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Servono davvero i Social Media per promuovere un libro? Risponde Barbara Sgarzi nell’ebook ”Social Media ed Editoria”

Stimolare una conversazione attorno a quel titolo, di far sì che il libro viva, nell’immaginario dei lettori, prima, durante e dopo la sua uscita. E’ questo il contributo dei social media per quanto riguarda la letteratura secondo Barbara Sgarzi...

Il libro, i cui proventi delle vendite saranno destinati in beneficenza a SOS Bambino Onlus, rappresenta una fotografia, un’istantanea della situazione editoriale “qui e ora

 

MILANO – Stimolare una conversazione attorno a quel titolo, di far sì che il libro viva, nell’immaginario dei lettori, prima, durante e dopo la sua uscita. E’ questo il contributo dei social media per quanto riguarda la letteratura secondo Barbara Sgarzi, autrice dell’ebook “Social Media ed Editoria”, un’opera in cui la giornalista ha intervistato 21 protagonisti della scena editoriale italiana e mondiale – editori, autori, direttori marketing e addetti stampa – che per la prima volta spiegano l’evoluzione in corso nella comunicazione libraria. Un’evoluzione che coinvolge autori, editori, ma anche e soprattutto i lettori. Il libro, i cui proventi delle vendite saranno destinati in beneficenza a SOS Bambino Onlus, rappresenta una fotografia, un’istantanea della situazione editoriale “qui e ora”.

 

Da cosa nasce l’idea di analizzare la situazione della scena editoriale attuale?

Da un interesse professionale e personale. Sono una forte lettrice, sempre alla ricerca di stimoli, titoli e autori che non conosco. Ma sono anche una professionista che lavora nel campo dei social media e dell’editoria, per cui volevo approfondire l’evoluzione nella comunicazione editoriale grazie ai social media.

 

Qual è il ruolo dei Social Media nel promuovere un titolo o un autore?

Non è un ruolo unico e facilmente riconoscibile. Cambia da titolo a titolo, da autore ad autore. In generale, è quello di fornire in primis l’informazione sul nuovo titolo in uscita, ma soprattutto quello di stimolare una conversazione attorno a quel titolo, di far sì che il libro viva, nell’immaginario dei lettori, prima, durante e dopo la sua uscita.

 

Come sono visti dagli addetti ai lavori? E dai lettori invece?

Dipende. Per alcuni addetti ai lavori sono un “male necessario” che non è più possibile ignorare, con il quale è obbligatorio fare i conti. Altri seguono solo l’hype del momento. Altri ancora credono davvero all’importanza della conversazione e si comportano di conseguenza, investendo tempo e risorse nella strategia. I lettori sono lo specchio di questi diversi atteggiamenti. A nessuno piace la promozione smaccata fatta su twitter, che è un ambiente di conversazione e condivisione di contenuti e non una brochure. Ma tutti apprezzano dei suggerimenti di lettura mirati, delle anteprime o delle chicche su un autore che amano.

 

In cosa in Italia siamo indietro rispetto al resto del mondo? Parlo ad esempio dei gruppi di lettura, i quali riteniamo possano ritrovare nuova linfa oggi attraverso i social…

In realtà, leggendo l’intervista di Kassia Krozser, publisher di Booksquare,  non mi sembra che il mondo anglosassone, ad esempio, se la stia cavando meglio. E parlando di piattaforme di social reading non dimentichiamo che aNobii, anni fa, fu un fenomeno soprattutto italiano. I gruppi di lettura sono un bellissimo fenomeno, certamente non nuovo; la cosa interessante che sta succedendo in Italia che è che si sta tornando dal virtuale al reale, con molti gruppi di lettura che si incontrano faccia a faccia. Il caso del Circolo dei lettori di Torino e dei suoi incontri fissi è emblematico.

 

Qual è il risultato di questa tua indagine tra gli addetti ai lavori? Quale intervista ritieni sia quella più rappresentativa del tuo lavoro?

Il risultato è una fotografia, un’istantanea della situazione qui e ora; probabilmente oggi è già cambiata, dato che è in continua evoluzione. Molti grandi protagonisti della scena italiana stanno ancora navigando a vista, cercando di comprendere come utilizzare gli strumenti sociali al meglio. Tutte le interviste mi hanno dato un bello spunto o una frase da ricordare, ma se devo sceglierne una, direi che quella di Richard Nash è illuminante. Quando dice: I libri sono dei nodi nella nostra cultura. Qual è il legame tra questi nodi, tra i libri e i lettori, tra i libri e le idee che contengono?  È la conversazione”. Penso ci sia poco da aggiungere.

28 febbraio 2014

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