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Su La Stampa, la verità sulla travagliata storia tra Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda

LA CIRITICA QUOTIDIANA – Un libro in uscita in ottobre rivela la verità sul tormentato rapporto tra Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, per decenni dipinta dalla critica come colei che rovinò con la sua irrequietudine il genio del grande scrittore, obbligandolo a un folle tenore di vita. Gabriele Pantucci su La Stampa tratteggia la diversa immagine di Zelda che emerge dalle nuove testimonianze...
Accusata di aver mandato in rovina il genio del marito, Zelda Fitzgerald viene riscattata da un libro di Lee Smith in uscita a ottobre, che dimostra come in realtà sia stato lui a vietarle di esprimersi attraverso la scrittura. Ce ne parla Gabriele Pantucci in un suo articolo 
LA CIRITICA QUOTIDIANA – Un libro in uscita in ottobre rivela la verità sul tormentato rapporto tra Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, per decenni dipinta dalla critica come colei che rovinò con la sua irrequietudine il genio del grande scrittore, obbligandolo a un folle tenore di vita. Gabriele Pantucci su La Stampa tratteggia la diversa immagine di Zelda che emerge dalle nuove testimonianze, quello di una donna vittima dell’autoritarismo di un marito che le impedì di esprimere la sua creatività letteraria.
IL ROMANZO CHE SCATENÒ LA LITE – Dopo essere stata internata presso la clinica Prangins sul Lago di Ginevra, Zelda Fitzgerald venne di nuovo ricoverata nella clinica psichiatrica del John Hopkins, ospedale di Baltimora. Qui la donna scrisse un romanzo autobiografico che mandò all’editor Maxwell Perkins, a New York. Fu questo il libro incriminato che fece andare su tutte le furie il marito. “Dio mio, i miei libri hanno fatto di lei una leggenda e la sua sola intenzione con questo semiacquoso ritratto è di rendermi una nullità”, scriveva Scott Fitzgerald il 14 marzo 1932 a Mildred Squires, la dottoressa che aveva in cura la moglie, parole riportate da Pantucci nel suo articolo. La durezza con cui l’autore la ostacolò emerge dal libro “Guests on Earth” di Lee Smith, che uscirà a ottobre per Shannon Ravenel editore. Qui si racconta del periodo in cui Zelda visse nella clinica del North Carolina, dove perse la vita nel 1948 in un tragico incendio. “L’opera riporta alla luce la conversazione – conosciuta solo da pochi studiosi – tra Zelda e il marito, alla presenza del dottor Thomas Rennie e di uno stenografo. L’intransigenza di Scott Fitzgerald nell’impedirle di esprimersi scrivendo risulta un’incontestabile realtà”. 
IL BLOCCO DELLO SCRITTORE – “Save Me the Waltz”, il romanzo in questione, raccontava la storia di Alabama, in cui per molti aspetti si riconosce la stessa Zelda, così come molte delle situazioni narrate rimandano a quelle vissute insieme dai due coniugi in viaggio. Lo scrittore accusava la moglie di averlo plagiato. “Questi momenti appartenevano a lui […]. Li aveva generati scegliendo quei luoghi e saldando i conti per andarci. Zelda non aveva il diritto di plagiarli: erano destinati al romanzo su cui lavorava da sette anni: da quando aveva finito ‘Il grande Gatsby’”, così Pantucci riassume la posizione dell’autore. Il giornalista aggiunge, riguardo a quest’ultimo libro, che fu iniziato 17 volte secondo la versione ufficiale, almeno 100 secondo la versione dello stesso Fitzgerald, che probabilmente in quel tempo viveva un momento di blocco. “L’alcolismo manifestato sin dagli anni universitari a Princeton aveva lasciato i suoi solchi. Forse ne scherzava: bevo per dimenticare di bere. O forse no: come scrisse Gore Vidal, non mostrò mai senso dell’umorismo. L’alcol aveva creato dipendenza, rallentato le sue capacità creative e l’avrebbe stroncato a soli 44 anni”. 
LA CONCLUSIONE DELLA VICENDA – Alla fine Zelda si sottomise alla volontà del marito, che ottenne di avere il dattiloscritto e lo revisionò prima di mandarlo nuovamente a Maxwell Perkins. “Scott, ti amo più di qualsiasi cosa al mondo e mi sento una miserabile per averti offeso… per favore amami – la vita è tanto confusa, ma io ti amo”, con queste parole Zelda gli chiedeva perdono. Nell’ottobre del 1932 uscì “Save Me the Waltz” in America, ma fu un flop: i critici lo snobbarono, accusando lei di volersi fare sttrada sfruttando la celebrità del marito. Fu invece un successo in Gran Bretagna, dove fu pubblicato nel 1953, cinque anni dopo la morte dell’autrice: “il ‘Times Literary Supplement’ definì la sua prosa ‘potente e memorabile’. Il romanzo di lui venne pubblicato come ‘Tenera è la notte’. Oggi ‘Save Me the Waltz’ è considerato come complementare a quest’opera di Fitzgerald”. Un po’ di giustizia, insomma, Zelda l’ha avuta. Ora l’accusa che le era rivolta, quella di aver mandato in rovina il genio del marito, si è capovolta. “Il femminismo ha messo a fuoco l’immagine di lei”, chiude Pantucci, “docile vittima del patriarcato e dell’imperiosità di un coniuge che le impedì di scrivere su qualsiasi tema interessasse a lui”.
5 agosto 2013
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