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Sandro Veronesi, “Il racconto sa trasformare una sconfitta bruciante in un’eclatante vittoria”

Abbiamo incontrato a Bookcity Milano lo scrittore Sandro Veronesi. Ecco cosa ci ha raccontato l'autore di "Caos Calmo"

MILANO – “Un dio ti guarda” è un titolo curioso da dare a un libro che raccoglie una serie di racconti sul mondo dello sport. Ma non è un libro sullo sport, questo di Sandro Veronesi, ma un libro di epica, scritto con uno stile leggero e capace di grande tensione narrativa. Il titolo, dicevamo, è curioso: “Si ispira – ha raccontato lo scrittore a Bookcity – a un verso della I Olimpica di Pindaro, dove il poeta greco racconta del tiranno siracusano Ierone, il quale, mentre partecipa alla gara delle quadrighe, vede la sua città venire attaccata, nonostante la tregua olimpica. Ma Ierone riesce a vincere le quadrighe e il suo esercito respinge l’attacco, grazie all’aiuto degli dei. Ecco, mi piaceva molto questa immagine”. All’incontro di Bookcity, dal titolo “Il doppio salto mortale scritto”, Sandro Veronesi ha dialogato insieme al giornalista Pietro Cheli. “Questo libro è la cosa più vicina a una autobiografia che io abbia mai scritto”, ha detto durante l’incontro alla sala Weil Weiss del Castello Sforzesco. Alla fine ci abbiamo parlato. Ecco cosa ci ha raccontato.

Cosa ha lo sport da insegnare alla letteratura e cosa ha la letteratura da insegnare allo sport?

Secondo me il fatto che i miglioramenti sono quotidiani, nello sport come nella letteratura. Non passa giorno che una persona, se lavora, non faccia un passo avanti. Lavorare, nella letteratura, vuol dire anche leggere i libri degli altri, vuol dire guardare dalla finestra, come diceva Joseph Conrad. Ma si avanza, si avanza fino ad arrivare al declino, perché poi è quella la destinazione. Lo sport è spietato in questo: arrivi a un certo punto e poi vedi che devi lasciare. Però non si sta fermi, ecco, sono due attività in cui non è permesso stare fermi. Ogni esperienza aggiunge e arricchisce e, certamente, appesantisce.

Nel libro parla molto dei vincitori ma anche tanto dei perdenti. 

C’è una bella definizione che dà Jean-Paul Sartre quando, definendo che cos’è il romanzo, dice che il romanzo è il posto dove chi perde vince. Ed è proprio così che stanno le cose. Il romanzo, il racconto, l’epica – e anche l’epica sportiva, evidentemente – riescono a trasformare la sconfitta bruciante, il fallimento, nella vita come nello sport, in una vittoria, perché alla fine è il racconto, è il romanzo, è l’epica, che trasporta il tuo nome nel tempo, non più l’impresa sportiva nella quale hai fallito oppure la vita nella quale hai fallito. Io mi riconosco molto in questo pensiero. E siccome si sta parlando di chi perde e di chi vince, credo che nello sport normale chi perde perde, ma nel sport raccontato chi perde può vincere.

Dio chi guarda? I vincitori o gli sconfitti?

Dipende, dipende se è interessante il fallimento guarda il fallimento. Il grande boxer Oliver McCall, detto “The Atomic Bull”, l’ha guardato di sicuro in quell’incontro schizofrenico in cui si è messo a piangere. Non ha importanza chi vince o perde, dio guarda perché c’è da guardare. Alle volte, però, si schiera e dice: “Sai cosa? Questo qua deve vincere per forza”. E con l’aiutino di dio, magari, vince davvero.

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