Ci sono amicizie che bruciano come stelle cadenti: brevi, intense, destinate a imprimersi per sempre nella memoria. Sylvia Plath e Anne Sexton si incontrarono all’inizio degli anni Sessanta, a Boston, nel corso di scrittura di Robert Lowell alla Boston University.
Due giovani donne, entrambe dotate di un talento feroce, entrambe segnate da un’irrequietezza che non trovava spazio nella vita quotidiana.
La scena che le unisce è da romanzo: le due poetesse, dopo le lezioni, salgono su una macchina e scorrazzano per le strade di Boston bevendo Martini, parlando di poesia, di amori, di morte.
Si riconoscono a pelle: la stessa lucidità spietata nel guardare il mondo, lo stesso desiderio di oltrepassare i confini imposti, la stessa incapacità di piegarsi a un’esistenza ordinaria.
Il loro legame non è solo amicizia: è un patto tra sorelle nell’arte e nel destino. Entrambe incarnano, nella forma più pura, la poesia confessionale, capace di trasformare il dolore privato in un atto pubblico di bellezza e verità. Entrambe hanno sfidato le convenzioni letterarie e sociali del loro tempo. E, tragicamente, entrambe hanno scelto di porre fine alla loro vita, Sylvia nel 1963, Anne nel 1974.
Sylvia Plath e Anne Sexton: le poetesse che hanno condiviso anche la stessa fine
Sylvia Plath e Anne Sexton sono due costellazioni dello stesso firmamento: luminose, irregolari, destinate a spegnersi troppo presto, ma impossibili da dimenticare.
Le loro poesie sono finestre spalancate su vite vissute al limite, testimonianze di un coraggio letterario che ha aperto varchi nella cultura e nella società del loro tempo.
Leggerle oggi significa accettare di entrare in un territorio dove la bellezza e il dolore sono inseparabili. E significa, forse, riconoscere in quei versi qualcosa di nostro: il desiderio di vivere fino in fondo, anche quando vivere fa male.
Anne Sexton: la vita in versi
Ad Anne Sexton piaceva arrivare dieci minuti in ritardo alle sue performance, per creare attesa. Sul palco si muoveva come un’attrice: sigaretta accesa, scarpe tolte, voce roca, ironia tagliente. “Leggerò una poesia che vi dirà che tipo di poetessa sono, che tipo di donna sono, così se non vi piacerò potrete andare via”, annunciava. Nata il 9 novembre 1928 a Newton, Massachusetts, in una famiglia benestante, Anne crebbe tra il fascino mondano dei genitori e la rigidità del ruolo femminile nell’America del dopoguerra.
Sposata a diciott’anni con Alfred “Kayo” Sexton, visse un matrimonio intenso e burrascoso. Negli anni Cinquanta, in analisi con lo psichiatra Martin Orne, iniziò a scrivere poesie come esercizio terapeutico.
Fu tra le prime a portare in versi temi allora considerati tabù: salute mentale, mestruazioni, aborto, sessualità femminile. Nei suoi testi, l’esperienza corporea si intreccia a un linguaggio diretto, fisico, senza inibizioni.
Nel 1966 vinse il Premio Pulitzer per Live or Die, consacrandosi come una delle voci più potenti della poesia americana contemporanea.
Ma la sua vita restò segnata da cicliche crisi depressive, ricoveri e tentativi di suicidio. Il 4 ottobre 1974 si tolse la vita con un gesto teatrale e lucido, avvolta in una pelliccia di sua madre, seduta in garage, respirando i gas di scarico dell’auto.
Sylvia Plath: la fiamma breve
Sylvia Plath, nata a Boston nel 1932, visse una parabola altrettanto intensa. Poetessa precoce, autrice di numerosissime poesie e del romanzo La campana di vetro, la sua scrittura mescolava un’ossessione per la perfezione formale a una tensione emotiva devastante.
Nel suo mondo poetico convivono immagini domestiche e archetipi mitologici, il quotidiano e l’apocalittico.
Come Sexton, Plath visse tra trionfi letterari e abissi interiori, e riversò nei suoi testi la materia incandescente della propria vita. Nel febbraio 1963, a trent’anni, si tolse la vita, lasciando un corpus poetico che sarebbe diventato pietra miliare della letteratura del Novecento.
Un legame oltre la vita
L’amicizia tra Plath e Sexton si alimentava di un reciproco riconoscimento: due donne che si vedevano, si capivano e si incoraggiavano a scrivere senza veli.
Pur percorrendo strade diverse, entrambe seppero dare voce alla condizione femminile in un’America che preferiva le donne silenziose, ordinate, invisibili.
Le loro vite, e soprattutto le loro opere, mostrano come la poesia possa essere un luogo di libertà assoluta, ma anche una lama a doppio taglio, capace di ferire chi la impugna.
La biografia edita da Le Lettere, è perfetta per comprendere davvero Anne Sexton, non basta leggere i suoi versi: bisogna conoscere la donna dietro la poetessa.
Anne Sexton. Una vita di Diane Middlebrook, unica biografia autorizzata e pubblicata in Italia da Le Lettere, ricostruisce con rigore e intensità una personalità complessa: la casalinga degli anni Cinquanta, la seduttrice magnetica, l’artista premiata e acclamata, ma anche la donna segnata dall’alcolismo e dalla malattia mentale.
Il libro alterna momenti di vita pubblica: letture, premi, interviste, a squarci privati di fragilità e auto-sabotaggio, mostrando come in Sexton creatività e distruttività fossero inseparabili.
È un ritratto affascinante e crudele, che mette in luce la capacità della poetessa di scardinare il canone e affrontare, nei versi, argomenti ancora oggi scottanti.
La presentazione di Rosaria Lo Russo sottolinea l’attualità della sua voce: la sua poesia parla ancora oggi alle donne che si sentono intrappolate, agli outsider che cercano parole per nominare la propria inquietudine.