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”Supernotes”, il libro verità sul mondo dei servizi segreti

''Sono stato giornalista nel Gruppo Espresso-Repubblica per molti anni, ma una storia come questa non mi era mai capitata''. Così Luigi Carletti descrive cos'ha rappresentato per lui scrivere insieme all'Agente Kasper ''Supernotes''...

Il giornalista Luigi Carletti e l’ex agente segreto Kasper hanno incontrato un gruppo di blogger e giornalisti per parlare delle sconvolgenti rivelazioni contenute nel loro libro, dove si racconta dei 13 mesi di prigionia trascorsi da Kasper in Cambogia per aver scoperto un segreto troppo scottante dell’intelligence americana

MILANO – ”Sono stato giornalista nel Gruppo Espresso-Repubblica per molti anni, ma una storia come questa non mi era mai capitata”. Così Luigi Carletti descrive cos’ha rappresentato per lui scrivere insieme all’Agente KasperSupernotes” (Mondadori). Ex carabiniere, poi agente dei servizi segreti e del Ros, in questo libro Kasper racconta i tredici mesi di prigionia in Cambogia, in mano ad aguzzini ai quali era stato dato l’incarico di farlo sparire. Era infatti venuto a sapere qualcosa che non avrebbe dovuto scoprire, l’esistenza delle supernotes, banconote da 100 dollari false ma del tutto identiche a quelle vere, stampate per milioni e milioni di dollari fuori dal territorio americano, in Corea del Nord. Con queste i servizi segreti pagano operazioni illecite, che restano nascoste al pubblico e probabilmente alla stessa amministrazione americana. Abbiamo avuto occasione di parlare del libro con gli autori durante un incontro organizzato dalla casa editrice con alcuni blogger.

UN LIBRO VERITÀ – “Questo libro si può leggere come un romanzo, è molto appassionante, una bella spy story. Ma è anche una storia reale”, spiega Carletti. “Da un lato c’è il racconto di Kasper, dall’altro quello degli altri protagonisti. Ci sono personaggi e dettagli verificabili, documenti”. Tra questi, la lettera che Franco Frattini, ministro degli Esteri all’epoca dei fatti, aveva mandato ai famigliari per assicurare loro che la diplomazia italiana si sarebbe occupata del caso di Kasper. E invece l’ex agente è finito nel dimenticatoio: sequestrato nel marzo del 2008 per essere eliminato, racconta di essersi salvato grazie ai continui versamenti in contanti della madre, di cui esistono le ricevute. Tutti questi documenti, dice Carletti, verranno caricati in un’apposita sezione del suo sito, perché possano essere consultati. Per entrambi gli autori, questo libro è soprattutto “un’operazione verità”.

LA REALTÀ VISTA DALL’AGENTE KASPER – “Non mi ha stupito che le istituzioni non siano intervenute, la situazione era molto delicata”, commenta Kasper. “Mi sono stati sottratti 373 giorni, tempo che per esempio avrei potuto passare con mia mamma”, morta poco dopo il suo ritorno a casa. “Ma non ce l’ho con gli americani, io avrei fatto la stessa cosa, anche se l’avrei fatta meglio. Non sarei ricorso ai cambogiani, sono inaffidabili, avidi” – gente da cui, insomma, Kasper ha potuto comprare la sopravvivenza. Anche riguardo all’incredibile segreto che quasi gli è costato la vita, lui non si mostra particolarmente stupito. “Quando si fa per molto tempo questo lavoro, si perde il contatto con quella che per le persone comuni è la realtà. Nel mondo che ho visto io, in cui vivo io, è assolutamente normale che dovendo stampare del denaro illegalmente si vada nei posti più improbabili. Stati Uniti e Corea del Nord sono talmente nemici che nessuno andrebbe a cercare lì. È una realtà dura da digerire, ma dal mio punto di vista assolutamente perfetta, un’operazione che ha una logica ineffabile”.  

UN LIBRO TERAPIA – Per l’agente Kasper, scrivere questo libro è stata una terapia. “Quando ho conosciuto Kasper vent’anni fa, era molto diverso, si sentiva invincibile”, racconta Carletti. Comprensibile, per un uomo abituato a uscire illeso da operazioni rischiose come quella nominata Pilota, contro i narcotrafficanti colombiani, che portò a uno dei più grandi sequestri di droga da parte dei Carabinieri. “Un anno fa, quando l’ho rincontrato, ho trovato una persona davvero colpita, fisicamente ma ancor di più dentro. Quando raccontava di questa esperienza, balbettava”. Sbattuto in prigioni improvvisate, in una caserma, poi in un ospedale-lager e infine a Prey Sar, un autentico campo di concentramento a pochi chilometri da Phnom Penh,  ha subito ogni genere di tortura dai suoi aguzzini. “Scrivere questo libro”, continua Carletti “è stato buttare fuori il peggio”.

LE DONNE DELLA VITA DI KASPER – L’agente Kasper conferma. “Prima di iniziare questo libro, non riuscivo a dormire, ero tormentato dagli incubi: è andata avanti così dal 2009 fino al 2013. Tiravo fuori i diari che tenevo durante la prigionia, macchiati di tutti i liquidi organici immaginabili. Cercavo di scrivere, ma non riuscivo. Sull’idea del libro all’inizio ero scettico, mi ha convinto mia moglie. Lei ha capito che mi avrebbe fatto bene, che sarebbe stato la cura”. Sua moglie Patty, sua fidanzata all’epoca del sequestro, ha avuto un ruolo fondamentale in tutta la vicenda, così come le altre “donne della sua vita”, che hanno lottato per salvarlo, sua madre, l’avvocato Barbara Belli, anche l’ex narcotrafficante Manuela Sanchez. Riconosce di dovere a loro se ce l’ha fatta. A loro e al personaggio chiamato Louis Bastien nel libro, agente dei servizi segreti francesi che l’ha aiutato a evadere.

IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI – Tornato in Italia i problemi non sono finiti, Kasper è stato imprigionato nel carcere di Regina Coeli a Roma con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Dopo essere stato scarcerato, è stato ancora una volta dimenticato. Il silenzio delle istituzioni continua anche oggi, racconta Carletti. “Viviamo in un Paese ‘cloroformizzato’. Non c’è stato un parlamentare che abbia sollevato la questione, che sia venuto a chiederci come sono andati i fatti. A ‘Porta a porta’ l’ex ministro degli esteri ha reagito con un no comment. Il procuratore Capaldo” – che ha interrogato Kasper a Regina  Coeli – “a domanda di Vespa ha dato una risposta che non aveva niente a che vedere con quello che gli era stato chiesto. C’è malafede in certe sezioni delle istituzioni e della magistratura”. E sui giornalisti afferma: “Hanno scritto certe cose senza nemmeno darci la possibilità di controbattere. Spesso si è tirato fuori il passato di Kapser, si è scritto che andava alle assemblee studentesche con il doberman, lo si è dipinto come un personaggio di estrema destra. Ma erano gli anni Settanta, tutti altri tempi”. “Non c’è stato nessun giornalista che si sia chiesto, per esempio, cosa comporti a livello economico l’esistenza delle supernotes, in termini di inflazione, nelle dinamiche dei mercati mondiali”, fa notare Kasper.

IL RUOLO DELLA LETTERATURA – Alla domanda se la letteratura può aiutare a cambiare qualcosa, l’Agente Kasper risponde: “La letteratura ha il compito di svelare la realtà, ma difficilmente può cambiarla. Cosa succederà ora che questo libro è stato pubblicato? Io credo che non accadrà proprio niente, perché tutti alla fine hanno un prezzo, di tutti si può comprare il silenzio”. Una visione che toglie speranze. “Viviamo come in ‘Matrix’. Ma ai nostri figli cosa dobbiamo raccontare?” si chiede. “Forse dobbiamo mentire”.

L’AGENTE KASPER OGGI – Oggi l’Agente Kasper ha scelto di vivere una vita “normale” con la moglie Patrizia e una figlia piccola. L’esistenza di prima non gli manca: “Ci si può facilmente procurare scariche di adrenalina in altri modi, per esempio lanciandosi con il paracadute”, racconta con il sorriso. Kasper ha aperto anche una ONLUS per ex agenti segreti come lui, oggi in pensione. “Per uno come me che ne è uscito, mi chiedo, quanti ce ne sono che non sono tornati a casa o hanno superato il trauma? La ONLUS è per loro”.

16 aprile 2014

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