Dietro la maschera austera del premio Nobel per la letteratura, dietro i baffi ordinati e l’eleganza borghese del patriarca della narrativa tedesca, si celava un cuore tormentato. Thomas Mann, l’autore del Doctor Faustus , di La montagna incantata e dell’intramontabile Morte a Venezia , non fu solo il genio letterario che raccontò la decadenza della borghesia europea: fu anche un uomo diviso tra le convenzioni della sua epoca e desideri che, se confessati apertamente, lo avrebbero distrutto.
Per tutta la vita, Thomas Mann condusse una doppia esistenza: quella pubblica, irreprensibile, accademica, e quella segreta, fatta di fantasie taciute, passioni represse e pagine di diario mai destinate agli occhi del mondo. O almeno, così pensava.
Thomas Mann: la sua doppia vita tra segreti, desideri tra le righe
Oggi leggere Thomas Mann significa anche leggere la storia di un’identità queer repressa, nascosta sotto veli di classicismo e compostezza. Ma non per questo meno autentica. Se è vero che la letteratura è il luogo in cui l’indicibile trova voce, Thomas Mann ci ha insegnato che si può parlare di desiderio anche senza nominarlo, che si può scrivere dell’amore anche quando lo si teme. Il suo genio non si misura solo nei capolavori che ha lasciato, ma anche nel coraggio con cui ha saputo vivere, e sopportare, la sua complessità. Perché in fondo, come scrisse una volta, “tutto è autobiografia, anche se a volte lo si scopre troppo tardi”.
Basta leggere La morte a Venezia per intuire che qualcosa arde sotto la superficie levigata della prosa. L’ossessione di Gustav von Aschenbach per il giovane Tadzio, visto sulle spiagge veneziane, è il riflesso più nitido del desiderio di Thomas Mann per Paul Ehrenberg, un giovane violinista conosciuto negli anni della giovinezza. E se Tadzio è bellissimo e irraggiungibile, lo è perché, per Thomas Mann, il desiderio non era un terreno di libertà, ma un campo minato: l’omoerotismo, nel contesto familiare e sociale in cui visse, era un tabù invalicabile.
Il diario dell’autore, pubblicato postumo con il permesso (e il controllo) del figlio Golo, è un mosaico di confessioni appena accennate e pensieri sfuggenti. Ma se si leggono tra le righe, si delineano volti maschili adorati da lontano, sguardi rubati e sogni notturni annotati con l’accuratezza di chi ha sempre avuto paura che un giorno qualcuno li avrebbe letti.
Tra repressione e sublimazione: un classico queer?
La biografia di Thomas Mann, se letta oggi, restituisce un ritratto da manuale di dissociazione emotiva in chiave borghese: un uomo che sublimava i propri desideri nella letteratura e che li rivestiva di allegorie culturali, estetizzandoli fino a renderli inoffensivi. Ma sono davvero inoffensivi i sogni, quando restano intrappolati in un corpo che non può viverli? Thomas Mann sposò Katia Pringsheim, donna di grande intelligenza e personalità, da cui ebbe sei figli.
Il matrimonio fu duraturo, ma non privo di inquietudini. La stessa Katia raccontò che l’unico “trauma” vissuto nel rapporto fu l’assoluta mancanza di confidenza fisica all’inizio del matrimonio. Nella sua autobiografia, Un’altra estate , la figlia Erika Mann lasciò intendere che la famiglia era perfettamente consapevole del mondo interiore del padre, pur senza mai parlarne apertamente.
In un’epoca in cui l’identità queer era criminalizzata e spesso ridicolizzata, Thomas Mann divenne, suo malgrado, un monumento alla discrezione, un autore che si rifugiò nell’ambiguità per sopravvivere. Ma questa ambiguità, lungi dall’annullarsi, divenne cifra stilistica, tensione poetica, verità sussurrata tra le righe.
Quando il privato diventa pubblico: i diari
È stato solo con la pubblicazione dei Diari che il pubblico ha potuto intuire con più chiarezza la complessità dell’identità di Thomas Mann. Eppure, già ai suoi tempi, circolavano sussurri e interpretazioni. Alcuni critici notavano quanto l’autore sapesse descrivere la bellezza maschile con una precisione quasi sensuale, mentre nei suoi personaggi femminili vi era una certa distanza. Nei Diari si legge spesso di giovani camerieri, bagnini, studenti, visti con ammirazione e desiderio. Ma mai niente di compiuto, mai un passo oltre. Il desiderio di Thomas Mann restò spesso confinato nell’astrazione, nel sogno, forse nella colpa.
E proprio questa tensione tra realtà e sogno, tra disciplina e abbandono, è forse ciò che ha reso la sua scrittura così potente: la sua angoscia borghese , come la definì Susan Sontag, era quella di chi è al tempo stesso giudice e imputato.