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Salone del Libro di Torino, i consigli di Antonio Calabrò

Flâneur. Ovvero chi se ne va a spasso, senza una meta precisa, ma con l’occhio vigile e curioso, per cogliere un dettaglio, individuare una strada promettente di scoperte, seguire una suggestione di novità. Ne era teorico Baudelaire...

Flâneur. Ovvero chi se ne va a spasso, senza una meta precisa, ma con l’occhio vigile e curioso, per cogliere un dettaglio, individuare una strada promettente di scoperte, seguire una suggestione di novità. Ne era teorico Baudelaire. E seguace appassionato il suo più appassionato biografo, Walter Benjamin, una delle intelligenze critiche migliori di tutto il Novecento.

 

Forte di tale ascendenza, chi arriva al Salone del libro di Torino può dunque opportunamente fare il flâneur, girando tra stand e banconi carichi di volumi, sale per le conferenze e caffè letterari. E cogliere una parola scritta qua, una frase detta là, un aggettivo durante un dibattito, un avverbio rileggendo un vecchio testo amato in nuova brillante edizione. Il programma, infatti, è denso di appuntamenti, incontri, dibattiti, presentazioni, rassegne: alla ribalta, autori di best sellers ed esordienti.

 

Per non fare torti, non ne indichiamo specificamente alcuno. Ci limitiamo a ricordare il Paese ospite, il Cile, con il fascino di Neruda da rileggere e l’appassionante scoperta di autori nuovi. E a citare gli incontri promossi da Eataly con i piccoli editori, personaggi preziosi da seguire e sostenere (come i librai delle librerie “indipendenti”). Per il resto, appunto, flâneur.

 

Senza disdegnare affatto i grandi stand degli editori maggiori, Feltrinelli ed Einaudi, Mondadori e Bompiani, Laterza e Rizzoli, Longanesi e Marsilio. E sostando a lungo, tanto per fare solo un nome, dai “piccoli” di Hacca e di Endemunde. Regalando tempo e attenzione a Sellerio e Adelphi. Divagando tra la letteratura di Marcos Y Marcos, Guanda o Tropea e la saggistica de Il Mulino, di Bollati Boringhieri e del Codice di Vittorio Bo, attentissimo alla scienza. E via via continuando, sino a far sera.

 

Si può andare in giro con il catalogo in mano, facendosi guidare dalla suggestione dei nomi più noti oppure, molto meglio, prendere in mano un libro e perdersi nelle sue pagine. Sedersi in ultima fila a un dibattito e ascoltare sino alla fine. Andare, insomma, inseguire parole e cedere al fascino della loro dote migliore. Hanno le ali, infatti, le parole. Fanno vivere. E volare. Il Salone del libro serve proprio a questo. Fare il flâneur è, appunto, giocare.

 

16 maggio 2013

 

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