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Roberto Costantini, ”Nel protagonista dei miei gialli rivive la storia recente d’Italia”

In ''Tu sei il male'' l'avevamo conosciuto nella Roma degli anni Ottanta e Duemila, ora il commissario Michele Balistreri torna con ''Alle radici del male'', secondo episodio della trilogia di gialli incentrata sul suo personaggio, dove lo ritroviamo nella Libia del 1958. Questa settimana a Milano si è tenuta la presentazione del libro, in compagnia dell'autore Roberto Costantini e del giornalista Antonio D'Orrico...

Questa settimana a Milano l’autore ha presentato insieme al giornalista Antonio D’Orrico “Alle radici del male”, secondo episodio della trilogia incentrata sul commissario Balistreri

MILANO – In “Tu sei il male” l’avevamo conosciuto nella Roma degli anni Ottanta e Duemila, ora il commissario Michele Balistreri torna con “Alle radici del male”, secondo episodio della trilogia di gialli incentrata sul suo personaggio, dove lo ritroviamo nella Libia del 1958. Questa settimana a Milano si è tenuta la presentazione del libro, in compagnia dell’autore Roberto Costantini e del giornalista Antonio D’Orrico.

DAL 1958 AL 2006 – “Roberto Costantini è stato capace di raccontare la storia d’Italia ultima, dal dopoguerra in poi. A questo si aggiunge la sorpresa di un personaggio, il protagonista di questa serie, Michele Balistreri, che è il commissario più originale, inafferrabile, detestabile e amabile nel panorama della letteratura italiana contemporanea”, esordisce D’Orrico. “La seconda puntata della trilogia inizia con un passo all’indietro: avevamo conosciuto Balistreri nella Roma degli anni Ottanta e poi Duemila, ora lo ritroviamo – nella prima scena del libro – a Tripoli, nella Libia del 1958 – una Libia molto italiana. Sono riuniti in una villa tre famiglie, i protagonisti della vicenda: quella del dodicenne Michelino, che vive con il nonno materno, la madre Italia, il padre Salvatore e il fratello, la famiglia americana degli Hunt – il capofamiglia, in affari con Salvatore, la sua bellissima moglie e loro figlia, la ‘promessa sposa’ di Michelino – e la famiglia araba di Mohamed, il factotum di Salvatore, con la sua prima moglie, i due figli avuti da lei, la sua seconda moglie e gli altri tre figli avuti da quest’ultima, due maschi e una femmina. Tutti si trovano insieme per uno degli eventi topici della storia dell’‘Italietta’, il Festival di Sanremo del 1958, passato alla storia per la grande rivoluzione rappresentata da Domenico Modugno con ‘Volare’, la canzone italiana più conosciuta nel mondo. Ma appena dietro a questa scena, si cela una bomba che sta per esplodere.”

UN MAESTRO DELLE SCENE DI MASSA – “Costantini è come quei grandi registi maestri nelle ‘scene di massa’”, prosegue D’Orrico: “l’autore rappresenta grandi episodi della storia nazional-popolare collegandoli a snodi fondamentali, anche tragici, dei suoi libri – nel primo romanzo c’erano la finale dei mondiali di calcio dell’82 e quella del 2006, in questo la finale dell’82 e quella disputata nel 70, oltre a San Remo del ’58. Ci sono poi guerre, rivoluzioni, grandi episodi storici. Perché, vorrei chiedere a Costantini, scegli sempre questi eventi collettivi per ambientare i tuoi libri?”

SENTIMENTI PRIVATI ED EVENTI COLLETTIVI – La parola passa a questo punto all’autore: “Mi piace confrontare i sentimenti privati, l’amore, l’odio, l’amicizia, con eventi collettivi di segno opposto. Nel caso di ‘Tu sei il male’ abbiamo la finale dei mondiali dell’82, un momento di gioia collettiva infinita che si confronta con il dolore privato di due genitori che quella sera perdono la figlia diciottenne. In ‘Alle radici del male’ si parte con una scena che abbina grandissima tranquillità – la canzone di Modugno inizia con ‘Penso che un sogno così non ritorni mai più’, e la scena iniziale è l’immagine di un sogno, quello di tre giovani famiglie cha hanno tutta la vita davanti e vivono un momento di crescita economica e prosperità – all’attesa di un’esplosione – c’è una bomba a orologeria in quella stanza, e credo che il lettore lo avverta. Il sogno ha dentro di sé delle complicazioni molto forti.”

DAL SOGNO AL DISINCANTO – “Abbiamo visto ritratte l’Italia degli anni Ottanta e Duemila, ora quella del 1958 e degli anni Sessanta. Qual è la differenza tra le tre?”, domanda D’Orrico. “La differenza tra le tre è quella rappresentata dal percorso di Balestrieri. Il Michelino degli anni Sessanta è un ragazzino che sogna, e a cui gradualmente, come è successo all’Italia, i sogni vengono tolti”, spiega Costantini: “i sogni italiani degli anni Sessanta e Settanta di una crescita inarrestabile a un certo punto negli anni Ottanta si spezzano. Michele incarna il cinismo tipico degli anni Ottanta, quando sull’entusiasmo della crescita collettiva prevale la furbizia individuale, lo sfruttamento economico per il vantaggio del singolo. E dopo decenni questo porta all’Italia attuale, dove tutto si regge in piedi per miracolo: Michele Balistreri nel 2006 è un uomo vecchio, come l’Italia. Non si fuma più sessanta sigarette al giorno e beve il caffè decaffeinato perché ha l’ulcera allo stomaco: così lo ritroveremo nel terzo libro. Viene addirittura messo a ‘dieta musicale’: Balistreri è appassionato di De Andrè e Cohen, già il Michelino dodicenne ascolta le loro canzoni, ma un certo punto i dottori gli dicono che anche queste gli fanno male. Deve rinunciare a queste come alle donne, che sono la sua altra passione.” “Sulla sessualità di Balistreri”, interviene a questo proposito D’Orrico, “si potrebbe scrivere un saggio. Il Michele degli anni Ottanta ha un’idea sessuale predatoria e spietata, un aspetto canagliescamente divertente.”

 

UN ROMANZO FAMIGLIARE – “C’è una altro aspetto da analizzare”, prosegue D’Orrico: “Balistreri vive una grande tragedia, che si può raccontare attraverso i rapporti famigliari – questo libro si può anche interpretare come un grande romanzo famigliare. Il padre di Michele è nato poverissimo  a Palermo: sa cosa vuol dire la povertà e per tutta la sua vita prende sempre senza esitare delle scelte che gli assicurino di non ritornare in quelle condizioni. La madre di Michele, Italia – uno splendido personaggio che, a mio parere, incarna un’allegoria del nostro Paese – viene invece da una famiglia abbiente: suo padre, un uomo pieno di fede e di speranza in una crescita collettiva, ha fatto fortuna piantando i primi oliveti. La sua ricchezza, al contrario di quanto recita il titolo del libro, affonda le sua radici nel bene, è una ricchezza costruita attraverso il lungo e duro lavoro. La famiglia materna è una famiglia profondamente fascista: un fratello di Italia è addirittura morto in guerra per la causa, ma in un momento in cui tutto era già perso, in cui non aveva neppure più senso battersi. Italia vive nel culto di questo fratello, in un senso di memoria e sconfitta – una scelta molto coraggiosa questa da parte di Costantini, che riesce a fare di questo eroe fascista un eroe vero. È un’idea forse difficile da digerire, ma bisogna riconoscere che Costantini ha grande coraggio e ferocia: quando vuole scrivere una cosa, non si fa scoraggiare da niente. In ogni caso, questa sorte della famiglia materna si trasmette a Balistreri, che sembra destinato a lottare continuamente per delle cause perse.”

IL CONFLITTO DI MICHELINO CON IL PADRE – “Sì, Michelino è come lo zio materno. Tra lui e il padre c’è un conflitto molto forte, perché Salvatore vorrebbe che suo figlio fosse come lui, ma Michelino non vuole essere come lui, vuole essere come la madre. Man mano che cresce Michele si sente sempre più lontano dal padre, un uomo di grandissimo successo che ha costruito la sua ricchezza in modi completamente diversi dal nonno materno, facendo accordi con la politica, avvalendosi delle sua amicizie con i potenti.”

UN PERSONAGGIO ALLA SERGIO LEONE – “La Libia è un’ambientazione perfetta per questo romanzo”, prosegue D’Orrico: “è una Libia che ricorda l’America di ‘C’era una volta in America’, il film di Sergio Leone. C’è infatti questa stessa costruzione di un ‘impero del male’: Michele diventa un gangster.” “A questo proposito lascio al lettore l’interpretazione: Michele diventa un gangster? Forse sì o forse no”, commenta Costantini. “Invece che sfruttare le amicizie del padre e stringere legami con i ragazzi più importanti di Tripoli, frequenta un ragazzo italiano figlio di un benzinaio e i due ragazzi arabi figli dell’aiutante di suo padre. Questa piccola gang di quattro ragazzi è unita da un senso di diversità dagli altri che diventa pian piano violenza, e a un certo punto succedono delle cose che scardinano la situazione emotiva di Balistreri e lo portano a essere un ‘gangster’, o comunque un personaggio ‘alla Sergio Leone’.”

AUTROBIOGRAFIA E INVENZIONE – “Qual è il gioco tra autobiografia e invenzione nel romanzo?”, domanda ancora D’Orrico. “Credo che la Libia di quegli anni, quelli del complotto che portò Gheddafi al potere, sarebbe difficile da descrivere per qualcuno che non l’abbia vissuta in prima persona”, risponde Costantini. “Poco si sa di quella storia, tenuta volutamente nascosta perché vi sono implicati molti italiani. Io mi ricordo quel periodo, le cene in famiglia a Tripoli, i commenti di mio padre sui personaggi che venivano a casa nostra con l’ambasciatore. Erano gli anni in cui si era scoperto il petrolio, in cui la ricchezza aveva iniziato a venire non più dagli ulivi, ma dal sottosuolo, e in Libia arrivavano persone di ogni sorta. Per il resto il personaggio di Michele Balistreri è ispirato a un mio compagno delle medie, che in terza girava per scuola con la pistola. Diciamo che non è un romanzo autobiografico, ma qualche dettaglio biografico c’è.”

 

16 novembre 2012

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