Il Solarpunk nasce come contrasto al cinismo e alla disillusione del Cyberpunk e Steampunk che hanno raccontato magnificamente il lato oscuro del progresso, ma a forza di distopie abbiamo finito per immaginare il futuro come qualcosa da temere.
Negli ultimi decenni la fantascienza ci ha abituati a futuri cupi: città soffocate dallo smog, corporazioni onnipotenti, esseri umani ridotti a ingranaggi.
Questo sotto genere nasce come una risposta a questa stanchezza. Non nega i problemi del presente, crisi climatica, disuguaglianze, sfruttamento, ma prova a fare qualcosa di radicale: immaginare soluzioni. È un genere che non si accontenta di denunciare, ma propone visioni di futuri vivibili, desiderabili, persino felici. Ed è proprio questo che lo rende così necessario oggi.
Cos’è il solarpunk
Non è soltanto un genere narrativo, ma una vera e propria filosofia dell’immaginazione. Al centro ci sono: energie rinnovabili, città verdi e integrate con la natura, comunità solidali, tecnologia al servizio delle persone, bellezza come valore politico
A differenza di molta fantascienza tradizionale, non si chiede “come andrà tutto a rotoli?”, ma “come potremmo vivere meglio?”. È una narrativa del possibile, non dell’inevitabile.
Perché il solarpunk è l’opposto di cyberpunk e steampunk
Cyberpunk: alta tecnologia, bassa speranza
Il cyberpunk immagina un futuro ipertecnologico e profondamente diseguale. Le città sono verticali, oppressive, illuminate da neon freddi; il progresso esiste, ma è concentrato nelle mani di pochi. L’essere umano sopravvive adattandosi, hackerando, resistendo. Il solarpunk ribalta completamente questo paradigma: la tecnologia non domina, collabora; non isola, connette; non schiaccia, sostiene.
Steampunk: nostalgia del progresso industriale
Lo steampunk guarda al passato industriale con fascinazione estetica: ingranaggi, vapore, ottone. È un futuro alternativo che nasce da un’idea di progresso mai davvero messa in discussione.
Il solarpunk, invece, rifiuta la nostalgia industriale. Non idealizza il passato, ma reinventa il futuropartendo dalla sostenibilità, dall’ecologia e da una diversa idea di sviluppo.
La filosofia del solarpunk
Il solarpunk compie un gesto quasi sovversivo: sceglie la speranza. Non una speranza ingenua, ma una speranza progettuale. Mostrare futuri migliori diventa un atto politico, perché allarga l’orizzonte del possibile. Il messaggio è chiaro: se non riusciamo a immaginare un futuro positivo, non saremo mai in grado di costruirlo.
Comunità invece che eroi solitari
Un altro elemento centrale è il rifiuto dell’eroe individualista. Nel solarpunk non c’è il genio solitario che salva il mondo, ma reti di persone, comunità, collettivi. La salvezza non è verticale, ma orizzontale.
È una narrativa che parla di cooperazione, cura, responsabilità condivisa. Ed è forse per questo che genera una sensazione di benessere: perché restituisce fiducia nel legame umano.
Il solarpunk come etichetta è relativamente recente, ma il suo spirito attraversa molte opere già pubblicate in Italia.
Kim Stanley Robinson
Edito in Italia da Fanucci, Robinson è uno dei riferimenti fondamentali. Romanzi come Il Ministero per il Futuroimmaginano politiche climatiche, cooperazione internazionale e soluzioni concrete alla crisi ambientale. È uno degli autori che più incarnano l’idea di fantascienza come laboratorio del possibile.
Ursula K. Le Guin
Molte opere di Le Guin, pubblicate in Italia da Mondadori, anticipano lo spirito solarpunk: società non gerarchiche, equilibrio con la natura, rifiuto del dominio. I reietti dell’altro pianeta è un esempio straordinario di futuro costruito su cooperazione e responsabilità.
Becky Chambers
Edita in Italia da Mondadori, Becky Chambers è spesso citata come una delle voci più vicine al solarpunk contemporaneo. Nei suoi romanzi l’universo non è un campo di battaglia, ma uno spazio di incontro, dialogo e cura. La tecnologia è gentile, le relazioni centrali.
Paolo Bacigalupi
Pur partendo spesso da scenari duri, Bacigalupi, pubblicato ancora poco in Italia, esplora mondi in cui l’ecologia è il vero terreno di conflitto e di possibile rinascita. È una voce di transizione tra distopia e visione solarpunk.
Perché il solarpunk fa stare bene
Il solarpunk funziona perché non anestetizza, ma riequilibra. Leggerlo o guardarlo non significa ignorare il presente, ma concedersi una pausa dalla disperazione. Offre immagini di bellezza: città verdi, architetture luminose, rapporti umani basati sulla fiducia.
In un certo senso, il solarpunk restituisce al futuro una qualità emotiva che avevamo perso: la desiderabilità.
Il solarpunk non è una moda passeggera, ma una necessità culturale. In un’epoca in cui il futuro viene raccontato quasi esclusivamente come minaccia, questo genere sceglie di immaginarlo come possibilità. Non perfetto, non facile, ma vivibile.
È il contrario di cyberpunk e steampunk perché non nasce dalla disillusione o dalla nostalgia, ma da una domanda urgente e profondamente umana: come vogliamo vivere, davvero?
E forse, proprio nel tentativo di rispondere a questa domanda, il solarpunk riesce a fare qualcosa di raro: portarci speranza, buon umore e il coraggio di immaginare ancora.
