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Sandro Veronesi, ”Il viaggio è per sua natura racconto”

''Viaggiare, ma anche solo muoversi da un posto all'altro, produce un'energia vitale che ha molto a che fare con la sfera letteraria''. Così afferma Sandro Veronesi parlando del suo ultimo lavoro, ''Viaggi e viaggetti''...
L’autore ci presenta il suo ultimo libro, “Viaggi e viaggetti”, un lavoro tra il reportage e il diario personale
MILANO – “Viaggiare, ma anche solo muoversi da un posto all’altro, produce un’energia vitale che ha molto a che fare con la sfera letteraria”. Così afferma Sandro Veronesi parlando del suo ultimo lavoro, “Viaggi e viaggetti”. Si tratta per l’appunto di un grande libro di viaggi, che ha per soggetto il mondo di oggi, percorso in ogni senso. Dall’America si vola a Courmayeur, si attraversa l’Italia da Venezia, che come spiega l’autore al figlio bambino affonda per colpa nostra, a Prato, che non è tutta cinese, a Lampedusa, turbata dagli sbarchi dei migranti. Ci si dirige a Nord, in Olanda, e poi alla scoperta di Mosca, di Londra, di Parigi, di Lisbona. Si fa tappa di nuovo in Italia per poi approdare in Messico. Attraverso il viaggio e la sua mitologia, Veronesi ci fa entrare nel suo universo intimo, ci parla dei suoi amici, della moglie e dei figli.  
Com’è nato questo libro? Quali esperienze e materiali si raccolgono qui?
Come spiego nell’introduzione, non avevo mai pensato prima d’ora a un libro di viaggi, pur avendo viaggiato molto. L’innesco del libro è stata la collaborazione fissa che la rivista “Traveller” mi ha proposto, per bocca dell’allora direttore Roberto Delera. Dopo due anni di viaggi e viaggetti raccontati sulla rivista, si è creata l’energia e la voglia di andare a riprendere gli appunti presi in alcuni viaggi precedenti – che poi sono i primi del libro –, e il libro è uscito da sé.
Lei spiega nell’introduzione al libro che, nella sua attività di autore, ha scelto “di scalare la montagna della letteratura da due versanti diversi, quello della narrativa di finzione e quello della scrittura dal vero”. Può entrare un po’ più nel merito del gioco tra fantasia e realtà che si svolge in questo libro?
In questo libro c’è solo un passaggio di finzione: quello del reportage dal Trentino immaginario nel quale è ambientato il mio romanzo “XY”. Lì si è trattato di inventarsi una testimonianza, cercando di rimare aderente alle atmosfere presenti nel romanzo. Tutti gli altri testi sono esercizi di scrittura dal vero, vale a dire che il materiale me lo sono procurato viaggiando, osservando e producendo pensieri e riflessioni durante il viaggio. Non c’è nessuno spazio per l’invenzione, giacché anche in testi come quelli l’impegno morale con il lettore prevede che gli si dia soltanto ciò che, magari solo per un istante, è realmente stato. 
C’è un viaggio, tra quelli qui raccontati, cui è particolarmente legato, e perché?
Quello a piedi fino al borgo di Vézénobres, ai piedi dei Cévennes, in Francia, poiché è nato da un malinteso e si è rivelato un dono assolutamente sorprendente.

Il tema del viaggio è dalla notte dei tempi un topos della letteratura di tutto il mondo. Quali sono secondo lei le ragioni di questo intrinseco legame?
Viaggiare, ma anche solo muoversi da un posto all’altro, produce un’energia vitale che ha molto a che fare con la sfera letteraria. Il racconto di quel che si è visto è parte integrante di ogni cammino intrapreso. Non è solo una faccenda di condivisione, ma soprattutto di naturale trasformazione di ogni viaggio in racconto, giacché il viaggio è esso stesso racconto. 
Attraverso questo “diario di viaggio” lei disegna anche un diario personale, racconta della sua vita, dei suoi amici, della sua famiglia. I viaggi e la scrittura sono per lei anche un percorso di scoperta di sé? 
Certo, ma non necessariamente un percorso privilegiato. Personalmente, il viaggio è la sede ideale sulla quale innestare il seme del diario personale, ma solo perché trovo difficoltà a tenere un diario quando sono fermo. In realtà la scoperta di sé è possibile ovunque, in qualsiasi stato, purché si rintracci il coraggio necessario per guardarsi di sfuggita, e vederci per un istante come siamo davvero. 
16 settembre 2013
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