Nell’ormai famosa collana Darkside, Fazi porta in Italia una delle voci premiate e interessanti del crime svedese contemporaneo: Sara Strömberg.
Quello che ci propone è il suo romanzo d’esordio “Sottobosco” —“Sly” in lingua originale — che ha vinto il Premio della Svenska Deckarakademin come miglior debutto 2021 ed è poi continuato con “Skred”, definito dalla Swedish Crime Writers’ Academy come “Un romanzo stilisticamente qualificato e brutalmente lucido su una campagna in trasformazione” e ha conquistato il premio come Miglior romanzo giallo svedese 2022.
Cos’è “Sottobosco”?
“Sottobosco” è, quindi, il primo atto di una serie grandiosa in prospettiva che Fazi ha puntato e sapientemente scelto: protagonista è Vera Bergström, ex cronista cinquantenne di un quotidiano locale, licenziata e lasciata dal compagno, che torna nella Svezia del Nordovest – la sua Jämtland – e inciampa in un omicidio nella radura di una foresta.
Il caso la riporta al giornalismo d’inchiesta e, soprattutto, dentro le fratture sociali della provincia: spopolamento, precarietà, dipendenze, rancori sopiti.
Una morte nel verde, un paese che non vuole guardarsi allo specchio
Vera Bergström viene richiamata dal suo ex caporedattore per seguire un ritrovamento: il cadavere di una donna brutalmente uccisa in una radura, lontano dai clamori di Stoccolma e dalle sparatorie delle gang.
La polizia imbocca la pista “più pulita”, ma i conti non tornano. Vera inizia un’indagine parallela – contatti, taccuino, stivali nel fango – per restituire un nome alla vittima e un movente all’assassino. Scoprirà che i luoghi che crediamo di conoscere hanno zone cieche, e che la “periferia” – sociale, geografica, mediatica – è il vero teatro della violenza contemporanea…
Un crime di paesaggio
Il vero centro del romanzo è la scrittura evocativa di Strömberg. Lo stile è teso, ma venato di lirismo, e nella descrizione delle paludi, dei muschi, degli odori del sottobosco, sembra di essere presenti in modo fisico nella scena.
Non è un caso che più di una testata svedese abbia insistito su questa qualità: “testo teso e spesso poetico, che non ti lascia andare”, scriveva Smålandsposten; “una storia bella e tragica”, aggiungeva Folkbladet Västerbotten.
La provincia svedese non è abbandonata come un’immagine di sfondo, ma utilizzata da Strömberg come campione sociologico; l’autrice – già giornalista culturale – fa quello che il giallo nordico migliore sa fare: usa il caso di cronaca per parlare del territorio.
La Deckarakademin ha premiato proprio questo sguardo, quando ha incoronato “Skred”: “brutalmente lucido su una glesbygd in cambiamento”.
In “Sottobosco” quella lucidità è già tutta lì: spopolamento, lavori che spariscono, servizi che arretrano, risentimento che monta.
Vera Bergström: un’eroina “di frizione”
Vera è una protagonista che riempie la scena: cinica quanto basta, empatica a modo suo, allergica all’autorità e al pietismo. Cinquant’anni, licenziata dalla redazione locale, una vita privata in frantumi: una donna “di frizione” in un panorama che spesso al noir chiede eroi infallibili o piagati.
Strömberg la scrive in prima persona non compiacente: battuta secca, autoironia, un’etica del lavoro che confina col testardo. È facile immaginarsi nei suoi panni.
Tensione narrativa: la provincia come thriller
Chi cerca la morsa del page-turner la trova: le recensioni svedesi, anche di blog letterari storici, hanno sottolineato il buon passo della trama e l’intreccio che chiude senza imbrogli.
“C’è un buon drive, vuoi capire come si ricompongono i fili. Storia triste e tragica dall’inizio alla fine”, scrive Lottens Bokblogg.
“Vera accetta controvoglia di scrivere un reportage sulla paura dei paesani: da lì il caso si allarga”, sintetizza Hyllan.
La tensione però non è tutta “di colpo di scena”: “Sottobosco” lavora su ambiente e atmosfera, su non detti e memorie. Lo spazio aperto – radure, laghi, tronchi recisi – diventa claustrofobico perché è comunità a stringere: chi conosce tutti, sospetta di tutti.
Quel che “dice” senza proclami
Il romanzo evita i proclami, ma è politico nel senso migliore: mostra l’eco sociale di una morte — chi era “quella donna”? chi la ricorda davvero? —, il peso degli stereotipi — città/campagna, cittadini “veri”/“rimanenti” —, il ruolo dei media locali quando l’attenzione nazionale non arriva o arriva tardi; un vero e proprio taglio tipico del crime scandinavo.
Confronti utili
Chi ama Åsa Larsson per la capacità di far parlare i luoghi, riconoscerà qui una parentela di sensibilità (non di formula). Non a caso, diverse schede svedesi hanno presentato “Sly” come “una grande debutto nella scia di Åsa Larsson”.
Due passaggi dalla critica scandinava
“Strömberg scrive a pelle. È un testo teso e spesso poetico, che non ti lascia per molti secondi.” Smålandsposten
“Una storia bella, tragica e avvincente al tempo stesso.” Folkbladet Västerbotten