, quali bisogni profondi sanno soddisfare per lei i libri?

In qualche modo dovevo guadagnarmi da vivere. Come giornalista, ho imparato a scrivere e osservare – non saprei fare altro. Sono poi diventato ghostwriter, e nel periodo in cui ho scritto il libro, semplicemente, non avevo nessun altro lavoro da fare. Solo perché il libro ha una sorta di sua “profondità”, questo non significa necessariamente che risponda a un mio bisogno. Io voglio divertirmi, e mi piace analizzare in che modo le persone agiscano e si comportino, perciò scrivo di questo.
Anche quando leggo, apprezzo soprattutto la capacità di spirito e di osservazione, per questo mi piace così tanto John Updike. È così dolorosamente preciso nel descrivere come agiscono le persone e perché non potrebbero comportarsi diversamente! Sono disposto comunque a “trattare” riguardo alle mie preferenze se un autore mi dà qualcosa in cambio. Per esempio mi è piaciuto “Il quinto giorno” [romanzo dello scrittore tedesco Frank Schätzing – N.d.R.], un thriller ecologico, anche se non ne ho apprezzato per niente lo stile. Ma in compenso aveva un ritmo talmente mozzafiato!

16 luglio 2013

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