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Salvatore Carrubba, ”Bisogna finanziare musei e cultura perché sono strumenti di coesione sociale”

La cultura è una scommessa civica, ed è per questo che è importante valorizzare il patrimonio delle nostre città, tra cui i nostri musei. Lo ha affermato Salvatore Carrubba, presidente dell'Accademia di Brera, nel corso della presentazione del suo libro ''Il museo spiegato ai ragazzi'', edito da Brioschi, tenutasi ieri alla Feltrinelli di via Manzoni a Milano in compagnia di Cesare Balbo e Maurizio Bono...

Il presidente dell’Accademia di Brera ha presentato ieri a Milano il suo nuovo libro “Il museo spiegato ai ragazzi”, dove parla dei musei e spiega alcuni aspetti della loro gestione ai più giovani e ai loro educatori

MILANO – La cultura è una scommessa civica, ed è per questo che è importante valorizzare il patrimonio delle nostre città, tra cui i nostri musei. Lo ha affermato Salvatore Carrubba, presidente dell’Accademia di Brera, nel corso della presentazione del suo libro “Il museo spiegato ai ragazzi”, edito da Brioschi, tenutasi ieri alla Feltrinelli di via Manzoni a Milano in compagnia di Cesare Balbo e Maurizio Bono.

AL MUSEO NON CI SI ANNOIA – “Il libro fa parte di una collana che vorrebbe essere una sorta di educazione civica ragazzi, e cerca di spiegare a questi ultimi e ai loro genitori alcuni aspetti che riguardano la gestione dei musei”, spiega Carrubba. “In particolare vorrei soffermarmi su tre aspetti che ho cercato di mettere in evidenza nel libro. Innanzi tutto, la cultura non deve essere vissuta con un atteggiamento “doveristico”, come accade nel rapporto che si instaura tra musei e ragazzi attraverso l’intermediazione delle scuole. Le visite scolastiche ai musei rischiano di diventare una routine poco entusiasmante: non si fa lo sforzo di appassionare i ragazzi a ciò che si va a vedere. Il primo nostro impegno, allora, deve essere di affermare l’idea che al museo non ci si annoia, che il museo è anzi un luogo dove si può fare uno zapping continuo, un luogo dove i propri interessi trovano corrispondenza: è praticamente impossibile oggi non trovare un museo dove sia possibile approfondire specifici interessi personali. Questo messaggio, più ancora che ai giovani, è rivolto a chi li educa, ai genitori, ai nonni, agli insegnanti, e ai musei stessi.”

IL MUSEO DÀ VITA ALLE NOSTRE CITTÀ – “Il secondo aspetto che vorrei approfondire è che il museo è un organismo vivo delle nostre città, serve a cambiarne il volto, a rivitalizzarle”, prosegue Carrubba. “Il caso più clamoroso in questo senso è quello del Museo Guggenheim a Bilbao, in Spagna” – che aperto nel 1997 all’interno di un piano di rivitalizzazione della città basca intrapreso dall’amministrazione pubblica è diventato immediatamente un’importantissima attrazione turistica. “Ma pensiamo anche al Louvre e al progetto approvato due giorni fa di costruire una sua filiale ad Abu Dhabi, o, come ricordava Cesare Balbo, al caso di Marsiglia, che in occasione dell’anno della cultura ha inaugurato due nuovi poli culturali” – il MUCEM (il Museo delle Civiltà d’Europa e del Mediterraneo) e il CeReM, (Centro Regionale del Mediterraneo), progettato da Stefano Boeri e destinato a ospitare esposizioni, conferenze e concerti su temi legati al Mediterraneo. “Bisogna insegnare ai ragazzi che i musei non sono soltanto scatoloni che contengono cose preziose, non sono solo  delle specie di santuari. A questa convinzione si accompagna il tentativo di rendere sempre più i musei dei luoghi emozionanti, anche attraverso nuovi interventi architettonici, com’è stato fatto al Louvre con l’inaugurazione di una nuova ala destinata all’arte islamica. Questi inserimenti, magari un po’ slegati dal resto, fanno storcere il naso ai puristi, ma richiamano il pubblico.”

LA NECESSITÀ DI UNA DOMANDA SOCIALE DI CULTURA – “Infine nel mio libro mi addentro nell’aspetto della gestione economica e delle politiche culturali”, conclude Carrubba. “Uno degli argomenti che caratterizzano il dibattito con i puristi tocca proprio questo punto: è davvero importante, chiedono, richiamare sempre più il pubblico all’interno dei musei? La loro è una visione pericolosa: in un momento in cui le risorse destinate alla cultura scarseggiano, se non sappiamo creare una domanda sociale di cultura, far sì che siano i cittadini a chiedere musei e proposte culturali alle loro città, diventerà sempre più difficile spiegare perché sia importante dare soldi ai musei mentre a loro le istituzioni tagliano la pensione.”

IL COINVOLGIMENTO DI FINANZIAMENTI PRIVATI – L’autore risponde poi a una questione avanzata da Balbo, che citando l’esempio di Marsiglia aveva chiesto se non di potesse e dovesse a Milano fare altrettanto, con la creazione anche qui di nuovi musei in occasione dell’Expo: “Sono già stati aperti di recente nuovi musei, quello del Novecento e il Nuovo Museo Archeologico nell’ex area industriale dell’Ansaldo. Certamente però la cultura deve diventare un tema significativo dell’Expo. I visitatori devono essere emozionati non solo dallo spazio espositivo, ma dalla capacità attrattiva dell’intera città, che passa attraverso il suo tessuto culturale”. E sollecitato da un’altra domanda di Balbo, come si possa conciliare il fatto che i musei si presentino come istituti senza scopi di lucro con l’esigenza di finanziamento che questi avanzano, Carrubba risponde: “Il fatto che i musei non abbiano scopi di lucro non significa che non debbano essere gestiti efficacemente a livello economico. Come? È evidente che il budget destinato alla cultura dalle istituzioni pubbliche non basta più. Si può uscire da questa situazione fissando bene le competenze dei vari soggetti: la priorità dello Stato deve essere la tutela del bene, per tutto quello che riguarda la gestione economica vanno trovate strategie per rinvenire le risorse nel privato. Bisogna abituare a investire nelle cultura, e deve essere il soggetto pubblico a prospettare al primo i vantaggi che potrebbe trarre da un tale investimento.”

LA CULTURA: UNA SCOMMESSA CIVICA – Carrubba risponde anche a una perplessità avanzata da Bono: la sensazione che spostando l’attenzione sulla necessità di richiamare visitatori al museo si stia instaurando una “dittatura ideologica del successo”, che il fine ultimo diventi quello di fare notizia e comparire sui giornali. Si aprono nuovi musei, come quello del Novecento, che suscitano un grande entusiasmo iniziale ma rispetto ai quali poi l’interessa scema. Non si riesce a fare una saggia alternanza di mostre temporanee accanto a una collezione permanente all’interno di un museo, piuttosto che aprirne di nuovi? “In realtà il Museo del Novecento vanta di avere un buon numero di visitatori e sono convinto che si sia fatto bene ad aprirlo. C’è però un problema generale di fondo: le persone sono convinte che si possa provare davvero emozione solo nel momento in cui partecipa a un evento collettivo. Se vedono la coda fuori da un museo in occasione di un’inaugurazione o una mostra particolare allora vogliono farne parte, sennò no. C’è una concezione della fruizione museale bastaa più sull’evento che sulla continuità. Questo è un atteggiamento da cambiare: il museo non è qualcosa da visitare solo una volta nella vita in determinate occasioni, si può andare per esempio alla Pinacoteca di Brera una volta per vedere un Leonardo Da Vinci e si può poi ritornare per vedere un Mantegna. Certamente, poi, la ‘dittatura del successo’ va smontata: la cultura non vale solo perché ‘rende’ in termini economici o di risonanza. La cultura è una scommessa civica: un meccanismo per creare coesione sociale”.

10 gennaio 2012

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