Un’eccezionale saga familiare scritta dal finalista al Pulitzer e ai Tony Awards

21 Luglio 2025

Scopri la nuova opera di Adam Rapp, finalista al Pulitzer, che esplora le complessità delle relazioni familiari.

Una nuova saga familiare scritta dal finalista al Pulitzer e ai Tony Awards

Adam Rapp, drammaturgo pluripremiato e sceneggiatore televisivo, torna alla narrativa con “La radice del male” (“The Root of Evil) edito NN Editore.

È un romanzo intenso, coraggioso, che ci trascina in una saga famigliare ambientata nella provincia americana — Elmira, New York — ma che parla al cuore oscuro di ogni società.

Una saga americana che affonda radici nel male

La storia si apre nel 1951 e parla dei Larkin, una famiglia modesta di ferventi cattolici composta da un padre silenzioso, una madre devota e sei figli.

In una sera appena più ordinaria, Myra, la maggiore, tredicenne distratta dai sogni e dalle figurine di baseball, incappa in un tragico triplo omicidio vicino casa che si trascinerà nei decenni successivi.

“Un romanzo magistrale che scruta il cuore oscuro dell’America, con grazia e sagacia impareggiabili” (Pulp Magazine, su citazione di Richard Ford)

Ogni membro della famiglia porta con sé delle ferite personali. C’è Ronan, il nipotino drammaturgo; Fiona, cresciuta tra abusi e aspettative; e Alec, inquieto, segnato da una violenza palese e latente. Forse, il male ha una radice condivisa…

Adam Rapp costruisce una saga epica che parte dalle figurine di football e arriva al New York contemporaneo.

La prosa è priva di fronzoli ma vivida nelle concretezze quotidiane: l’odore della tavola calda, il ticchettio dell’orologio, la luce tiepida del garage. Tutto concorre a costruire un senso di normalità apparentemente rassicurante ma vulnerabile.

Malvagità genetica o eredità silenziosa?

Negli Stati Uniti la malattia mentale, l’eredità familiare e la bontà malcelata sono temi persistenti.

Rapp sembra suggerire che un male originario può emergere come trauma trasmesso. Lo psichiatra Ronan chiede: “La criminalità è una tara genetica?”. E Alec, la pecora nera, incarna la risposta: un giovane inquieto, infuso di violenza, incapace di fuggire da ciò che è — conformemente al nero aforisma: “Siamo tutti condannati a essere ciò che siamo”.

La critica internazionale, la saga, i riconoscimenti e le citazioni

La critica estera non ha indugiato. The Washington Post, nel commentare un altro romanzo di Rapp (Wolf at the Table), sottolinea: “The root of Alec’s evil is familiar, but the despair under that cruelty is richly imagined: ‘We’re all just doomed to be what we are.’” (La radice del male di Alec è qualcosa di noto, ma la disperazione che si cela sotto quella crudeltà è descritta in modo profondo: ‘Siamo tutti condannati a essere ciò che siamo.’)

È un riconoscimento importante: la malvagità dei Larkin è profondamente umana e dolorosamente convincente, ben articolata nella penna di Rapp.

In Italia, Pulp Magazine elogia la capacità di scandagliare “il cuore oscuro dell’America, con grazia e sagacia impareggiabili” citando Richard Ford.

Rapp l’autore multiforme

Adam Rapp non è solo narratore: vanta una carriera di premi nelle arti teatrali e televisive. Finalista al Pulitzer e ai Tony Awards, vincitore del Benjamin Danks e candidato alla Los Angeles Times Book Prize e al Michael L. Printz Award.

Con La radice del male dimostra di portare quella stessa intensità in una saga familiare: la sua esperienza da scrittore per teatro e serie ha affinato un linguaggio immediato e capace di cogliere dimensioni emotive profonde.

Molto più di un thriller familiare

È un viaggio nella genealogia del dolore, nella costruzione e distruzione dell’immagine di sé, nel sotterraneo germogliare del male. Rapp sospende ogni giudizio e utilizza la voce narrativa per restituire al lettore personaggi imperfetti, spessi, autentici.

È un romanzo perfetto per chi cerca una lettura coinvolgente e stratificata, lontana dalle saghe familiari edulcorate e vicina invece al realismo più crudo e cinematografico. Il linguaggio teatrale di Rapp restituisce dialoghi densi, sguardi carichi di significato e silenzi che pesano più di mille parole. L’America che emerge dalle sue pagine è quella nascosta dietro le tende tirate, fatta di garage e tavole calde, dove la violenza è spesso silenziosa ma onnipresente.

Lo amerà chi ha apprezzato la narrazione corale di Jonathan Franzen, l’indagine sociale di Elizabeth Strout o il tono cupo di Richard Ford. Ma anche chi non teme di confrontarsi con l’ambiguità morale dei personaggi, con la possibilità che il male non venga da fuori, ma germogli dentro le mura domestiche.

Se questa estate cercate un romanzo che lasci il segno — senza effetti speciali, ma con la forza dei dettagli — “La radice del male” di Adam Rapp è una scelta che non delude. Un libro che resta addosso, pagina dopo pagina.

© Riproduzione Riservata