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Silvia Avallone, ”I libri sono come le persone: non ci si può innamorare di chiunque”

Il libraio gioca un ruolo straordinario per un amante dei libri: è l'unico che può, come una sorta di stregone, senza conoscerci affatto, intuire in pochi minuti quello di cui abbiamo bisogno. Parola di Silvia Avallone, la giovane scrittrice e poetessa italiana...

MILANO – Il libraio gioca un ruolo straordinario per un amante dei libri: è l’unico che può, come una sorta di stregone, senza conoscerci affatto, intuire in pochi minuti quello di cui abbiamo bisogno. Parola di Silvia Avallone, la giovane scrittrice e poetessa italiana, autrice di bestseller stampati in tutto il mondo come Acciaio e Marina Bellezza. Protagonista in questi giorni del Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, Silvia ci spiega l’importanza della figura dei librai oggi, paragonandoli a stregoni per la capacità che hanno di ‘toccare corde così intime dentro di noi, e di creare lettori dove non c’erano, trasformando le loro librerie in vere e proprie piazze di condivisione e di dibattito. È anche così che si fa cultura’.

 

Prima di diventare scrittrice, eri sicuramente una grande lettrice. Avevi un libraio di fiducia che ti ha aiutato nella scoperta di questa passione?

Nel mondo dei libri esiste anche questo paradosso: nessuno può davvero consigliarci il libro “perfetto”, quello di cui sentiamo la mancanza in un determinato momento della nostra vita, e in cui desideriamo immergerci pur senza avere la più pallida idea di come sia scritto e di cosa racconti; eppure, in questa ricerca solitaria, sentiamo la necessità di non essere soli, anzi, di essere consigliati e guidati. Spesso i consigli di amici, famigliari, insegnanti finiscono per deluderci: un romanzo meraviglioso per alcuni, a noi suona estraneo. In questa estraneità si rischia persino di perdere il desiderio di leggere: a forza di imbatterci in sconosciuti indifferenti, o del tutto sbagliati, si può smarrire la fiducia di trovare là fuori il libro per noi. Perché i libri sono come le persone, sotto un certo aspetto, e non ci si può innamorare di chiunque. È questione di fortuna a volte, altre di tenacia. Ma, in questa ricerca, il libraio gioca un ruolo straordinario: può, come una sorta di stregone, senza conoscerci affatto, intuire in pochi minuti quello di cui abbiamo bisogno. È l’unico che sappia farlo. Ricordo che da bambina le librerie mi spaventavano un po’: decine di scaffali affollati tra cui non riuscivo a orientarmi. Il libraio si materializzava al momento giusto, simile a un guardiano del tempio, e, non so come, sapeva leggermi l’anima. Mi è capitato spesso, e mi capita ancora. È una figura di cui mi fido ciecamente. Una delle pochissime capace di una magia speciale, che poi è la stessa contenuta nei libri che ci fanno innamorare: sanno toccare corde così intime dentro di noi, che non sospettavamo neppure di avere.

 

Tema dell’incontro in cui parteciperai nel corso del seminario è “Nessun incontro è un caso: la libreria, frontiera di scoperte.” Perché la libreria può essere definita una frontiera di scoperte e cosa la rende unica rispetto alle librerie digitali o altri luoghi di diffusione dei libri, come i multicenter o la GDO?

Sono visceralmente legata al mondo della provincia. Per me ogni provincia è una frontiera: da cui partire, in cui tornare, da riconquistare. Ma, soprattutto, è un luogo da cui poter immaginare un altrove. Una sorta di officina del cambiamento, del coraggio. Non puoi rischiare o azzardare in un luogo che ti offre tutto. Il movimento è dettato sempre da una mancanza. Ecco, allora, che nelle province più sperdute e isolate, o nelle periferie, o nei centri storici abbandonati, una libreria può fare la differenza: diventando luogo d’incontro, di dibattito, fucina culturale. I libri sono merci, sì, ma non solo. E chi li vende non è solo un commerciante. C’è di più in gioco. Penso ai territori feriti, o quelli economicamente depressi. Sono stata in librerie coraggiosamente inaugurate come avamposti nel deserto. Ho conosciuto librai che hanno creato lettori dove non c’erano, trasformando le loro librerie in vere e proprie piazze di condivisione e di dibattito. È anche così che si fa cultura. E questo per me rimane il modo più prezioso di farla: dal basso, coinvolgendo la cittadinanza, creando eventi là dove non ce n’erano. Amo queste librerie indipendenti che animano i quartieri, e i librai pieni d’inventiva e di ambizione che si spendono per il proprio territorio. In questi luoghi fisici in cui librai, lettori e autori si possono incontrare, accade qualcosa di non replicabile altrove. È il confronto, faccia a faccia, l’incontro tra voci che discutono una storia, e quindi anche di se stessi, del proprio paese, del proprio tempo. È una grande reazione all’indifferenza.

 

Hai mai pensato di scrivere un romanzo ambientato in libreria, o che narri la storia di un libraio?

Avendo sposato un libraio, che ho appunto incontrato in una libreria, vorrebbe dire raccontare una storia troppo legata alla mia vita. Quindi, dubito che riuscirei a farlo.

 

Infine, fuori dai tecnicismi su cui dibatteranno in questi giorni addetti ai lavori ed esperti, hai un consiglio da dare ai librai italiani, in base alla tua esperienza sia di lettrice sia di scrittrice?

È davvero difficile per me dare consigli ai librai, perché sono io che ne ho sempre ricevuti da loro. Negli ultimi cinque anni ho viaggiato in lungo e in largo per la penisola, ospitata da decine e decine di librerie, e in ognuna ho imparato qualcosa di prezioso non solo per quanto riguarda lettura e scrittura, ma anche sui territori italiani in cui si trovavano. Con molte libraie e librai è nata addirittura un’amicizia che dura nel tempo: ci scriviamo, ci scambiamo opinioni sulle nuove uscite, sui classici, commentiamo insieme alcune notizie. Questo rapporto di confidenza e complicità è il dono più grande che mi hanno lasciato, e anche l’insegnamento a cui resto più fedele. Tutto ciò che riguarda i libri, per me, riguarda essenzialmente i rapporti umani. I libri contengono storie che vanno a incidere sulla nostra. Chi li condivide, condivide questa vicinanza, questo impatto. Quindi, più di un consiglio, il mio è un augurio: di non perdere mai la passione che li contraddistingue e che li fa eroicamente andare avanti anche in un momento storico come questo. La passione, e la consapevolezza che il loro lavoro può fare la differenza nella vita dei lettori, e in quella di interi quartieri, paesi, città e province.

 

28 gennaio 2015

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