Un romanzo che conquista per la sua brutale onestà

20 Agosto 2025

"Ripetizione", il romanzo che ha conquistato la critica estera con la sua onestà: dove la lezione di una scrittrice diventerà una beffa psicologica.

Un romanzo che conquista per la sua brutale onestà

Ripetizione”, pubblicato in Norvegia nel 2020 e tradotto in diverse lingue negli anni successivi, è il romanzo che ha confermato Vigdis Hjorth, autrice già nota per “Eredità e ambiente”, come una delle interpreti più lucide delle ferite intime che attraversano le famiglie e i rapporti umani.

Anche qui, la scrittrice torna a confrontarsi con un romanzo familiare, con temi che l’hanno resa una delle voci più significative della narrativa europea contemporanea: il legame tra memoria e verità, il potere corrosivo del silenzio, l’impossibilità di una riconciliazione semplice con il passato.

Tra scrittura e memoria

La protagonista, una scrittrice di nome Vera, accetta di tenere un seminario di scrittura per adolescenti in una scuola superiore e durante le lezioni invita i ragazzi a scavare nella propria vita, a raccontare esperienze personali per trasformarle in materiale narrativo — perché, si sa, un luogo comune della narrativa è proprio quello che per scrivere qualcosa di buono si deve attingere dal vissuto personale.

Tuttavia, questo esercizio diventa specchio per lei stessa: i compiti dei giovani risvegliano i ricordi sopiti della propria adolescenza, i conflitti irrisolti con la famiglia, il rapporto taciuto con la sorella e le ombre di un trauma che riaffiora con forza.

Il titolo, “Ripetizione”, diventa così chiave interpretativa del libro. Quasi una beffa a quella lezione, dove ogni tentativo di raccontare il passato sembra scivolare in una spirale che ripete, in forme nuove, lo stesso nucleo doloroso.

Anche per Hjorth, scrivere non è mai un atto innocente: è esercizio che mette in discussione identità, rapporti, persino la possibilità di una verità condivisa.

Il tema della verità familiare

La critica internazionale ha notato come “Ripetizione” si collochi sulla stessa linea di “Eredità e ambiente”, romanzo che aveva suscitato clamore in Norvegia per l’evidente ispirazione autobiografica. Già in passato The New Yorker scrisse che “Hjorth’s approach blurs the lines between fiction and autobiography, between private and public, and in so doing has ignited fierce debates in Norway” (“L’approccio di Hjorth confonde le linee di demarcazione tra finzione e autobiografia, tra privato e pubblico, e così facendo ha acceso feroci dibattiti in Norvegia”).

Una riflessione che torna utile anche in Ripetizione, dove l’autrice sembra radicalizzare le domande sull’identità, la memoria e la possibilità di raccontare la verità senza tradire nessuno. Molti recensori hanno notato la precisione della sua scrittura: una lettrice su NetGalley ha parlato di “a story of toxic relationships within a toxic family, layered with dark secrets” (“una storia di relazioni tossiche all’interno di una famiglia tossica, stratificata di oscuri segreti”), sottolineando come Hjorth sappia costruire atmosfere soffocanti e inquietanti.

In questo nuovo libro, Hjorth radicalizza la domanda: si può mai dire tutta la verità sulla propria famiglia senza tradire, e senza essere accusati di menzogna?

Una prosa tesa, essenziale

La prosa di Hjorth è scabra, essenziale, quasi tagliente. Non indulge mai in descrizioni superflue; ogni frase ha il peso di un interrogativo etico. Il Guardian ha definito il romanzo “a taut, unsettling meditation on memory and narrative, written with Hjorth’s characteristic precision and unease” (“una meditazione tesa e disturbante sulla memoria e sulla narrazione, scritta con la caratteristica precisione e inquietudine di Hjorth”).

Ed è proprio l’inquietudine a diventare cifra stilistica: il lettore procede tra le pagine come se camminasse su un terreno instabile, in cui ogni riga può far emergere un ricordo scomodo o un’accusa silenziosa.

L’accoglienza internazionale

In Norvegia il libro è stato accolto con grande attenzione, proseguendo il dibattito già acceso da “Eredità e ambiente” sul rapporto tra autobiografia e narrativa. L’opera ha trovato eco anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove Hjorth è ormai riconosciuta come una delle voci europee più rilevanti.

Il Los Angeles Review of Books ha commentato:

“Repetition refuses to provide closure. It is a novel that circles its own wounds, compelling us to confront the impossibility of resolution.”
“Ripetizione si rifiuta di fornire una chiusura. È un romanzo che gira intorno alle proprie ferite, costringendoci a confrontarci con l’impossibilità della risoluzione.”

Questa lettura è fondamentale: il libro non offre soluzioni né pacificazioni, ma lascia che il dolore resti aperto, che il silenzio non venga colmato.

Una riflessione universale

Ciò che colpisce, nella scrittura di Hjorth, è la sua capacità di partire da un contesto intimo – una famiglia norvegese, una scuola, una sorella – e trasformarlo in una riflessione universale. Il lettore riconosce, dietro le specificità del racconto, le proprie dinamiche familiari: i segreti taciuti, le parole mai dette, la paura di tradire chi amiamo.

Non è un caso che il Financial Times abbia sottolineato come:

“Hjorth’s fiction demonstrates how the private sphere can illuminate the collective, how one family’s silence resonates with a society’s unease.”
“La narrativa di Hjorth dimostra come la sfera privata possa illuminare il collettivo, come il silenzio di una famiglia risuoni con l’inquietudine di una società.”

Vigdis Hjorth: una scrittrice controversa e necessaria Nata a Oslo nel 1959, Hjorth è autrice di numerosi romanzi che hanno spesso suscitato dibattiti pubblici in Norvegia.

La sua forza sta proprio nel non arretrare di fronte alle zone più scomode dell’esperienza: le accuse di incesto, il tema dell’abuso, le lacerazioni familiari diventano materia letteraria senza filtri. Questo coraggio le è valso riconoscimenti importanti e una solida reputazione internazionale.

Perché leggere “Ripetizione”

Non è un romanzo consolatorio. È un libro che chiede al lettore di sostare nel disagio, di guardare la memoria come un terreno scivoloso, ed è proprio per questo che conquista: perché ci ricorda che la letteratura non serve a rassicurare, ma a far emergere ciò che resta nascosto.

© Riproduzione Riservata