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Il Salone del Libro raccontato dall’editrice Anna Giada Altomare

Il Salone del Libro di Torino è la più grande manifestazione per l'editoria. Ne abbiamo parlato con Giada Altomare, CEO di Another Coffee Stories

E’ partita la 36esima edizione del Salone del Libro, ospitato storicamente nella città di Torino già dalla sua prima edizione risalente al 1988. L’evento rappresenta la più grande manifestazione italiana nel campo dell’editoria in costante mutamento.

Quasi in un bagliore di rivoluzione silenziosa, a favore della cultura e dell’amicizia che si è creata in questa edizione del Salone, la casa editrice Another Coffee Stories, guidata da Anna Giada Altomare, con spirito di cooperazione, collaborazione e solidarietà al fine di una più ampia divulgazione e partecipazione culturale, ospita nel proprio stand -Padiglione 1 – D40 – un’altra casa editrice: Isenzatregua di Lorenzo Bernasconi.

Dopo studi giuridici, Anna Giada Altomare decide di creare tra il 2018 e il 2020 la saga di “Another Coffee”, che racconta l’ideazione del progetto editoriale, un progetto crossmediale che nasce nel dicembre 2020 con lo scopo di portare alla luce opere accuratamente selezionate, ricche di valore.

Salone del Libro, intervista ad Anna Giada Altomare

In occasione del Salone del Libro di Torino, abbiamo intervistato CEO & Founder della Casa Editrice Another Coffee Stories Anna Giada Altomare, innamorata della letteratura sui diritti umani, per parlare dell’esperienza del Salone e delle difficoltà dei piccoli editori e allo stesso tempo delle opportunità da cogliere oggi da un casa editrice emergente e innovativa come la sua.

“Leggere è un’attività superiore a quella dello scrivere. Più rassegnata, più civile, più intellettuale”, Jorge Luis Borges. Non si può che essere d’accordo, non trovi?

Leggere è il riconoscimento della parola scritta, poiché scrivere è solo l’atto l’iniziale che ci permette di comunicare con l’altro, un altro distante o vicino a noi. Impossibile non sorridere quando in metro o in giro per la città scoviamo qualcuno con in mano un libro. Che mondo meraviglioso sarebbe se al posto del cellulare ce ne andassimo tutti in giro con un libro in mano! Sarebbe forse più semplice capirsi. Diventeremmo tutti improvvisamente cittadini ricchi di senso civico e umano, interpersonale.

Cosa rappresenta per il mondo editoriale e culturale il Salone del Libro?

Non so cosa rappresenti nel profondo per gli altri, per me essere al SALTO sta a significare amicizia, bellezza, vita! Sei immerso in un mondo fatato fatto ad ogni angolo di libri e tu ne sei parte. Sei circondato da colleghi con le tue stesse preoccupazioni e la tua stessa grinta. Ci sono abbracci a fine giornata come se fossimo davvero una sola squadra.

Risate, cene infinite e al mattino si torna allo stand. Lo scorso anno credo di aver pianto tutte le lacrime possibili nel salutare i miei amici Clara Stella da “Le Plurali” e Lorenzo Bernasconi de “Isenzatregua”. Perché al salone si creano legami, legami fatti di tutto ciò che c’è prima della pubblicazione di un buon libro: un buon editore.

Quali nuove difficoltà incontra attualmente un editore soprattutto se piccolo e indipendente?

Penso non ci siano difficoltà che possano arrestare un piccolo editore. Aprire un’azienda è difficile come in qualsiasi altro settore, infatti in molti decidono di essere semplici associazioni culturali o simili. Tuttavia, per chi ha intrapreso la strada del vero editore – imprenditore, che gratuitamente investe sui propri autori, quindi certamente parliamo di editoria non a pagamento (la vera editoria), vedo coesione, soprattutto tra noi giovani colleghi editori e voglia di fare qualcosa che valga la pena per un futuro comune migliore. Parliamo e pubblichiamo libri impegnati.

Come avviene per la tua casa editrice lo scouting di nuovi scrittori?

Ogni nuovo autore che propone la sua opera viene valutato da un editor. Al di là della nostra scelta di pubblicazione, inviamo comunque la valutazione a tutti.

Dal Covid a oggi hai notato nuovi riferimenti narrativi, nuovi, o differenti, modi strutturali di scrivere?

Non sento di potermi riferire a nuove strutture narrative. Noto un gran bisogno tra gli scrittori di far emergere tematiche che ci preoccupano, che ci rendono tristi. Quindi direi “per fortuna” abbiamo questo popolo di scrittori così attento a ciò che accade intorno. Oggi non abbiamo più tempo per le storie d’amore su cui far fossilizzare le menti dei giovani, viviamo nell’apocalisse e abbiamo bisogno di domande e riflessioni comuni. Abbiamo bisogno di far aprire gli occhi anche ai giovani. Senza dimenticare l’amore, ci mancherebbe, ma prestando attenzione a tutta la narrazione, soprattutto in tempi difficili come questo.

Hai possibilità di dire quali fasce anagrafiche ti inviano maggiormente degli scritti e qual è la cosa più curiosa che ricordi?

Posso dire che ricevo maggiormente manoscritti da uomini, età 30/40. Cose curiose?! Potrei scriverci un libro. Credo che dietro le quinte di ogni casa editrice accadano cose buffe e surreali. Accadono anche cose meravigliose: ricordo di aver letto tre volte di fila la biografia di una nostra giovanissima autrice Alrisha Mars, poiché il suo libro “L’erede” è oggettivamente un vero capolavoro e la sua giovanissima età mi confondeva. Penso che ci sia tantissimo nei giovanissimo, che troppo spesso non riusciamo a cogliere. Bisogno dar fiducia!

Come si superano le difficoltà imprenditoriali che si pongono in questo settore?

Restando fedeli a se stessi, seppur costantemente pronti al cambiamento. Essere editori è un compito difficile, fatto di notti insonni, burocrazia infinita e umanità. Abbiamo la fortuna di pubblicare libri, queste potentissime armi rivoluzionarie, capaci di farci pensare, eppure a volte manca il rapporto umano tra editore e autori. Per me è necessario, poiché pubblicando i nostri libri assumo anche la responsabilità del pensiero divulgato.

Ci sono autori che non hanno mai preso un caffè con il proprio editore. Come si fa? Cerco, nonostante sia difficile, nonostante i mille caratteri diversi, di immaginare i miei autori come una squadra. Oso dire oggi di avere una bellissima squadra in continuo ampliamento, oso dire di essere molto fortunata nell’aver trovato autori ricchi di cuore, bellezza, spontaneità, impegnati nell’agire bene.

Cosa propone la tua casa editrice in questa edizione del Salone?

Questa edizione del SALTO24 celebra per noi AnotherCoffeeStories l’amicizia e la bellezza. Abbiamo fatto un bel salto, da un piccolo stand al grande stand D40 – PAD1. Vi faremo salire sull’oriental express per vivere “La vita immaginaria”, tema del salto di quest’anno. Io e l’editore Lorenzo Bernasconi, celebrano l’amicizia e mai la competizione, ci siamo davvero tanto impegnati e speriamo resterete stupiti.

Esiste la censura, in letteratura, oggi? Vige, cioè, un sistema editoriale che limita e, anche in modo non dichiarato, controlla ciò che l’autore scrive?

Certo che esiste, ma odio profondamente discutere su alcuni colleghi, quindi mi limiterò nel dire che la censura non appartiene ad AnotherCoffeeStories.

Ritieni che il sistema di osservazione e controllo editoriale insieme a una forma di autocensura da parte degli autori stessi che si sono adeguati a un sistema d’informazione e narrazione che mira al consenso a tutti i costi, piuttosto che al conflitto, alla scomodità, all’approfondimento?

Non i miei autori certamente.

Qual è stata la scintilla che di fatto ha prodotto ACS?

Penso che per mettere su un progetto come ACS bisogna necessariamente essere dei sognatori romantici e un po’ pazzi: Mario Congiusti, Nello Poli ed io abbiamo letteralmente costruito ogni pezzetto di questa azienda. Dal cinema, al teatro, ai libri, oggi ci affacciamo anche al mondo della musica con Michele Cavallucci di UrbanRecords. La nostra è una rivoluzione. Una necessità di sinestesia, crossmedialità, impegno. Avremmo tutti potuto vivere le nostre vite tranquille, ma quella scintilla, quella necessità di diffondere romanticismo nel senso più libero del termine, ci ha portati a creare AnotherCoffeeStories Editore.

La Casa Editrice ACS

La Casa Editrice Another Coffee Stories nasce a Milano il 4 Dicembre 2020, come laboratorio di idee per un’editoria nuova e per dare voce a proposte innovative e stimolanti.

Un progetto rivoluzionario che, dal concetto di sinestesia (dal greco Syn, “insieme”, e Aisthànestai, “percepire”, che nel complesso significa “percepire, sentire insieme”), si pone come obiettivo il coinvolgimento del lettore facendogli assaporare ciò che sta leggendo. Infatti la parola sinestesia serve proprio a indicare un’esperienza di percezione simultanea. L’idea di coinvolgimento dei sensi ci ha portati ad ampliare il progetto, rendendolo crossmediale, rivolgendosi al settore del cinema e del teatro. Crediamo che, in un mondo come quello in cui viviamo oggi, in cui tutto è estremamente veloce, frammentato, quasi frenetico, la lettura sia invece qualcosa di ipnotico e introspettivo.

Il tempo dedicato alla lettura è tempo per la propria anima, per interfacciarsi con nuove visioni e riscoprire le emozioni così come i nostri stessi sensi ci comunicano.

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